domenica 30 novembre 2008

Oltre il ridicolo

Le Mani Nelle Mutande - Alessandro Robecchi

Non metteremo le mani nelle tasche degli italiani, antico adagio berlusconico. Ma ci sono tanti modi per mettere le mani nelle tasche della gente: passare dalle mutande è uno dei più astuti. Finalmente una novità, fare soldi con il sesso: a parte alcune centinaia di milioni di persone, negli ultimi duemila anni non ci aveva pensato nessuno. Dunque, fa parte del pacchetto anticrisi la tassa sul porno, una buona idea, anche se non mancano le critiche: persino Mediaset ha protestato, dato che il suo digitale terrestre offre un servizio “manuale terrestre” che pare molto apprezzato. Una prima grana per il governo, stabilire se il calendario cochon della ministra delle pari opportunità sia esentasse oppure no: è vero che non contiene scene di accoppiamenti, ma è anche vero che molti adolescenti, dopo averlo visto, si sono accoppiati tra sé e sé.  Ora si aspettano le circolari applicative e sarà il ministro della cultura Sandro Bondi a decidere cosa sia sesso esplicito, cosa sia arte, cosa sia ammiccamento, cosa sia soft, cosa sia hard, eccetera eccetera. Soggetta alla tassa sarà (dal testo del decreto) “ogni opera letteraria, teatrale e cinematografica, audiovisiva o multimediale, anche realizzata o riprodotta su supporto informatico o telematico in cui siano presenti immagini o scene contenenti atti sessuali espliciti e non simulati tra adulti consenzienti”. Se la tassa avesse valore retroattivo, Anaïs Nin, Henry Miller e  Bukowski risolverebbero da soli la crisi finanziaria del paese. Certo, un moto di umana solidarietà sorge spontaneo nei confronti del ministro della cultura che sarà costretto – con apposita commissione – a vagliare tonnellate di materiale, per decidere a chi applicare le nuove aliquote e a chi no. La commissione censura sarà trasferita al ministero del Tesoro, i funzionari del fisco cominceranno a deperire, avranno occhiaie profonde e molti di loro forse diventeranno ciechi. E’ la porno tax, amici, combatte l’oscenità, il ribrezzo, il raccapriccio: e contro le poesie di Bondi non si può fare niente?

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lunedì 24 novembre 2008

Passaparola del 24 novembre 2008

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domenica 23 novembre 2008

Come si fabbrica l'insicurezza di ILVIO DIAMANTI

SONO passati un anno, dodici mesi appena, ma l'Italia sembra un'altra. Meno impaurita e meno insicura. Infatti, l'inverno è vicino, ma il clima d'opinione registra un disgelo emotivo evidente. Come testimonia il 2° rapporto - curato da Demos e dall'Osservatorio di Pavia per Unipolis sulla rappresentazione della sicurezza - nella percezione sociale e nei media. Pochi dati, al proposito (d'altronde, ieri Repubblica gli ha dedicato molto spazio).

Nell'ultimo anno, si è ridotta sensibilmente la percezione della minaccia prodotta dalla criminalità a livello nazionale e soprattutto nel contesto locale. E' calato in modo rilevante anche il timore dei cittadini di cadere vittima di reati. Da un recentissimo sondaggio di Demos (concluso venerdì scorso) emerge, inoltre, che il problema più urgente per il 31% degli italiani (se ne potevano scegliere due) è la criminalità comune.

Un anno fa era il 40%. Mentre il 21% indica l'immigrazione: 5 punti meno di un anno fa. Gli immigrati, peraltro, sono considerati "un pericolo per la sicurezza" dal 36% degli italiani: quasi 15 punti percentuali meno di un anno fa e 8 rispetto allo scorso maggio. Il legame fra criminalità comune, sicurezza e immigrazione che, negli ultimi anni, è apparso inscindibile, agli occhi dei cittadini, oggi sembra essersi allentato. Cosa è successo in quest'ultimo anno, in questi ultimi mesi di così importante, significativo e profondo da aver scongelato il clima d'opinione? L'andamento dei reati, in effetti, rileva un declino che, peraltro, era cominciato a metà del 2007. Tuttavia, nel corso degli ultimi anni, si è sviluppato senza variazioni tali da giustificare mutamenti di umore tanto violenti.

Invece, l'immigrazione è cresciuta in misura molto rilevante, come segnalano le principali fonti, dal Ministero dell'interno alla Caritas. Gli sbarchi di clandestini sono anch'essi aumentati. Quasi raddoppiati. Non sono i fatti ad aver cambiato le opinioni. Al contrario: le opinioni si sono separate dai fatti. Per effetto di un complesso di fattori. D'altronde, il clima d'opinione riflette una pluralità di motivi, spesso non prevedibili e, comunque, non controllabili.

In questa fase, in particolare, la crisi economica e finanziaria ha spostato il centro delle paure e delle preoccupazioni dei cittadini. Non solo in Italia: anche negli Usa, prima del collasso delle borse, la campagna delle presidenziali era concentrata sull'immigrazione. Poi tutto è cambiato, con grande beneficio per Obama. Tuttavia, la preoccupazione economica, in Italia, è da tempo molto alta. Destinata a deteriorarsi ancora.

Nell'ultimo anno, però, non è peggiorata. Era già pessima. Il profilo delle "persone spaventate" presenta alcuni tratti particolari, utili a chiarire l'origine di questo collasso emotivo. Due fra gli altri: guardano la tivù per oltre 4 ore al giorno e sono vicine al centrodestra; nel Nord, alla Lega.

L'analisi dell'Osservatorio di Pavia sulla programmazione dei tg di prima serata, peraltro, rileva una forte crescita di notizie sulla criminalità comune nell'autunno di un anno fa e un successivo declino - particolarmente rapido dopo maggio. Peraltro, il peso delle notizie "ansiogene" è nettamente più elevato sulle reti Mediaset, ma soprattutto su Studio Aperto e Canale 5.

Seguiti, per trascinamento, dal Tg 1, il più popolare e autorevole presso il pubblico. Il sondaggio di Demos osserva come l'insicurezza sia molto più alta fra le persone che frequentano prevalentemente le reti e i notiziari Mediaset. Ciò suggerisce che i cicli dell'insicurezza siano favoriti e scoraggiati, in qualche misura, dal circuito fra media e politica. D'altra parte, la sicurezza, l'immigrazione e la criminalità comune sono temi "sensibili" negli orientamenti degli elettori.

