sabato 13 giugno 2009

Silvio fai pena. Adesso vattene.

[The Guardian]

Per motivi legali, l’Observer non vi può far vedere le fotografie scattate durante una festa tenuta dal Presidente del Consiglio italiano, Silvio Berlusconi, all’ormai famosa Villa Certosa in Sardegna. Ora vi darò un momento per rendervi conto della vostra fortuna.

Le foto, apparse sul quotidiano spagnolo El Pais, a quanto pare ritraggono una festa per una delegazione della Repubblica Ceca a cui partecipano Berlusconi, ragazze in topless e, si presume, un uomo piegato su una piscina in “stato d’eccitazione”. L’ex Premier ceco Mirek Topolanek ha confermato di essere lui nella fotografia, ma ha dichiarato che: “E’ stata modificata e la foto non è autentica.” Qualcuno ha qualche motivo per non credergli?

Berlusconi, da parte sua, è già sotto inchiesta per aver usato gli aerei di Stato per trasportare degli ospiti succintamente vestiti ed è anche nei guai a causa di diciottenni, per la sfilata senza fine di “amiche in tanga” (ecc, ecc), ha querelato El Pais poiché secondo lui le fotografie sono un’invasione della sua privacy e l’hanno screditato alla vigilia delle Elezioni europee. La verità è che, qualunque cosa succeda ai votanti italiani questo fine settimana, non è forse arrivata l’ora per noi di urlare: “Lascia stare Silvio, sporca capra della politica europea, il mondo ne ha già avuto abbastanza?”

Dovete capire che non si tratta di un’indignazione istintiva - semmai, l’impulso, sì, è sempre stato quello di trovare Berlusconi patetico, ma anche di riconoscergli dei meriti, qualcuno che incitava a discutere. È stato particolarmente divertente quando i Blair ci sono andati per quella famigerata vacanza gratis, leccando i piedi al loro caro amicone Silvio, il quale sfoggiava la sua bellezza indossando la sua bandana o piuttosto un sosia della nonna di Carlos Santana, in qualunque modo preferiate vederlo.

Questo sembra sia stato il punto di forza di Berlusconi, sia con gli italiani sia con gli altri, lui era in qualche modo una “canaglia adorabile” un po’ in là con gli anni, un vero personaggio che non si sarebbe mai abbandonato a qualcosa di così banale come il politicamente corretto. Perfino i nomi in codice che si era scelto per le festa in villa (Papi) suggeriscono che fosse interessato solamente a una “dittatura” in stile benevolo.

Tuttavia, quando ci pensate, che cosa c’è di così adorabile in un uomo anziano, ricco e potente che si circonda di ragazze mezzo nude? Dov’è il vero senso del personaggio in tutto questo narcisismo? In effetti, proprio come quando un uomo sposato e disinvolto al pub ci prova di continuo può essere divertente all’inizio, col passare del tempo il suo comportamento diventa stancante, fastidioso e anche piuttosto viscido. Piaccia o meno, “la continenza sessuale come questione politica” non è finita assieme al mandato presidenziale di Bill Clinton. Dopo tutto, il Presidente del Consiglio italiano è uno dei dignitari più potenti d’Europa, qualcuno che ha abbastanza influenza per dichiarare o fermare le guerre; è chiedersi troppo se ogni volta che uno punta lo sguardo su di lui non parte subito nella testa la sigla di Benny Hill?

Sarebbe troppo sperare che la villa in cui spende i suoi “momenti d’ozio” non faccia concorrenza alla villa di Playboy per essere il “parco di divertimenti sessuali per uomini di mezza età più pateticamente stereotipato?” Ecco, se non altro, Berlusconi è colpevole di far impallidere gli eccessi dei Baccanali.

E’ troppo? È quasi come se tutto ciò che poteva andare storto a un uomo bianco di mezza età sia successo a Berlusconi. È diventato marcio; una crisi di mezza età andante che indossa dei pantaloncini Vilbrequin. E ne ha 72 di anni! Al che alcuni potrebbero gridare, beh, beato lui. Che male c’è? Ma io potrei argomentare che ci sono parecchie cose che non vanno, così come ce n’erano nel caso Clinton-Lewinsky. Poiché, in questo contesto, ciò che appare come una dimostrazione di virilità e potenza sessuale è senza dubbio una completa mancanza di controllo, per non dire un senso di onnipotenza, di sconvolgente disprezzo per quelle persone da loro considerate inferiori.

Questo è il motivo per cui Berlusconi dovrebbe finalmente andarsene - non perché “non riesce a tenerlo dentro ai pantaloni”, ma perché, proprio come Bill, non è interessato, e chiaramente non considera di occupare una qualsivoglia posizione in cui debba rispondere ai “lacché” che l’hanno votato. In questo modo, Berlusconi è diventato la personificazione del potere diventato rancido. È chiaro, magari siete convinti che noi siamo messi male con Brown - ma date un’occhiata alla Sardegna e riflettete su ciò che altri Paesi sono costretti a subire.

Per quanto riguarda Berlusconi, forse il massimo sarebbe se, ad un certo punto durante le elezioni europee, qualcuno gli iniettasse discretamente del bromuro e lo trascinasse senza fare rumore da parte. Da un punto di vista politico e libidinoso, potrebbe essere considerata eutanasia.

http://www.guardian.co.uk/commentisfree/2009/jun/07/barbara-ellen-berlusconi-photographs

giovedì 11 giugno 2009

Criminali in parlamento

I piduisti amici del boss mafioso Vittorio Mangano e di altri noti criminali ce l'hanno fatta. Tra ieri e oggi, nel silenzio complice di buona parte della stampa italiana, è stata abolita la libertà di parola. D'ora in poi, salvo ripensamenti del Senato, sarà impossibile raccontare sulla base di atti giudiziari i fatti e i misfatti delle classi dirigenti. Chi lo farà rischierà di finire in prigione da 6 mesi a tre anni, di essere sospeso dall'ordine dei giornalisti e, soprattutto, dal suo giornale, visto che gli editori andranno incontro a multe salatissime, fino a un massimo di 465.000 euro.

Il plurimputato e pluriprescritto Silvio Berlusconi per raggiungere il risultato è stato costretto a ricorrere al voto di fiducia. Le nuove norme contenute nel disegno di legge sulle intercettazioni telefoniche sono infatti talmente indecenti da risultare indigeste persino a un pezzo importante della sua maggioranza.

Da una parte, s'interviene sul diritto-dovere d'informare con disposizioni grossolane e illiberali stabilendo, per esempio, che le lettere di rettifica vadano pubblicate integralmente (anche dai blog) senza possibilità di replica. Insomma, se un domani Tizio scriverà a un giornale per negare di essere stato arrestato, la sua missiva dovrà finire in pagina, in ogni caso e senza commenti, pur se inviata dal carcere di San Vittore. Dall'altra, per la gioia di delinquenti di ogni risma e colore, si rendono di fatto impossibili le intercettazioni. Gli ascolti saranno infatti autorizzati, con una procedura farraginosa e lentissima, solo in presenza di «evidenti indizi di colpevolezza». Cioè quando ormai si è sicuri che l'intercettato è colpevole. E in ogni caso non potranno durare più di due mesi. Inoltre le microspie potranno essere piazzate solo nei luoghi in cui si è certi che vengano commessi dei reati: detto in altre parole, è finita l'epoca in cui le cimici nascoste nelle auto e nei salotti dei mafiosi ci raccontavano i rapporti tra Cosa Nostra e la politica.

Che Berlusconi e un parlamento formato da nominati e non da eletti dal popolo, in cui sono presenti 19 pregiudicati e una novantina tra indagati e miracolati dalla prescrizione e dall'amnistia, approvi sia pure tra qualche mal di pancia leggi del genere non sorprende. A sorprendere sono invece le reazioni (fin qui pressoché assenti) di quasi tutti i direttori dei quotidiani e dei comitati di redazione dei telegiornali (dai direttori dei tg, infatti, non ci si può aspettare più nulla). Quello che sta accadendo in parlamento dovrebbe essere la prima notizia del giorno. E invece a tenere banco è la visita di Gheddafi e le polemiche intorno alla sua figura di dittatore. Così a furia di parlare di Libia nessuno si accorge di come il vero suk sia ormai qui, a Roma, tra Montecitorio, Palazzo Madama e Palazzo Chigi. E di come, tra poco, nessuno potrà più raccontarlo.

In Italia le domande le fanno i nemici, punto

[The New York Times]