"Spostano" i voti degli incerti. Rendono incerti molti cittadini certi. Peraltro, come abbiamo già visto, il tema della sicurezza non è politicamente "neutrale". La maggioranza degli elettori (anche a centrosinistra) ritiene la destra più adatta ad affrontare questi problemi - trasformati in emergenze (Indagine Demos, luglio 2007).

Così, per creare un clima d'opinione favorevole, al centrodestra basta sollevare il tema della sicurezza. Cogliere e rilanciare episodi e argomenti che alimentano l'insicurezza sociale. Farli rimbalzare sui media. Il che avviene senza troppe difficoltà. Non solo perché il suo Cavaliere ha una notevole conoscenza del settore, sul quale esercita un certo grado di influenza. Ma perché la paura è attraente. Fa spettacolo e audience. E perché, inoltre, in campagna elettorale, la tivù costituisce la principale arena di lotta politica, su cui si concentrano l'attenzione dei partiti e la presenza dei leader.

Così, l'insicurezza cresce insieme ai consensi per il centrodestra. Senza che il centrosinistra riesca a opporre una resistenza adeguata. Frenato da divisioni interne, particolarismi e personalismi che non gli permettono di proporre e imporre un solo tema capace di spostare a proprio favore il consenso. Il lavoro, i prezzi, le tasse, l'etica: nel centrosinistra c'è la gara a distinguersi e a smarcarsi. Tutti contro tutti.

La recente campagna elettorale di Veltroni, irenica, tutta protesa a marcare la distanza dal passato (Prodi), non ha scalfito l'insicurezza del presente.
La morsa della sfiducia e dell'insicurezza si è allentata solo dopo le elezioni politiche e le amministrative di Roma. Non a caso. Il risultato, senza equivoci, non lascia scampo alle speranze dell'opposizione: resterà opposizione a lungo. Così, la campagna elettorale, dopo anni e anni, finisce. E il centrodestra si dedica a controllare, in fretta, il clima di insicurezza che aveva contribuito ad alimentare negli anni precedenti.

Propone e approva provvedimenti ad alto valore simbolico: l'impiego dei militari contro la criminalità, l'aumento di vincoli e controlli all'immigrazione. La liberalizzazione delle polizie e delle milizie locali, padane, private. Gli stessi episodi di razzismo hanno prodotto la condanna "pubblica" dell'intolleranza, con l'effetto di inibirne, in qualche misura, il sentimento.

In quanto gli stranieri, percepiti perlopiù come "colpevoli" di reati e violenze, ne diventano "vittime".
Così gli immigrati continuano a fluire, i clandestini a sbarcare e il numero dei reati non cambia, ma l'attenzione dell'opinione pubblica e dei media nei loro confronti si ridimensiona. La paura declina. Un po' come avvenne nel periodo fra il 1999 e il 2001. Anche allora criminalità e immigrazione divennero priorità nell'agenda delle emergenze degli italiani.

Spaventati da aggressioni e rapine a orefici e tabaccai; dall'invasione degli stranieri. Che conquistavano i titoli dei quotidiani e dei tg. Poi, l'inquietudine si chetò. Sopita dall'attacco alle Torri Gemelle e dalla vittoria elettorale di Berlusconi. Capace, come nessun altro, di navigare sulle acque dell'Opinione Pubblica. E di domare le tempeste che la turbano dopo averle evocate.
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sabato 22 novembre 2008

Telegiornali più sicuri

Rapporto Demos: trascorse le elezioni, ecco le nuove angosce
I più insicuri? Le donne del Sud teledipendenti. Meno timori legati all'immigrazione
Criminalità, l'Italia cambia idea
dopo un anno non fa più paura
di VLADIMIRO POLCHI

 
ROMA - La grande paura? Archiviata: oggi l'Italia sembra risvegliarsi da un incubo e sentirsi più sicura. Il nemico numero uno? Non più il criminale comune, bensì la crisi economica. Cambiano, infatti, le paure: più della malavita oggi si teme la disoccupazione. Non solo. Rispetto a un anno fa, cala la diffidenza verso gli immigrati. Cresce però la sicurezza fai da te: il 7% degli italiani ha già acquistato un'arma. Insomma, "se prima eravamo terrorizzati ? spiega il sociologo Ilvo Diamanti ? oggi siamo solo impauriti". Il merito? Della tv.

Dopo aver fomentato l'allarme criminalità tra la fine del 2007 e l'inizio del 2008, oggi i tg nazionali hanno ridotto spazio ed enfasi sull'emergenza sicurezza.
A fotografare le nostre angosce è il secondo rapporto Demos, curato da Diamanti per la Fondazione Unipolis, in collaborazione con l'Osservatorio di Pavia. Cosa emerge? Un Paese sostanzialmente cambiato.

Nel 2008 diminuisce il numero di italiani che ritiene cresciuta la criminalità: è l'81,6%, contro l'88% del 2007. Ci si sente dunque un po' più sicuri, soprattutto, a casa propria. Meno del 40% degli intervistati percepisce infatti un aumento dei reati nella propria zona di residenza (un anno fa era più della metà e, a maggio scorso, oltre il 53%). Il timore più diffuso? Resta quello di subire un furto in casa (20,7% degli intervistati), seguito dalla paura di incappare in una truffa del bancomat o carta di credito (19%).

Crolla invece il timore di un'aggressione o rapina (13,4% nel novembre 2008, rispetto al 18,7% di un anno fa). Non solo. Sempre meno sono gli italiani che ritengono gli immigrati un pericolo (calati del 14% in un anno).

Ma chi ha più paura per la propria incolumità fisica? Le donne (43%), con un livello d'istruzione medio-basso (38%), residenti nel Mezzogiorno (41%) e teledipendenti (stanno davanti alla tv più di quattro ore al giorno). A essere più allarmati, poi, sono gli elettori del centrodestra, Udc e Italia dei Valori, meno quelli del Pd e della Sinistra Arcobaleno. Pur sentendosi più sicuri, otto italiani su dieci chiedono comunque più polizia per le strade. Resta poi la tentazione di difendersi da soli: il 7% ha già comprato un'arma, il 44% si è blindato in casa, il 35% ha stipulato un'assicurazione sulla vita.

La paura non solo diminuisce, ma cambia anche direzione. "La crisi economica - sostiene Diamanti - è stata in gran parte assorbita nel 2007, eppure ora la paura è pronta a ripartire su alcuni fronti". La disoccupazione, innanzitutto: oggi allarma il 34.4% degli italiani (erano il 29,6% un anno fa). La crisi delle borse e delle banche è invece una vera "new entry": preoccupa quasi il 39% del campione. In testa poi restano le "paure globali": distruzione dell'ambiente (58,5%), futuro dei figli (46,5%), sicurezza dei cibi (43%).

L'indagine Demos esplora anche altre paure-tipo. E così, il rischio di incorrere in un infortunio sul lavoro preoccupa "frequentemente" il 10,4% della popolazione (oltre il 20% degli operai). Aumenta poi il numero di quanti credono che la sicurezza in fabbrica sia diminuita (il 47%). E ancora: la paura di essere vittima di un incidente sulla strada accomuna tre intervistati su dieci. I più spavaldi? Proprio i soggetti più a rischio: giovani tra i 15 e i 24 anni.
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martedì 18 novembre 2008

domenica 16 novembre 2008

Se riesplode la guerra mediatica - di ILVO DIAMANTI

NON finisce mai la guerra politica intorno allo spazio radiotelevisivo, ma, in particolare, intorno alle tivù. L'elezione del senatore Villari, del Pd, alla presidenza della Commissione di vigilanza della Rai, con i voti del centrodestra (e qualcuno in più) ne è solo l'ultimo atto. Tuttavia, è da qualche settimana che si colgono segni di nervosismo, intorno alla tivù. Soprattutto da parte del centrodestra e, anzitutto, del Presidente del Consiglio. Il quale è intervenuto, in diverse occasioni, perlopiù durante i suoi viaggi all'estero (d'altronde, è sempre in viaggio), per esprimere il suo disappunto sull'informazione televisiva.

Nello specifico: sulla Rai. Accusata di proporre l'immagine di un paese in rivolta. Strade e piazze affollate dalle proteste di studenti, genitori e professori. Scuole e Università in assemblea permanente. Ha recriminato, ancora, Berlusconi contro la satira che lo bersaglia ogni sera in tivù. Gli hanno fatto eco alleati fedeli. Il ministro Bondi ha gridato la sua indignazione contro una trasmissione satirica di tarda serata (Glob, condotta da Bertolino). Inoltre, Marcello Dell'Utri, amico e collaboratore di sempre, ha ironizzato - e polemizzato - sulla tivù ansiogena, che affida la lettura delle informazioni a giornaliste dark. Critiche politiche, etiche, estetiche. Troppe, in poche settimane, per non far pensare che la ricreazione è finita. Pareva, Berlusconi, aver allentato il morso sulla tivù (di Stato), dopo le elezioni dello scorso aprile. A differenza del 2001, quando, all'indomani del voto, si occupò presto della Rai.

Accelerò le nomine indicando, da subito, le figure sgradite. Biagi, Luttazzi e Santoro. Forse il Cavaliere, questa volta, dopo aver conquistato un successo tanto largo e una maggioranza parlamentare tanto netta, ha accarezzato davvero l'idea di assumere un atteggiamento più "liberale" verso l'informazione Rai. Che, d'altronde, non ha certo assunto un atteggiamento "militante" e antagonista, nei suoi confronti. Semmai, si è fatta più prudente, come normalmente avviene quando i giornalisti si sentono "di passaggio". Questa "pazza idea", però, sembra svanita in fretta. Dissolta, nell'ultimo mese, dal ritorno del "Cavaliere mediatico" - occhiuto e polemico - che abbiamo imparato a conoscere in questi anni. Spinto da diversi motivi.

1. Anzitutto, i sondaggi hanno rilevato un calo del consenso: suo personale e del governo. A causa di alcuni provvedimenti, che hanno sollevato polemiche e proteste. In primo luogo, come abbiamo detto, la mobilitazione di studenti e genitori, maestri e professori contro i decreti sulla scuola e sull'Università. Poi, il persistere e l'acutizzarsi della crisi economica e finanziaria. E gli effetti che sta producendo sulla vita quotidiana: dal punto di vista dei redditi, del risparmio, dei consumi. Nell'insieme, hanno spezzato lo "stato di grazia" che aveva permesso al governo di giungere fino a ieri "nonostante" la delusione. Non che la popolarità di Berlusconi e del suo governo abbiano subito un crollo. Ma si è ridimensionata. E, soprattutto, ha mostrato di non essere immune alla rappresentazione infinita sui media del malessere sociale.

2. Tuttavia, il timore di Berlusconi più che dal passato recente è dettato dal futuro prossimo. Dalla crisi economica che incombe. Dalla consapevolezza che, nei prossimi anni, i tagli della spesa pubblica continueranno; che la pressione fiscale non calerà. Preoccupa, Berlusconi, l'idea che la recessione divenga un genere televisivo, come nel passato recente la violenza nella vita quotidiana. Che comprometta la sua immagine di Grande Rassicuratore. Di Cavaliere Vincitore e Invincibile.

3. Tuttavia, le preoccupazioni di Berlusconi si rivolgono anche all'interno della sua coalizione. Il malessere sociale, amplificato dai media, alimenta, infatti, il clima antipolitico e le tensioni territoriali. E rafforza il partito antipolitico e territoriale per definizione. La Lega, stimata, oggi, sopra il 10% e nel Nord oltre il 20% (intorno al 30% in Lombardia e ancor di più in Veneto). Il che spinge il Pdl a centrosud. Nell'area della crisi. Si aggiunga che, in questa fase di "fondazione" unitaria, le tensioni attraversano lo stesso Pdl. An, infatti, cerca di far valere il suo radicamento territoriale per pesare di più, nei futuri assetti del partito. Inevitabile, per Berlusconi, rispondere all'organizzazione con la televisione.

4. I problemi di Berlusconi sono, peraltro, comuni anche al centrosinistra. La "comunicazione ansiogena" e "l'antagonismo e l'antiberlusconismo come spettacolo" hanno, infatti, avvantaggiato soprattutto l'Idv (stimata dai sondaggi intorno al 9%). Ma anche Michele Santoro, il cui programma ha raggiunto livelli di audience elevatissimi. Non a caso Santoro e Di Pietro costituirebbero, secondo alcuni, l'unica vera opposizione in Italia.