Roma - Ho ricevuto una telefonata la scorsa settimana da un amico italiano, un reporter investigativo. Aveva appena parlato con un magistrato italiano che voleva sondare una teoria. Il magistrato si chiedeva - in tutta serietà - se il mio recente articolo sul New York Times sulla vita personale del Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi potesse essere una prova che il sindaco Michael R. Bloomberg, invidioso dell’impero mediatico di Berlusconi, mi stesse usando per smontare il Presidente del Consiglio.
Il mio amico ha rapidamente e giustamente scartato la teoria per quello che era: insensata. Ma il fatto che fosse stata avanzata da un rispettabile magistrato vi dice quasi tutto quello che avete bisogno di sapere su come funziona il potere in Italia. La dice lunga anche sul successo inarrestabile di Berlusconi, un fenomeno tanto strano per gli americani quanto lo sono le leggi sul conflitto di interessi per gli italiani.
Gli americani si chiedono da sempre come l’Italia possa continuare a votare Berlusconi, i cui problemi legali -per non menzionare le recenti minacce di divorzio da parte della moglie e le sue accuse di flirt del marito con donne molto giovani- avrebbero rovesciato i governi da qualsiasi altra parte.
Ma gli italiani non sempre vedono le cose in questo modo. In Italia, l’abuso d’ufficio è una sorta di concetto astratto, nonostante un tribunale italiano stia ora investigando se Berlusconi l’abbia commesso quando ha utilizzato aerei del governo per trasportare ospiti, inclusi un cantante napoletano e una ballerina di flamenco, a feste di gala nella sua villa in Sardegna.
Berlusconi ha liquidato tutto ciò, come ha fatto con tutte le altre accuse di scorrettezze, come una campagna contro di lui organizzata da magistrati e giornalisti di sinistra. A suo avviso, vogliono screditare la sua coalizione di centro-destra in vista delle elezioni di questo weekend per il Parlamento Europeo, che ancora una volta si aspetta di vincere.
Sebbene largamente fuori dall’obiettivo nel mio caso, la teoria del magistrato su Bloomberg non è del tutto insensata. Berlusconi la scorsa settimana ha ipotizzato in un’intervista che il Times di Londra avesse pubblicato editoriali critici su di lui perché di proprietà di Rupert Murdoch, proprietario di Sky ovvero il più grande attore nel mercato della TV italiana via cavo dopo Berlusconi.
In Italia, questa è ordinaria amministrazione. L’opinione generale è che tutti usano i mezzi a propria disposizione per combattere i propri rivali.
La vera questione qui è che l’Italia non è una meritocrazia. E’ una società feudale molto evoluta in cui ognuno è visto, ed inevitabilmente è, il prodotto di un sistema, o di un protettore. Durante gli anni del dopoguerra, i democristiani appoggiati dagli americani, i comunisti appoggiati da Mosca e i socialisti orientati al mondo del business avevano le proprie reti di politici, banchieri, avvocati, e i propri organi di stampa. Quel sistema di patrocinio corrotto è crollato con la fine della guerra fredda e con un enorme scandalo di tangenti.
Oggi non ci sono né ideologie né reti; c’è solo Berlusconi, e si può essere con lui o contro di lui. In confronto al vecchio ordine, la classe politica di Berlusconi è vista come una forza modernizzatrice. I rivali di Berlusconi lo accusano di essere sul lato sbagliato della legge e lui a sua volta accusa loro di essere sul lato sbagliato della storia. Queste due cose non dovrebbero escludersi a vicenda, ma spesso lo fanno. I membri della sinistra italiana sono stati in lotta interna sin dal crollo del Muro di Berlino e sono così deboli e inefficaci oggi che alcuni in questa terra di teorie intricate di cospirazione sono convinti che Berlusconi li stia pagando.
L’Italia è profondamente confusa per gli americani, che sono immersi in concetti quali dire la verità per governare e inseguire il denaro, cresciuti nella terra del “Si possiamo”, non del “Mi dispiace, signora, questo è impossibile”. Nella logica capovolta dell’Italia, il controllo senza rivali di Berlusconi sui settori pubblico e privato e sui media non lo fanno apparire compromesso. Al contrario, i suoi seguaci lo vedono abbastanza ricco da poter essere indipendente. Come mi ha detto un romano della classe operaia non molto tempo fa, pieno di ammirazione, “è così ricco che non aveva nemmeno bisogno di mettersi a fare politica”.
In Italia, quando i giornalisti fanno domande del tutto legittime sullo stato legale e la vita personale del leader di un paese del G8, o persino quando chiedono perché l’Italia non sembra importarsene delle risposte, sono inevitabilmente accusati di insultare Presidente del Consiglio o di essere le pedine di interessi più grandi.
In Italia, il presupposto generale è che qualcuno è colpevole finché non provato innocente. I processi, nella stampa e nei tribunali, riguardano più spesso la difesa dell’onore personale che stabilire i fatti, che sono facilmente manipolati. A volte mi chiedo cosa ne pensa dell’Italia Papa Benedetto XVI, che ha inveito contro la “dittatura del relativismo” secondo la quale equiparare tutte le credenze porta al nichilismo. In Italia l’informazione è usata non per chiarire, ma per annebbiare.
Come altro interpretare la raffica di materiale largamente contraddittorio emerso dalla stampa nelle settimane recenti, su come Berlusconi abbia incontrato Noemi Letizia, alla cui festa di 18esimo compleanno il Premier ha partecipato ad Aprile, un atto che ha fatto talmente infuriare sua moglie, da molto lontana dai riflettori, che con la sua minaccia di divorzio è ora diventata il leader di opposizione de facto? In assenza di una storia chiara e coerente, l’unico standard di prova diventa la lealtà personale.
Noemi Letizia la scorsa settimana ha dichiarato in un’intervista di essere arrabbiata perché il suo nuovo fidanzato aveva fatto un provino per il reality televisivo “Grande Fratello” senza chiederle il permesso. Nel reality che è l’Italia di oggi, Berlusconi è il palese vincitore. I suoi rivali stanno facendo poco più che lanciare pomodori sul palco. L’attore sta mostrando segni di stanchezza ma il pubblico è incollato ai propri posti. Dopo di lui, il diluvio [in francese nel testo, N.d.T.].

domenica 7 giugno 2009

La Cosa Berlsuconi

[El País]

Articolo di Jose Saramago

Non vedo che altro nome gli potrei dare. Una cosa che assomiglia pericolosamente a un essere umano, una cosa che dà feste, organizza orge e comanda in un paese chiamato Italia. Questa cosa, questa malattia, questo virus minaccia di essere la causa della morte morale del paese di Verdi se un conato di vomito profondo non riuscirà a strapparlo dalla coscienza degli italiani prima che il veleno finisca per corrompere le loro vene e per squassare il cuore di una delle più ricche culture europee. I valori fondamentali della convivenza umana sono calpestati tutti i giorni dai piedi appiccicosi della cosa Berlusconi che, tra i suoi molteplici talenti, ha un’abilità funambolica per abusare delle parole, sconvolgendone l’intenzione e il senso, come nel caso del Polo della Libertà, come si chiama il partito con il quale ha preso d’assalto il potere. L’ho chiamato delinquente, questa cosa, e non me ne pento. Per ragioni di natura semantica e sociale che altri potranno spiegare meglio di me, il termine delinquente ha in Italia una valenza negativa molto più forte che in qualsiasi altra lingua parlata in Europa. Per tradurre in forma chiara ed efficace ciò che penso della cosa Berlusconi utilizzo il termine nell’accezione che la lingua di Dante gli dà abitualmente, sebbene si possa avanzare più di un dubbio che Dante qualche volta lo abbia usato. Delinquere, nel mio portoghese, significa, secondo i dizionari e la pratica corrente della comunicazione, “atto di commettere delitti, disobbedire alle leggi o ai precetti morali”. La definizione combacia con la cosa Berlusconi senza una piega, senza un tirante, fino al punto da assomigliare più a una seconda pelle che ai vestiti che si mette addosso. Da anni la cosa Berlusconi commette delitti di varia, ma sempre dimostrata, gravità. Per colmo, non è che disobbedisca alle leggi, ma, peggio ancora, le fa fabbricare a salvaguardia dei suoi interessi pubblici e privati, di politico, imprenditore e accompagnatore di minorenni, e in quanto ai precetti morali non vale neppure la pena parlarne, non c’è chi non sappia in Italia e nel mondo intero che la cosa Berlusconi da molto tempo è caduta nella più completa abiezione. Questo è il primo ministro italiano, questa è la cosa che il popolo italiano ha eletto due volte per servirgli da modello, questo è il cammino verso la rovina a cui vengono trascinati i valori di libertà e dignità che permearono la musica di Verdi e l’azione politica di Garibaldi, coloro che fecero dell’Italia del secolo XIX, durante la lotta per l’unità, una guida spirituale dell’Europa e degli europei. Questo è ciò che la cosa Berlusconi vuole gettare nel bidone della spazzatura della Storia. Gli italiani, alla fine, lo permetteranno?