5. Anche il Pd, come il Pdl, è attraversato da tensioni interne. Tra fazioni e frazioni. Che mirano a consolidare oppure a scardinare definitivamente la leadership di Veltroni. La vicenda della "commissione di vigilanza", in fondo, costituisce un atto di sfiducia nei suoi confronti espresso anche dall'interno del Pd, visto che Villari non è stato votato solo dal centrodestra.

La tivù è tornata, dunque, il "campo di battaglia" privilegiato dalla politica e dai politici. Di entrambe le parti. Con un duplice rischio. A) Lo svuotamento della politica e dei suoi attori, sempre più distanti dalla società e dal territorio. B) Reciprocamente, la definitiva trasformazione del ruolo dei media e dei giornalisti: da mediatori ad attori politici. La rappresentanza politica tradotta in rappresentazione, guidata e interpretata da Vespa, Floris, Mentana e Santoro. O come imitazione. Crozza, Guzzanti, Cortellesi e Marcoré. Al tempo stesso, governo e opposizione.

Il Pd, Di Pietro, i Radicali e quanti contestano il rapporto mimetico e complice fra media e politica, fra i partiti e la Rai, per essere credibili, non dovrebbero spingere alle dimissioni Villari, per mettere qualcun altro al posto suo. Ma semplicemente andarsene dalla "Commissione di Vigilanza". Organo non di controllo, ma di spartizione.

venerdì 14 novembre 2008

La dittatura dolce


E’ una dittatura dolce, si usa dire adesso (ma solo da parte di alcuni audaci che spesso vengono isolati) del governo Berlusconi. Non vedo come si possa usare la parola “dolce” che è pur sempre zuccherosa e benevola. Viviamo in un periodo della storia italiana in cui stanno accadendo fatti del pre-nazismo tedesco, del primo fascismo italiano, ma i nostri media non vedono, trascurano o sorridono. E il nostro sistema politico (reparto opposizione), considera a volte con qualche attenzione drammatica questo o quel fatto, questa o quella legge indecente. Ma sembra non vedere la costellazione malefica che si sta formando e consolidando, in un fitto dialogo fra “iniziative spontanee” (uccidere a sprangate il giovane nero) e spirito di governo. La dittatura mediatica e amara di Berlusconi, dei soci xenofobi della Lega, del nuovo richiamo al fascismo di cariche istituzionali, compongono, tra fatti e parole, un quadro allarmante. E’ il quadro di un partito estraneo all’Italia, rappresentante di un territorio inventato (Padania) votato solo in alcune aree del Nord, che si è infiltrato nel Parlamento e che Berlusconi ha voluto nel suo governo. Portano sentimenti di persecuzione e di odio che, dai tempi del fascismo, non hanno mai avuto casa in Italia. E’ il quadro di aggressioni razziali e fasciste, leghiste e naziskin, che si ripetono con frequenza quasi quotidiana. Ma i media provvedono a raccontarli in modo ben separato, negando di volta in volta il legame. Sono spontanei? Questo è il lato peggiore. C’è chi sente subito l’invito alla cattiveria, al disprezzo, alla persecuzione. E’ il quadro di una nuova arroganza, espresso persino in situazioni istituzionali, persino come sfida al Presidente della Repubblica dal ministro della Difesa che, il giorno della Resistenza, vuole celebrare Salò. NON C’E NIENTE DI DOLCE COMPAGNI. RESTA LA PAROLA “DITTATURA”. Furio Colombo
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martedì 11 novembre 2008

Passaparola del 10 novembre 2008

Embedded Video

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Visti da Fuori

Berlusconi cerca di controllare emittente italiana

[Variety]

 LA COPERTURA MEDIATICA NEGATIVA PROVOCA L’AZIONE DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO.
Sei mesi dopo essere stato eletto per la terza volta, Silvio Berlusconi ha ripreso l’abitudine di manipolare i media. Negli ultimi mesi il magnate della televisione italiana diventato Presidente del Consiglio ha:
- sfacciatamente cercato di convincere i leader delle imprese locali a non comprare spazi pubblicitari sulla rete rivale, la RAI
- giurato di impedire alla RAI di diffondere “il pessimismo” e si è lamentato che l’emittente pubblica non stia trattando bene il suo governo
- stroncato il programma di informazione “Annozero”, che ha ottenuto uno share record del 20% su Raidue in prima serata dando agli studenti manifestanti l’opportunità di sfogarsi fianco a fianco con il leader dell’opposizione Walter Veltroni. Berlusconi si è lamentato per l’assenza di rappresentanti del governo, anche se in realtà Veltroni e gli studenti si sono azzuffati con un politico del governo e un giornalista del quotidiano Il Giornale, di proprietà di Berlusconi.
Quello che fa infuriare Berlusconi è lo spazio dedicato dalla RAI alla grande protesta degli studenti provocata dai tagli all’istruzione decisi dal governo, con milioni che marciano per le città di tutto il Paese.
Il 3 novembre squadristi neofascisti, alcuni con il passamontagna, hanno fatto irruzione nella sede della RAI di Roma per protestare contro un altro programma televisivo, “Chi l’ha visto?” che ha mandato in onda un servizio che mostrava persone di destra mentre attaccavano studenti di sinistra durante una manifestazione in piazza Navona a Roma.
Mentre la FNSI ha condannato l’episodio, la preoccupazione principale di Berlusconi sembra essere quella di riuscire a rimettere le mani sulla RAI.
Da quando è stato eletto a maggio, Berlusconi non è stato in grado di imporre un nuovo regime alla RAI a causa di un impasse con l’opposizione. La scorsa settimana il parlamento non è riuscito per la trentaquattresima volta consecutiva ad eleggere il capo della commissione di vigilanza parlamentare per l’emittente pubblica.
Tuttavia il senatore dell’opposizione Felice Belisario prevede che, senza dubbio “ Presto vedremo l’ennesimo tentativo di Berlusconi di rafforzare Mediaset a spese della RAI”.
Intanto l’amministratore delegato di Mediaset, Fedele Confalonieri, si è impegnato affinché-la rete trasmetta storie rassicuranti - “un po’ di Frank Capra”, come dice Confalonieri - che possono servire a distogliere l’attenzione della gente dalla crisi finanziaria e allo stesso tempo risollevare gli ascolti di Mediaset. Nelle tabelle autunnali di settembre/ottobre, Canale5, rete ammiraglia di Mediaset, è finita dietro RAI Uno che ha vinto col 22% di share in prima serata.
Curiosamente, l’ultimo grande flop di Mediaset è stato una serie intitolata “Crimini Bianchi”. Lungi dall’essere paragonabile a “La vita è una cosa meravigliosa” (film di Frank Capra - NdT), “Crimini” è incentrata su casi di malasanità, molto frequenti in Italia. La fiction, che cercava di approfittare del diffuso senso di sfiducia nei confronti dei dottori italiani, è stata sospesa da Canale 5 dopo i deludenti ascolti.
[Articolo originale di Nick Vivarelli]
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domenica 9 novembre 2008

OK, joke's over

Phil Gayle
guardian.co.uk
Silvio Berlusconi may be a fool, but he's not stupid. A self-made millionaire and unparalleled political operator, he started his own party and beat the entrenched interests of one of the world's most labyrinthine democracies to become Italy's prime minister. He did this while running a media empire and numerous business interests, including AC Milan, and managing to stay out of jail while fighting off several corruption lawsuits. A man who can do all of this in the country of Machiavelli is nobody's idiot.
So what does it say about him and the society from which he springs that he sees nothing wrong in mocking the skin colour of the next president of the United States, who he called "young, handsome and tanned''? His detractors should get a sense of humour, he says. Perhaps he's right. Humour is a great tool for pricking sacred cows. Oftentimes, we laugh when comic juxtaposition draws our attention to the sheer nuttiness or implausibility of a situation. But what does Berlusconi find so funny in the election of a black man to the highest office in the US?
It's hard to think that one country's leader would make such a crass statement about another, much less one waiting to assume power in US. But Berlusconi is not like other leaders. This is the man whose 1986 election campaign famously included the claim that the Chinese "boiled babies for fertiliser" during the Mao Zedong era.
Perhaps Berlusconi, while respecting the office of the president, believes that it's still OK to poke a little fun at Obama: Relax, people, it's just a joke. The guy's going to be president, but he's still just a man. That's the text. But what's the subtext? It's always the same: Relax, this guy may be a president (or bishop, football star or academic) but he's still just a black man.
Jokes like these are about status and power. George Bush gets to say "Yo, Blair" because he's president of the most powerful country on the planet and Blair isn't. Berlusconi gets to joke about Obama's "tan" because he's white and Obama isn't.
In fairness to Italy, reports point out that Berlusconi's comments received condemnation from his own countrymen. But the reported criticisms come from political opponents. Berlusconi, ever the showman, was playing beyond them, over their heads to an audience who elected him three times to lead their country.
Many reading this will happily write this off as the ramblings of another chippy black man. But it's only three weeks since Sheriff's deputies arrested two white supremacists on suspicion of plotting to assassinate the black presidential candidate. Do we expect that now his election has been confirmed, the rednecks will drop their rifles and salute? The most popular Google search at the moment is "assassinate Obama". Only a fool or a wilful optimist would believe that this is the only conspiracy out there.
Ask any prominent person of colour and they'll tell you stories of being racially abused by thugs one minute, only for the same hoodlums to turn around and politely ask for their autographs the next, when they recognise them. "Nothing personal, mate. You're OK. It's just them others." I once asked a very close white friend of mine to check over an application form I'd filled in. He did it willingly, and, having done so, asked why I'd made no mention of my ethnicity. When I pointed out that I'd done exactly what he would have, he told me that people would assume I was white and that it was therefore my duty to point out that I wasn't. When asked why it was necessary for me, but not for him, he pointed out (perfectly reasonably, he felt) that "we rule the world, Phil".
As of January 20, 2009, however, the most powerful man in the world will be black. It'll be interesting to see how many assumptions change.
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Quanto la invidio

La moglie di Sarkozy commenta duramente le parole di Berlusconi su Obama
"Siamo tutti pieni di speranza e di attesa, e sentire lui parlare a qual modo..."
Carla Bruni dopo la gaffe del Cavaliere
"Felice di non essere più italiana"

 
ROMA - "Mi fa uno strano effetto ascoltare Silvio Berlusconi prendere alla leggera" l'elezione di Barack Obama alla Casa Bianca e "scherzare" sul fatto che il presidente eletto Usa è "sempre abbronzato: lo ha detto in un'intervista al Journal du Dimanche la 'first lady' francese Carla Bruni, precisando "a volte di essere felice" per il fatto di aver acquisito la nazionalità francese.

"Credo che adesso siamo tutti pieni di speranza, di attesa. Per contrasto, quando sento Silvio Berlusconi prendere l'evento alla leggera, e scherzare sul fatto che obama è 'sempre abbronzato', mi stranisce. Si farà pure dell'umorismo... Ma certe volte sono molto felice di essere diventata francese!".
       
Nel sottolineare il proprio impegno a favore dell'uguaglianza e il suo sostegno in passato a Sos-Racime, nell'intervista l'ex top model rileva che ora, dato il suo nuovo ruolo di 'first lady', non firma più petizioni di questo tipo. "Se fossi solo la 'cantante' Carla Bruni, firmerei senza problemi il manifesto per l'uguaglianza in Francia, ma mi chiamo Bruni-Sarkozy" e pertanto ora "il mio nome mi appartiene meno", aggiunge Carla Bruni.
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Visti da fuori

Le 10 migliori gaffe di Silvio Berlusconi

[Telegraph]
Silvio Berlusconi è noto per le sue gaffe, i commenti sessisti, e le battute inappropriate
Il Presidente del Consiglio italiano, Silvio Berlusconi, è famoso per la sua sconsiderata giocosità.
Quando l’inevitabile polemica esplode in Italia o all’estero, Berlusconi spesso accusa la “stampa di sinistra” di averlo citato fuori dal contesto o accusa i giornalisti di ribaltare le sue parole.
Ecco alcune delle sue dichiarazioni peggiori:
               