Parlare male di Berlusconi

di Furio Colombo

Perché non possiamo non dirci antiberlusconiani, qualunque sia il risultato elettorale (che speriamo largamente democratico, nel senso politico, nel senso di antifascista, nel senso che Marco Pannella ha ridato alla abusata parola)? La ragione si esprime in pochi punti.

1. L’ideologia, ovvero il patrimonio di idee e di visioni che Berlusconi ha trovato abbandonati sul terreno quando è “ sceso in campo”, non c’entra. Questo non è un governo di destra. Non c’è il decoro e il senso delle istituzioni della Destra di Gianfranco Fini, né la concitazione aggressiva e xenofoba della Lega Nord che - in tante diverse incarnazioni - avvelena il clima morale e politico di mezza Europa. Berlusconi non è né Fini né Bossi. È solo se stesso. Un signore ricco, furbo, non intelligente ma svelto, svincolato dal peso della buona reputazione e ricoperto dal manto - tutto teatrale però efficace - del successo populista. Non c’è nulla prima di Berlusconi, nulla che gli assomigli. Non ci sarà nulla dopo di lui (certo non il devoto Bondi). Abbiamo a che fare con un caso unico in Europa e raro nella storia. Non è raro il leader squilibrato. È rara una così vasta sottomissione delle cosiddette classi dirigenti.

2. È vero (cito ancora Marco Pannella) che malgoverno e malaffare hanno a lungo lavorato insieme in Italia ben prima dell’uomo di Arcore. Ma sono confortato dal grido di allarme del leader radicale che, invece di scusarsi per l’antiberlusconismo dichiara, col consueto coraggio, che c’è un vero e imminente pericolo di fascismo e che la persecuzione delle persone segue, non precede, la strage di notizie. Questa strage è già in atto se pensate ai molti grandi giornali che non hanno osato pubblicare le immagini di comportamento indecente del premier alla parata del 2 giugno. Più ancora, se si ricorda a che punto estremo di manifestazione e di denuncia i nonviolenti Pannella e Bonino sono dovuti arrivare per rompere il silenzio.

3. Chiunque può avere, per un periodo, un ministro inutile come Brunetta; un capo dell’Economia impegnato a scrutare un altro orizzonte, non quello vero, come Tremonti; un finto ministro dell’Istruzione come la Gelmini (memorabile l’invenzione del 6 rosso) di cui si ricorderanno solo il tailleur alla Mary Poppins, gli occhiali e i tagli poderosi alla scuola pubblica. Ma nessuno ha avuto e continua ad avere per quindici anni un uomo troppo ricco, non nel pieno controllo del suo comportamento pubblico (la vivacità eccessiva certe volte lo aiuta, certe volte lo sputtana) e preoccupato solo di se stesso, immagine, donne (nei limiti e con la pena dell’età), e finti progetti, uno o due al giorno, annunciati e poi buttati, in un delirio di applausi che - ci siano o non ci siano gli oppositori - ad un certo punto cesserà di colpo.

4. Berlusconi siede sul groviglio dell’immondizia, del terremoto, della crisi economica senza governare. Tutte le sue leggi sono ritorsioni, punizioni, vendette, volute e votate per interesse aziendale o personale o tributo a un partito feudatario, come il disumano e incivile «pacchetto sicurezza», vero best seller di condanne nel mondo civile laico e religioso. In particolare non si registra una legge o misura o azione o strategia anticrisi che non sia una esortazione all’ottimismo e al consumo. La parola d’ordine del non-governo Berlusconi è «lavorare di più», ammonimento diretto non si sa a chi, date le cifre continuamente in crescita della disoccupazione. Lo dice mentre lo affianca la neoministro del Turismo Brambilla, di cui non si sa nulla, eccetto il colore vistoso dei capelli, e che non può far nulla in un Paese che affoga nell’immondizia e nel cemento. Infatti, nel frattempo, incombe sulla Toscana l’immensa colata di cemento detta «Spaccamaremma», l’inutile autostrada destinata a isolare la regione italiana più celebre al mondo dal suo mare (la colata di asfalto e cemento corre lungo le spiagge). E incombe su tutto il Paese il «piano casa». È un singolare condono preventivo che autorizza ciascuno al peggio, senza autorizzazioni, senza controlli, senza regole. Ma questo è il cuore del discorso. Berlusconi, da solo, siede sul Paese. Come se non bastasse lancia una frase squilibrata al giorno. L’ultima è “troppi negri a Milano”, nell’anno, nel giorno, nell’ora dello straordinario discorso al Cairo di Barack Obama, primo Presidente afro-americano degli Stati Uniti. Sua moglie - che deve averci pensato molto - ci dice che non sta bene. Alcuni italiani lo ammirano perché è ricco e sono sicuri che non usa aerei di Stato per ballerine di flamenco e chitarristi personali. Altri - come Pannella - vedono e dicono chiaro il pericolo. In Italia manca l’ossigeno delle notizie vere. Il piede sul tubo è quello di Berlusconi.
07 giugno 2009

giovedì 4 giugno 2009

Signorine & Signorini

4 giugno 2009

Direttori. Esperti di gossip. Paparazzi. Starlette. Così la macchina del Cavaliere ha lavorato per disinnescare il caso Noemi.
 
A trasformarlo nella 'Pravda' ci aveva pensato, martedì 5 maggio, il Cavaliere in persona. "Trovate tutto su 'Chi'! Trovate tutto su 'Chi'!", aveva continuato a ripetere il presidente del Consiglio negli studi di 'Porta a Porta', quando si era presentato dall'amico Bruno Vespa per giustificare la sua partecipazione al compleanno della diciottenne Noemi Letizia in quel di Casoria. Era stato così che il settimanale di gossip della Mondadori, diretto da Alfonso Signorini, il giornalista più vicino alla presidentessa Marina Berlusconi, era diventato all'improvviso il faro che tutte le testate del gruppo, da 'il Giornale' di Mario Giordano fino ai tg e ai gettonatissimi programmi Mediaset della mattina e del pomeriggio, dovevano seguire.

Per più di un mese la grande macchina della propaganda berlusconiana, impegnata allo spasimo nel tentativo di ridurre i danni causati dall'esplodere del caso Lario-minorenni, è ruotata intorno alle interviste, alle foto posate, alle versioni 'ufficiali' dell'accaduto pubblicate dal rotocalco. Seguendo uno schema consolidato, 'Chi' offriva ai suoi quasi tre milioni di lettori una serie di temi in gran parte falsi (per esempio le bugie di Elio Letizia, il padre di Noemi, che assicura di essere un "socialista riformista" vecchio amico del premier) poi ripresi da siti Internet, televisioni e quotidiani. Insomma, mentre gli altri direttori del 'comitato elettorale' (definizione di Enrico Mentana) erano impegnati a nascondere le notizie - le dichiarazioni di Veronica Lario e dell'ex fidanzato di Noemi, Gino Flaminio - o a segnalare agli avvocati di Berlusconi la presenza di fotografie compromettenti da far sequestrare dalla magistratura romana, Signorini si muoveva da spin doctor. A Napoli veniva inviato il migliore e più roccioso tra i suoi cronisti: Gabriele Parpiglia, 30 anni, ex addetto stampa dell'agenzia fotografica del pluriprocessato Fabrizio Corona e suo grande amico.

Descritto da tutti come un ragazzo sveglio e col pelo sullo stomaco, Parpiglia ha cominciato al settimanale 'Star Tv' dove seguiva, tra l'altro, i 'tronisti' e i 'corteggiatori' del programma 'Uomini e donne' di Maria De Filippi: una strana fauna di figuranti del mondo dello spettacolo che per fama e denaro, come ha ammesso proprio il giornalista, è disposta a dire tutto e il contrario di tutto. In quell'ambiente Parpiglia si muove così con disinvoltura. E lo dimostra subito, intervistando Noemi mentre un fotografo la riprende con i genitori e il sedicente fidanzato Domenico Cozzolino, un pr di discoteca, casualmente anche lui ex 'corteggiatore' del programma della De Filippi.

Il pezzo, rilanciato da tutte le tv, ha comunque uno scopo preciso: dire agli italiani che Noemi "è illibata", tanto che la ragazzina assicura di aver baciato in vita sua solo Domenico. Sembra gossip, ma in realtà 'Chi' sta facendo, con abilità, politica.

Parpiglia del resto sa il fatto suo. Molti trucchi del mestiere li ha imparati proprio dal re di Vallettopoli, Fabrizio Corona. Con lui ha anche scritto un libro ('La mia prigione') e soprattutto ha partecipato, sia pure nelle vesti di semplice testimone oculare, ad alcune memorabili 'operazioni' oggi ritenute dalla magistratura un ricatto bello e buono: la più celebre di tutte è senz'altro l'intervista ai transessuali che trascorsero con Lapo Elkann una notte brava a base di droghe, poi sfociata in un ricovero in ospedale. Insomma, Parpiglia è il tipo giusto per giocare, all'occorrenza, anche pesante.

Il primo obiettivo di 'Chi' diventa quindi quello di minare la credibilità di Gino Flaminio, l'ex fidanzato di Noemi, che a 'Repubblica' ha raccontato come l'amicizia tra la teenager e il premier fosse nata dopo che Berlusconi aveva visto un suo book fotografico. Una versione nei fatti poi confermata anche dalla zia di Noemi, che dimostra come il presidente del Consiglio abbia mentito quando ha sostenuto di essere un amico di vecchia data della famiglia Letizia.

Così Parpiglia, memore degli insegnamenti di Corona, fa allestire al ristorante La scialuppa di Napoli una sorta di set fotografico. Lì, dopo essersi presentato come un giornalista della stampa estera, incontra verso le 17 Gino e suo padre, mentre tutto viene fotografato e registrato. La conversazione però è piuttosto deludente. L'ex fidanzato di Noemi spiega di non aver ricevuto una lira da 'Repubblica', non smentisce una virgola dell'intervista precedente, e si limita ad aggiungere di aver invece raggiunto un accordo economico da circa 10 mila euro con 'Novella 2000' (che nega). Il colpo comunque riesce lo stesso, perché Gino alla fine chiede e ottiene per il disturbo 500 euro. Ma il pezzo e le foto non escono su 'Chi'. Signorini e Parpiglia (che hanno lavorato a 'Lucignolo' con il direttore del 'Giornale', Mario Giordano), dirottano il tutto sulle pagine del quotidiano di via Negri. Qui l'articolo, intitolato 'Ecco le verità a pagamento dell'ex di Noemi', viene firmato da Parpiglia e da un altro cronista, non presente a Napoli. Il clima politico si arroventa e il Pdl, capeggiato da Maurizio Gasparri, accusa di fatto 'Repubblica' di versare soldi per le interviste. È una balla, ma l'importante è screditare. Il set del ristorante La scialuppa non ha comunque cessato di sorprendere.

Mercoledì 27 maggio, a mezzogiorno, squilla il cellulare del giornalista de 'L'espresso' Marco Lillo. A cercarlo è Roberta Arrigoni, titolare di un'agenzia fotografica, la Uno Press, fornitrice abituale di 'Chi' e di altri settimanali. La Uno Press è una società importante. E, come risulterà qualche giorno dopo, è amministrata da Tonino De Filippo, un grande amico di Signorini, tanto che il direttore di 'Chi' ne ha celebrato il matrimonio civile nel settembre del 2008 a palazzo Duganani a Milano.