• Su Mussolini: “Mussolini non ha mai ucciso nessuno. Mussolini mandava la gente in vacanza in esilio.”
• Sugli affari: “Un’altra ragione per investire in Italia è che abbiamo delle bellissime segretarie – ragazze splendide.”
• A un membro tedesco del Parlamento Europeo: “In Italia c’è un produttore che sta girando un film sui campi di concentramento nazisti – La proporrò per il ruolo di Kapò (una guardia scelta tra i prigionieri).”
• Sui votanti di sinistra: “Credo troppo nell’intelligenza del popolo italiano per pensare che ci siano così tanti coglioni in giro che votano contro il proprio interesse.”
• Dopo gli attacchi dell’11 Settembre: “Dobbiamo essere consapevoli della superiorità della nostra civiltà, un sistema che ha garantito benessere, rispetto dei diritti umani e – al contrario dei paesi islamici – rispetto dei diritti politici e religiosi.”
• Sui progetti per basare l’agenzia per la sicurezza alimentare in Finlandia invece che a Parma: “Parma è sinonimo di buona cucina. I Finlandesi non sanno nemmeno cosa sia il prosciutto.”
• Sulla sua carriera: “Non ho bisogno di essere eletto per ottenere il potere. Ho case in tutto il mondo, stupende barche, bellissimi aerei, una bellissima moglie e una meravigliosa famiglia. Sto facendo un sacrificio.”
• Durante una foto di gruppo dei leader dell’UE nel 2002 ha fatto il gesto delle corna alle spalle di un ministro spagnolo.
• Prima delle elezioni del 2006, che ha perso, ha detto che ogni italiano che non avesse votato per lui sarebbe stato un “coglione”.
• Sul suo ministro delle pari opportunità ed ex modella Mara Carfagna: “Andrei dappertutto con te, anche su un’isola deserta. Se non fossi già sposato, ti sposerei subito.”
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mercoledì 5 novembre 2008

Yes they can


È lui il passaggio a Nord-Ovest
Furio Colombo


Perché Obama? Puoi rispondere che è democratico e ragionevole in un mondo (l'America e la sua immensa influenza) dominato da una destra irragionevole. Ancora una volta devo la definizione al Premio Nobel Paul Krugmam. Non c'è dubbio che quando una persona per bene, come McCain si associa (o si lascia associare) a un personaggio come Sarah Palin, cacciatrice di orsi e di anticristi, il rispettabile candidato repubblicano entra nel magico e malefico mondo dell'irragionevole. Puoi rispondere che Obama ha percorso e percorre le strade degli Stati Uniti di oggi, gremite di persone isolate, spaventate, molte seriamente impoverite, tutte spossessate di una ragionevole visione del futuro. Mentre John McCain era intento ad avventurarsi nel passato, a cercare i riflettori della gloria, a sventolare bandiere.

Conta l'età. Non tutti sono vecchi a settant'anni. McCain lo è, in ogni parola, in ogni gesto, in tutto ciò che mostra di pensare, in tutto ciò che decide di ricordare. Non tutti sono giovani a 46 anni. Obama lo è, nel modo più rassicurante. Giovane e maturo. La sua maturità, l'allargamento davvero raro del suo orizzonte si deve al suo importante e presunto handicap: essere nero. Essere il primo afroamericano che si avventura nella zona di punta del potere. Cerco di spiegare.

Non è l'essere nero che dà a Obama una misura più ampia di confronto con il mondo. Barack Obama esiste ed è leader a causa del coraggio a volte straordinario di alcuni che lo hanno preceduto, dal Charles Wright di Ragazzo nero, al Ralph Ellison de L'uomo invisibile a Martin Luther King, il primo Nobel dei diritti civili e della non violenza. L'autorevolezza naturale di Obama, viene dal suo limpido riconoscersi con coloro che, dall'area più arrischiata ed emarginata dell'avventuroso paese America, lo hanno preceduto aprendo sentieri impossibili, guadagnando spazio e ottenendo il riconoscimento di un mondo ingiusto ma non cieco e non sordo. Barack Obama è autore di questo inedito miracolo nel mondo delle comunicazioni di massa invase di televisione: riempie piazze immense e non fa spettacolo. Non è il simbolo di qualcosa che riguarda qualcuno, è un simbolo che riguarda tutti. Quel ruolo è di essere esattamente se stesso. Dunque un uomo giovane, colto, competente, evidentemente dotato di leadership. Nero.

Barack Obama non esalta e non glissa, non fa il nero di professione e non fa mai finta di ignorare o di sorvolare su ciò che altri (tanti?) potrebbero giudicare insuperabile. La sua forza sta in quel «noi» con cui segna tutti i suoi discorsi, con cui chiama ciascun cittadino a non ignorare qualcosa di lui. Ma, piuttosto, a spostare su se stesso la responsabilità dunque la partecipazione a quel «noi».

Tutto ciò porta a dire: vedete, Barack Obama, benché sia nero, è un moderato. Chi lo dice deve avere trascurato di leggere o ascoltare il suo indimenticabile discorso sul razzismo. Con quel discorso, mettendo tutto alla luce del sole, compreso il militantismo ostile ai bianchi del pastore della sua Chiesa, Barack Obama si è impegnato, senza esitazione, senza remore, a guidare i suoi concittadini oltre il razzismo. Ha proposto di riconoscere uno stato di cose al di là del quale il paese America comincerà a esistere di nuovo. La posta è altissima, la più arrischiata, la più rivoluzionaria per Stati Uniti dopo la fine dello schiavismo, dopo il New Deal, dopo il Movimento per i diritti civili. Eventi come questi, quando accadono non cambiano solo l'America. Quando accadono, se accadono, cambiano il mondo.
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lunedì 3 novembre 2008