Roberta dice di poter mettere 'L'espresso' in contatto con una ragazza che è stata l'amante del premier e per questo è stata favorita nel concorso del 'Grande Fratello'. Se fosse vero sarebbe un caso lampante di conflitto d'interessi.

L'Arrigoni vive e lavora a Milano, ma invita Lillo a raggiungerla l'indomani a Napoli dove, a suo dire, l'amante di Berlusconi dovrebbe posare per un servizio fotografico. La donna fissa l'appuntamento al ristorante La scialuppa. Qui l'agente fotografico e la sedicente fiamma del Cavaliere si siedono allo stesso tavolo (o a quello immediatamente vicino) dove è anche stato fotografato Gino Flaminio. La ragazza è la polacca Laura Drzewicka, già concorrente del 'Grande Fratello', e davanti a Lillo e al suo collega Claudio Pappaianni (muniti di registratori), chiede 50 mila euro per un'intervista. La proposta viene rifiutata. L'unica cosa che 'L'espresso' può eventualmente acquistare sono documenti e foto, ma solo se di buona qualità. Mai le interviste.

L'incontro in ogni caso prosegue e i giornalisti pongono a Laura domande sui suoi presunti rapporti con il premier per saggiare l'attendibilità del suo racconto. Dopo qualche minuto i due si accorgono di essere spiati da un tavolo vicino dove siedono una decina di persone. Due uomini anzi li fotografano, prima di andarsene in motorino. La trappola a quel punto è evidente. Chi l'abbia organizzata esattamente lo stabilirà la magistratura di Napoli e l'Ordine dei giornalisti.

Il resoconto parziale dell'accaduto, sotto il titolo fuorviante 'L'espresso pronto a pagarmi per incastrare Silvio', viene infatti pubblicato da 'il Giornale'. E a firmare l'articolo, senza spiegare come la soubrette fosse un'agente provocatore, è lo stesso cronista che il giorno prima aveva scritto con Parpiglia il pezzo su Gino, l'ex fidanzato di Noemi. Questa volta, insomma, Agatha Christie non serve per capire come sono andate le cose. Perché la macchina berlusconiana della menzogna esiste e continua a funzionare.

martedì 2 giugno 2009

Il Duca di Casoria e l’opposizione silente

Qualcuno, come Sylos Labini, come Indro Montanelli, se fosse ancora in vita potrebbe vantarsi di averlo detto in tempo: Silvio Berlusconi è un pericolo per la democrazia, la Costituzione, le libertà fondamentali della Repubblica Italiana. Qualcuno, come chi ha lavorato all’”Unità” rifondata e libera, potrebbe ricordare che, negli anni 2001-2007 ha accanitamente e appassionatamente indicato Berlusconi come il grande corruttore illegale del Paese fuori legge che stava, che sta (si fa per dire), governando. Qualcuno, come chi scrive, potrebbe riportare alla luce un vecchio evento: nel maggio del 1994, non appena Berlusconi ha portato al giuramento il suo primo governo (Previti ministro della Difesa e dunque comandante in capo del carabinieri che avrebbero dovuto arrestarlo) si è immediatamente dimesso dall’incarico di direttore dell’Istituto di Cultura di New York (con sei anni di anticipo sulla scadenza dell’incarico) per non sottomettersi all’umiliazione di rappresentare all’estero l’Italia di Berlusconi. Ma allora è necessario anche ricordare che fin dal primo momento chi ha opposto resistenza a Berlusconi è stato subito trattato con sufficienza e sarcasmo dalla “parte avversa”. Tutta la sinistra, dalla più moderata alla più radicale, da Morando a Bertinotti, ci ha spiegato, ammonito, ingiunto, gridato che il problema era sempre un altro: Non dire tutti NO, non inseguire i magistrati, non occuparsi della vita privata, non rifiutarsi alle giuste e necessarie riforme “insieme”, per il bene dell’Italia. Ancora oggi, dopo Casoria, dopo la vergogna di tutto ciò che è emerso e che sta emergendo sul traffico di minorenni tra terra ferma e Sardegna, Ritanna Armeni, dall’aldilà del marxismo, ammonisce: “La sinistra esca dai salotti e frequenti di più i compleanni delle ragazze del popolo”. Non spiega che cosa succede se ti presenti senza scorta, senza fotografo e senza pendaglio di oreficeria internazionale da euro 6,000.00 Intanto monta la rivolta dei terremotati, lo scisma della giunta siciliana e l’immondizia che sta soffocando Palermo. Se il crollo accadrà - e i segni sono clamorosi - sarà come all’Aquila; disastro per cause naturali. Mentre il Premier fa bloccare dal garante della Privacy (di solito distratto e apatico), da giudici e poliziotti, le foto che mostrano i suoi balletti rosa e i suoi trasporti di amici e amichette su aerei militari a spese dello Stato, a gran voce a sinistra si chiede di stare fuori degli affari privati e di famiglia di Berlusconi Silvio, cittadino disturbato nella sua legittima intimità. E invece di rispondere alla normale domanda: “Fareste educare i vostri figli da Berlusconi ?” la si deplora e condanna al punto di indurre Franceschini, che aveva osato chiedere, alla ritrattazione. Anche le dieci domande di “Repubblica” sono ignorate e derise nel garbato silenzio dell'opposizione che invece ripete (sull’orlo del disastro): “Siamo disposti alle riforme insieme.” Il disastro verrà e il rischio è questo: L’ILLEGALE MAGGIORANZA DI BERLUSCONI PRECIPITERA’ ABBRACCIATA ALLA SUA OPPOSIZIONE GARBATA E SILENTE. ALLA FINE BASTERA’ UNA SOLA LAPIDE. MA A CURA DI CHI? Furio Colombo (1 giugno 2009)

lunedì 1 giugno 2009

The Clown’s Mask Slips

The most distasteful aspect of Silvio Berlusconi’s behaviour is not that he is a chauvinist buffoon. Nor is it that he cavorts with women more than 50 years younger than himself, abusing his position to offer them jobs as models, personal assistants or even, absurdly, candidates for the European Parliament. What is most shocking is the utter contempt with which he treats the Italian public. The ageing Lothario may find it amusing, or even perhaps daring, to act the playboy, boasting of his conquests, humiliating his wife and making comments that to many women are grotesquely inappropriate. He is not the first or the only one whose undignified behaviour is inappropriate to his office. But when legitimate questions are asked about relationships that touch on the scandalous and newspapers challenge him to explain associations that, at best, are puzzling, the clown’s mask slips. He threatens those newspapers and televisions stations that he controls, invokes the law to protect his “privacy”, issues evasive and contradictory statements and then melodramatically promises to resign if he is caught lying. Mr Berlusconi’s private life is, of course, private. But as President Clinton found, scandal does not become high office. To his critics, Mr Berlusconi retorts that he still commands high popularity ratings, is very much in control of his Government and will not be intimidated by what he calls opposition attempts to smear him. Many may also say that Italy is not America: that the puritan ethic framing standards in the US has never dominated Italian public life, and that few Italians are shocked by womanising. This is patronising nonsense. Italians understand just as well as Americans what is and what is not acceptable. And like Americans, they regard a cover-up as contemptible. Few media outlets in Italy are able to make this point without fear of retribution. But to its credit La Repubblica has continually raised questions about the Prime Minister’s relationship with the 18-year-old Noemi Letizia, whose birthday gift of a necklace was the pretext for Mrs Berlusconi’s divorce action. To most of these questions, on the lips of every bemused Italian voter, there has been no satisfactory answer. When and how did he meet her family? Did Mr Berlusconi ask for photographs from a model agency and initiate contact with Ms Letizia? What truth is there in reports that dozens of young women were invited to parties at his Sardinian villa? Mr Berlusconi has promised to explain everything to parliament. But he can hardly have reassured his critics with his weekend injunction blocking publication of about 700 photographs purporting to show what went on at these parties. Nor is he helped by his hapless Foreign Minister, who attempted to defend his boss by pointing out that the age of consent in Italy was 14 — as if this were relevant. Does it all matter? Some Italians will say no. Others will say it is no business of outsiders. But Italian voters, in the run-up to the European elections, ought to reflect on how their Government is run, on the candidates thought suitable for Strasbourg and on the level of prime ministerial candour during political and economic turmoil. It concerns others too. Italy hosts the G8 meeting this year. Important discussions are taking place in that forum, where Western governments are pressing for greater co-operation in combating terrorism and international crime. Mr Berlusconi sees himself as a friend of Vladimir Putin. His country is an important member of Nato. It is also part of the eurozone, which is being tested by the global financial crisis. It is not only Italian voters who wonder what is going on. So do Italy’s nonplussed allies.

http://www.timesonline.co.uk/tol/comment/leading_article/article6401859.ece

Il nuovo volto del potere

L'ANALISI

di GIUSEPPE D'AVANZO

IL "caso Berlusconi" svela da oggi anche altro e di peggio. Ci mostra il dispositivo di un sistema politico dove la menzogna ha, non solo, un primato assoluto, ma una sua funzione specifica. Distruttiva, punitiva e creatrice allo stesso tempo. Distruttiva della trama stessa della realtà; punitiva della reputazione di chi, per ostinazione o ingenuità o professione, non occulta i "duri fatti"; creatrice di una narrazione fantastica che nega eventi, parole e luoghi per sostituirli con una scena di cartapesta popolata di fantasmi, falsi amori, immaginari complotti politici.

E' stato per primo Silvio Berlusconi a muovere. Si scopre vulnerabile nelle condizioni di instabilità provocate dalle parole della moglie ("frequenta minorenni", "non sta bene") e fragile per la sua presenza nella peggiore periferia di Napoli a una festa di compleanno di una minorenne. E' dunque costretto a mostrare, senza finzioni ideologiche, il suo potere nelle forme più spietate dell'abuso e della pura violenza. E' già un abuso di potere (come ha scritto qui Alexander Stille) in un pomeriggio di autunno telefonare, da un palazzo di Roma e senza conoscerla, a una ragazzina che sta facendo i compiti nella sua "cameretta" per sussurrarle ammirazione per "il volto angelico" e inviti a conservare la sua "purezza". E' un abuso di potere ancora maggiore imporre ai genitori della ragazza di confermare la fiaba di "una decennale amicizia" con il premier, nata invece soltanto sette mesi prima grazie a un book fotografico finito non si sa come sullo scrittoio presidenziale.

E' pura violenza pretendere che gli si creda quando dice: "Io non ho detto niente". Tutti abbiamo sentito Berlusconi dire, spiegare, raccontare in pubblico e soprattutto contraddirsi e mentire. Ora egli pretende che il potere delle sue parole sulla realtà e sui nostri stessi ricordi sia, per noi, illimitato e indiscusso. Esige che noi dimentichiamo ciò che ricordiamo e crediamo vero ciò che egli dice vero e noi sappiamo bugiardo. Non ha detto niente, no? Berlusconi chiede la nostra ubbidienza passiva, l'assuefazione a ogni manipolazione anche la più pasticciata. Reclama una sterilizzazione mentale (e morale) dell'intera società italiana.