domenica 2 novembre 2008

Il Venerabile premier - Furio Colombo



Non sono d’accordo con Beppe Giulietti quando dice: “la P2 non va in onda”. Si riferisce all’iniziativa di Odeon Tv di affidare al “Venerabile” Licio Gelli la conduzione di un programma sulla storia italiana contemporanea. Perché privare il pubblico italiano di alcune ovvie verità che, però, quando sono dette da Travaglio o da me o da Giulietti stesso o da Pancho Pardi o da Paolo Flores D’Arcais vengono definite “Rigurgiti di antiberlusconismo viscerale” o “demonizzazione dell’avversario”?
Quello che è accaduto è che Odeon ha mandato in onda un “Promo” o “Trailer” come si fa per il lancio di grandi spettacoli. E si è capito che sta facendo la cosa giusta.
Finalmente, da fonte autentica e autorizzata (l’autore), possiamo sentir parlare del piano della Loggia Massonica P2 “per il rilancio del Paese”.
Sarebbe già abbastanza interessante constatare che quel piano, destinato a trasformare l’Italia nel Cile di Pinochet (o nella meticolosa repressione e persecuzione tentata e in parte realizzata nel G8 di Genova) corrisponde obiettivamente, punto per punto, alla “cultura del fare” attuata giorno per giorno da Silvio Berlusconi e dai suoi gerarchi.
Ma è ancora più interessante che la sola fonte autorizzata, Licio Gelli in persona, ci dica che Silvio Berlusconi è il vero e unico erede della Loggia P2 e il solo in grado di realizzare il piano golpista di quella loggia massonica.
Non doveva essere uno scherzo o una goliardata quel piano, se, al momento della scoperta, il Presidente della Repubblica Sandro Pertini ci ha avvertiti, in tempo reale, che non avrebbe mai ricevuto al Quirinale o stretto la mano a iscritti o ex iscritti della P2, indagati o non indagati.
Ma adesso, mentre il Venerabile Licio Gelli ripassa pubblicamente in televisione i punti fondamentali del suo programma eversivo e constata la coincidenza, punto per punto, con l’alacre lavoro distruttivo di Silvio Berlusconi e dei suoi (con una sola doglianza: a differenza di deputati e giornalisti, i magistrati sono ancora liberi) Licio Gelli proclama il suo successore.
E’ bene che gli italiani lo sappiano, perché, come la mafia, la loggia massonica non scherza e non parla a vanvera.
Il successore ed erede è l’attuale Primo Ministro italiano. Il Venerabile Silvio Berlusconi.
Ora sappiamo che P2 non è una accusa. E’ un titolo necessario per governare.
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sabato 1 novembre 2008

Visti da Fuori - Italiani brava gente?