Già basterebbe questo atto di pura violenza per riproporre le dieci domande a cui il capo del governo non vuole dare risposta da più di due settimane perché, palesemente, non è in grado di farlo. Se lo facesse, potrebbe compromettere se stesso, rivelare abitudini e comportamenti in rumorosa contraddizione con il suo messaggio politico (Dio, patria, famiglia).
C'è altro, però. Berlusconi sa che questa prova di forza non lo mette al sicuro dal potenziale catastrofico della "crisi di Casoria". Sa che spesso i fatti sono irriducibili e hanno la tendenza a riemergere. Sa che per distruggere quella realtà minacciosa, deve distruggere presto e nel modo più definitivo chi la può testimoniare. Anche in questo caso il premier ha deciso di muoversi con un canone di assoluta violenza. E' quel che accade in queste ore. Per raccontarlo bisogna ricordare che i giorni non sono passati inutilmente perché hanno offerto a chi ha voglia di sapere e capire qualche accenno di "verità".
Veronica Lario dice a Repubblica che il premier "frequenta minorenni". Berlusconi nega dinanzi alle telecamere di Porta a porta di frequentare minorenni.
Mente, ora è chiaro. Ci inganna intenzionalmente e consapevolmente, ben sapendo che cosa vuole deliberatamente nascondere. Ha frequentato la minorenne di Napoli come altre minorenni hanno affollato le sue feste e affollano i suoi weekend nella villa di Punta Lada in Sardegna. Dov'erano quelli che oggi minimizzano la presenza di ragazzine alla corte di un anziano potente di 73 anni quando quel signore negava di "frequentare minorenni"?

Un secondo punto, fermo e indiscutibile, è l'inizio dell'amicizia con Noemi, la ragazza napoletana. La retrodatazione del legame tra il premier e la famiglia della ragazza al 1991 si è rivelata posticcia e contraddittoria. I suoi incontri con la minorenne, anche in assenza dei genitori, sono stati documentati (Villa Madama; Capodanno 2009 a Villa Certosa). L'inizio dell'affettuosa e paterna amicizia tra il capo del governo e la minorenne è stata testimoniata dall'ex-fidanzato della ragazza, confermato da una zia di Noemi, fissato nell'autunno del 2008.

Contro questi "punti fermi", che lasciano il premier nudo con le sue bugie, si è scatenata una manovra utile a scomporre, ricomporre e confondere i fatti in un caleidoscopio mediatico di immagini false dove l'arma è la menzogna e gli armigeri sono i giornalisti stipendiati dal capo del governo, dimentichi di ogni deontologia professionale e trasformati in agenti provocatori; i corifei del leader, forti dell'immunità parlamentare e disposti a ogni calunnia. Buon'ultima Daniela Santanché che accetta di fare, nell'interesse del Capo, il lavoro sporco di diffamarne la moglie ("ha un compagno"). Chiunque, in questo affare, abbia portato il suo granellino di verità viene ora sottoposto a un pubblico rito di degradazione fabbricato con un violento uso della menzogna.

Il primo assalto è toccato a Repubblica investita, dall'editore all'ultimo cronista che si è occupato del "caso", da un'onda di panzane. Prima il complotto politico (ma la polemica sulle veline è stata sollevata dal think tank di Gianfranco Fini). Poi la bubbola del pagamento del testimone (Gino Flaminio) che colloca la prima telefonata di Berlusconi a Noemi alla fine del 2008. L'accusa la grida in tv il ministro Bondi. Qualche giorno prima che un allegro commando di redattori del giornale della famiglia Berlusconi si scateni contro Flaminio allungandogli un paio di centoni "per l'incomodo" e realizzando la ridicola impresa di essere i soli a pagare l'ingenuo Gino. Che, anche se spaventato e intimorito, dice, ridice e conferma in tre occasioni di "non aver avuto un centesimo da Repubblica". Non è finita. Uguale trattamento viene inflitto al fotografo che ha immortalato, nell'aeroporto di Olbia, lo sbarco da un aereo di Stato delle ragazze (alcune, appaiono da lontano minorenni) invitate a allietare il fine settimana del presidente del consiglio. Infilato prima in una trappola dall'house organ di Casa Berlusconi, denunciato poi per truffa (improbabile reato) dall'avvocato del premier, la procura di Roma decide di sequestrare sia le immagini illegittime (scattate verso il patio di Villa Certosa) sia le foto legittime (raccolte in un luogo pubblico).

Siamo solo all'interludio perché il colpo finale, la menzogna usata come manganello punitivo, viene riservato alla prima e più autorevole testimone dell'instabilità psicofisica del premier e dei suoi giorni con le minorenni: Veronica Lario. Daniela Santanché (non è un'amica della Lario, non frequenta la villa di Macherio) svela a Libero che "Veronica ha un compagno". E, se "Veronica ha un compagno", come possono essere attendibili i suoi rilievi al marito? Il cerchio ora è chiuso. Il pestaggio menzognero è completo, anche se non concluso. Ciascuno ha cominciato ad avere quel che si merita.

Questo spettacolo nero ha il suo significato politico. Berlusconi vuole insegnarci che, al di fuori della sua verità, non ce ne può essere un'altra. Vuole ricordarci che la memoria individuale e collettiva è a suo appannaggio, una sua proprietà, manipolabile a piacere. Si scorge nella "crisi di Casoria" un uso della menzogna come funzione distruttiva del potere che scongiura l'irruzione del reale e oscura i fatti. Si misura l'impiego dei media sotto controllo diretto o indiretto del premier come fabbrica di menzogne punitive di chi non si conforma (riflettano tutti coloro che ripetono che ormai il conflitto d'interesse è stato "assorbito" dal Paese). E' il nuovo volto, finora nascosto, di un potere spietato. E' il paradigma di una macchina politica che intimorisce. C'è ancora qualcuno che può pensare che questa sia la trama di un gossip e non la storia di un abuso di potere continuato, ora anche violento, e quindi una questione che scrolla la nostra democrazia?

(1 giugno 2009)