Venti di Razzismo in Italia
 
[Le Monde]
Normalmente, la notizia non avrebbe oltrepassato i confini di Vigevano, provincia di Pavia (Lombardia). La sera di sabato 18 ottobre, l’arbitro di un incontro di basket fra Cat Vigevano e Bopers Casteggio si è così rivolto ad un giocatore che contestava una sua decisione: “Vai a raccogliere banane in Africa”. L’insulto era rivolto a Bryant Inoa Piantini, 20 anni, italiano di origini dominicane. Il giorno successivo, il quotidiano torinese “La Stampa” ha dedicato ampio spazio al resoconto di questa partita.
Normalmente…ma nell’Italia di oggi, non passa una settimana senza che accadano episodi di natura razzista. La lista è già lunga. Dopo gli incendi dolosi dei campi Rom che hanno segnato la primavera e l’estate, sono sopraggiunte le aggressioni.
Il 14 settembre a Milano, un ragazzo originario del Burkina Faso, Abdul Guibré, è stato ucciso a colpi di spranga dai gestori (padre e figlio) di un bar dove il ragazzo aveva rubato un pacco di biscotti. “Sporco negro” hanno sentito i testimoni.
Il 29 settembre, a Parma (Emilia Romagna), Emmanuel Bonsu-Forster, 22 anni, originario del Ghana, viene fermato dai vigili urbanie portato al comando per un. Ne esce qualche ora più tardi, con un occhio gonfio, una gamba rotta, tenendo fra le mani in mano la busta nella quale protegge i suoi documenti. “Emmanuel Negro”, vi hanno scritto sopra i vigili, non avendo capito come si scriveva il suo nome.
Il 2 ottobre a Roma, nel quartiere difficile di Tor Bella Monaca, Tong Hongshen, 36 anni, viene preso a calci e pugni da cinque adolescenti davanti alla fermata dell’autobus. “Cinese di merda” urla uno degli aggressori.
A questa litania si aggiunge il massacro di Castel Volturno (Campania): sette persone, di cui sei africani, sono morti sotto i colpi dei killer della Camorra. Crimine razzista? Alcuni lo pensano. Le immagini della manifestazione organizzata il giorno successivo lungo la strada principale di quella terra desolata hanno fatto il giro delle agenzie di stampa: immigrati africani che brandiscono segnali stradali, spazzatura incendiata, automobili rovesciate equelle grida:”Italiani razzisti!”
Da allora,la stampa tiene il bilancio preciso di tutte le manifestazioni di razzismo. Da un lato una marocchina insultata, dall’altro una prostituta africana lasciata nuda nella stanza di un commissariato, poi un venditore senegalese picchiato a colpi di mazza da baseball per aver osato esporre la sua paccottiglia vicino agli ambulanti italiani. Nei telegiornali della Penisola, questi atti di violenza nei confronti degli stranieri si intrecciano ormai con l’elenco dei reati commessi dagli “extracomunitari”.
Sociologi, psicologi, vescovi, politici si accalcano al capezzale della Penisola. Persino il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, è preoccupato: “E’ allarme razzismo”. Cosa sono diventati questi “Italiani brava gente” che hannofatto la notorietà dell’accoglienza in Italia? Impregnati di tradizione cattolica e compassione, gli Italiani hanno in passato accolto gli stranieri a braccia aperte. “Il razzismo non è nel nostro DNA” riprendono in coro i politici di maggioranza delle città nelle quali hanno avuto luogo le violenze.
Allora, cosa sta succedendo? I sociologi avanzano un’ipotesi: paese d’emigrazione, l’Italia è diventata in meno di trent’anni un paese di immigrazione. Un cambiamento troppo rapido per essere assecondato. L’ultimo censimento effettuato rilevava 3.432.651 immigrati regolari, di cui 457.000 nati su suolo italiano. Sono più numerosi al Nord, ricco e prospero, che al Sud.
Per scoraggiare i potenziali immigrati, sotto l’influenza della Lega Nord, partito chiaramente xenofobo, il Governo punisce gli immigrati, presentati come una fonte di minore sicurezza. Moltiplica gli ostacoli alla loro integrazione. Il Ministro dell’Interno, Roberto Maroni, eccelle in questo esercizio. Un giorno propone il permesso di soggiorno a punti, un altro le classi separate per i bambini stranieri, un altro ancora la negazione di cure mediche ai clandestini.
Il sindaco di Oppeano (Lombardia) preferisce acquistare terreni anziché vedere musulmani suoi concittadini costruirci sopra una moschea. Il vicesindaco di Treviso si chiede: “Una moschea? Ma che vadano a pregare e a pisciare nel deserto!” Il capogruppo della Lega Nord nel Consiglio della Regione Friuli-Venezia Giulia rifiuta di ospitare una mostra sull’Africa a Pordenone perchè “di immigrati non ne vogliamo vedere più, nemmeno in fotografia, qui sono già il 25% della popolazione.” Il sindaco di Verona lunedì 20 ottobre ha fatto ricorso alla sentenza di condanna a due mesi di prigione e a tre anni di interdizione dei diritti civili: aveva distribuito dei volantini su cui era scritto “Fuori i Rom”. “La Lega è l’incubatrice del razzismo” scrive il giurista di centro-sinistra Stefano Rodotà.
Italia razzista? E’ “un fenomeno di automutilazione” spiega Mario Marazitti, della comunità di Sant’Egidio, che opera nelle realtà più svantaggiate. “Senza gli immigrati – prosegue – l’Italia perderebbe ogni anno abitanti einvecchierebbe . Gli immigrati regolari pagano ogni anno 2 miliardi di euro di tasse. Criminalizzando gli irregolari li si rende più fragili, li si emargina e si finisce per gettarli nelle braccia del crimine organizzato. A New York, nel 1904, gli italiani erano all’origine del 51% dei delitti commessi nella città, pur rappresentando soltanto il 5% della popolazione.”
L’Italia razzista? Sociologo all’Università di Bologna, Mario Barbagli ha dedicato tre libri (Edizioni Laterza) alla questione. “Negli anni Novanta, l’alta percentuale degli immigrati fra gli spacciatori e le prostitute ha spinto la gente a pensare che l’immigrazione fosse la causa principale della minore sicurezza. Ma questa non era che una delle conseguenze del loro rifiuto”.
Italia razzista? “Diciamo che il terreno è fertile” spiega il deputato di centro-sinistra Sandro Gozi. Gli immigrati sono ormai considerati da molti italianicome rivali per l’accesso alle cure mediche, agli alloggi. Se non sviluppiamo un discorso più positivo nei loro riguardi, rischiamo una guerra fra poveri”. Nel 2006, alla guida di una commissione parlamentare, Gozi ha redatto un dossier di 650 pagine nelle quali deplorava “l’assenza di un modello nazionale di integrazione e di riflessione sulla multiculturalità.” “Abbiamo bisogno di politiche strutturali – prosegue – non di soluzioni di emergenza. Le buone pratiche esistono. Queste ci devono ispirare.”
Per vederle, direzione Emilia-Romagna, a Reggio Emilia. 162.000 abitanti nel 2007, di cui 21.334 stranieri, il 13,18% della popolazione. Nel 2000 non erano che 7.900. Reggio e il suo 2% di disoccupazione, Reggio e le sue produttive industrie meccaniche, Reggio luogo di nascita delle prime cooperative, è diventata per gli immigrati uneden , la promessa di una vita stabile. Un tempo comunista, il Comune accorda il 50% del suo budget alle spese sociali. Il 40% dei bambini da 1 a 6 anni va a scuola o all’asilo (contro la media italiana del 9%). Gli imprenditori, che qui hanno bisogno di manodopera integrata e felice, sostengono la politica del sindaco, Graziano Delrio (centro-sinistra). La casa di alta moda Prada, che ha una sede a Reggio, ha offerto una scuola, pagata subito fino all’ultimo centesimo.
“Ma attenzione” dice Delrio “accoglienza non significa carità. Noi chiediamo agli immigrati di comportarsi da uomini. Devono essere degli interlocutori.” Approfittando di un fitto tessuto associativo e di una struttura efficace, Mondo Insieme, Reggio propone ai suoi nuovi abitanti un vero e proprio kit di integrazione, che passa prima di tutto attraverso la scuola e il lavoro. Tutti i servizimunicipali e la metà degli impiegati sono coinvolti. “L’immigrazione è il problema più importante dell’Italia” afferma il sindaco.
Attraverso i centri sociali, Reggio si sforza di moltiplicare i punti di contatto fra stranieri e italiani, soprattutto nel quartiere della stazione ferroviaria, dove vivono più del 50% degli immigrati. “Ci si rende conto che il ristoratore cinese ha gli stessi problemi del barbiere italiano”, spiega il membro di un’associazione. Risultato: la città è diventata una fra le più sicure d’Italia. “Le cose che si sentono alla radionon arrivano a Reggio” assicura Bandaogo Seni, un immigrato venuto dal Burkina Faso. Ma tutti lo ammettono: “Il contesto politico rende le cose più difficili”. Perché il sindaco e i suoi collaboratori non possono offrire agli immigrati “extracomunitari” quello che lo Stato nega loro e che reclamano maggiormente: il diritto di voto alle elezioni amministrative e procedure di accesso alla cittadinanza italiana più rapide – lo jus sanguinis prevale dall’epoca in cui gli Italiani emigravano in tutto il mondo. “Il governo tratta l’immigrazione come se le persone un giorno ripartissero per il loro paese, come gli italiani che sono ritornati nella loro terra dopo aver fatto fortuna”, si lamenta André Lekeunen, studente di diritto camerunense.
Malgrado tre leggi sull’immigrazione, malgrado la politica repressiva del governo, ogni giorno o quasi nuove imbarcazioni abbandonano la loro valanga di clandestini spaventati e intirizziti nel porto di Lampedusa. I 14 centri di prima accoglienza della Penisola sono diventati troppo piccoli. Il governo ne promette 10 supplementari e alloggia gli immigrati appena arrivati in alberghi. Ogni giorno, la tensione fra gli italiani e i nuovi arrivati sale.
Mario Marazitti, della comunità di Sant’Egidio, si ricorderà per molto tempo della visita a Roma del ministro della giustizia del Burkina Faso. La stava accompagnando a Palazzo Chigi, sede del governo, per firmare un accordo fra il Burkina Faso e l’Italia perorganizzare meglio il censimento della popolazione immigrata, quando un tizio ha urlato al passaggio della donna ministro “Negra, torna a casa tua!”
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