venerdì 31 ottobre 2008

La tv dell'apocalisse

La tv dell'apocalisse
Roberto Brunelli

Qualche volta vien da pensare all'apocalisse. Niente anime dannate, giudizi universali, armagheddon fiammeggianti o bizzarrie del genere, niente film catastrofici, glaciazioni improvvise, meteori giganti che si spiaccicano sulla Terra. No, vien da pensarci guardando la tv della domenica sera, o i giochini dove i conduttori fanno domande da scemi a gente che pare fatta con lo stampino: "La ciambella è: a) un attrezzo per nuotare; b) una pastella fritta col buco; c) un cellula fotovoltaica?". I coraggiosi che si soffermano chissà perché sull'incredibile programma di Pupo, hanno avuto modo di assistere ad alcuni dei peggiori numeri comici di tutti i tempi: roba di gente che casca per terra, con battute flaccide come un pesce marcio. Nemmeno il pubblico in studio, sobillato dallo staff della trasmissione, riesce ad applaudire.

Ora, il tema è più stringente di quello che si potrebbe pensare, nel senso che ha che vedere strettamente con la qualità della convivenza nel nostro paese, visto che l'Italia è imbevuta di monocultura televisiva sempre più uguale a se stessa. Gli esempi vengono dall'estero: mentre i media si scannano su Obama & McCain e politologi perdono il sonno cercando di eviscerare i vantaggi di un new-new deal, da apposite ricerche statunitensi arriva la drammatica scoperta che circa un terzo dell'elettorato americano ignora che differenze che siano tra i democratici e i repubblicani. Non solo. I due terzi decidono cosa pensare dei candidati alla Casa Bianca in base agli spot in tv. Meno della metà sa che l'America è l'unica potenza ad aver fatto uso della bomba atomica, e più o meno gli stessi fino al 2005 pensavano che l'attentato dell'11 settembre fosse stata opera di Saddam. A proposito: il 60% dei cittadini statunitensi non sa dove diamine si trovi l'Iraq.

L'Italia? Si suppone che ancora non sia a livelli americani. Ma, di reality in reality, di giochetti milionari in meteorine e veline, e in sovrappiù in complicità con una politica governativa volta a destrutturare completamente la scuola pubblica, è fin troppo facile profetizzare che la strada è quella. "Analfabetismo di ritorno", viene chiamata questa malattia, e gli schermi nostrani s'impegnano assai a contribuire massicciamente a questa smobilitazione dei cervelli. La mattina c'è gente che, nel migliore dei casi, gira con la pastasciutta in mano, la sera si conclude con programmi di estensione ciclopica la cui massima vetta di civiltà è la celebrazione della tv del passato o il tripudio di miracoli venduti un tanto al chilo in diretta nazionale, in mezzo ci sono i salotti del pomeriggio dove contrabbandare miserie varie come aspirazioni collettive.

Pensare male, diceva Moretti. Parlava - e prima di lui Pasolini - della progressiva e collettiva destrutturazione delle menti, in qualche modo inquinate da un linguaggio che si presenta ogni giorno di più come un terreno devastato, sempre più oscuro nella sua apparente popolarizzazione. Perdita di senso: in fondo, è questa l'apocalisse. No?
Blogged with the Flock Browser

Teleloggia P2

Gelli: il nuovo capo della P2? «Il mio erede è Berlusconi»
Per il "gran maestro" un programma tv


Adesso ha un programma tutto suo su Odeon tv e sfrutta la rinnovata ribalta per passare il testimone. Licio Gelli, capo della loggia massonica P2, non ha dubbi: per l'attuazione del Piano di Rinascita democratica della P2, «l'unico che può andare avanti è Berlusconi». L’investitura arriva durante la conferenza stampa di presentazione di Venerabile Italia, il programma che Gelli condurrà sull’emittente tv: «L'unico che può andare avanti è Berlusconi: non perché era iscritto alla P2, ma perché ha la tempra del grande uomo che ha saputo fare, anche se ora mostra un po’ di debolezza perché non si avvale della maggioranza parlamentare che ha».

Sembra una barzelletta. Invece è una vergogna. Soprattutto perché a Gelli viene regalata una tribuna tutta per sé. Il tema del programma sarà la storia d'Italia. Il capo della loggia massonica P2 racconterà la sua versione, magari sulla strage di Bologna, per cui è stato condannato per depistaggio. O sulla repubblica di Salò a cui aderì, o su Gladio, o su qualsiasi delle pagine grigie (se non nere) dalla storia del nostro paese a cui Gelli è legato.Il programma ha già degli ospiti, Anche questi poco fantasiosi: per la prima puntata Giulio Andreotti, Marcello Veneziani e Marcello Dell'Utri. Si parlerà di fascismo.

Forse, per chiarire il contesto, è utile ricordare la sua fedina penale. Licio Gelli è stato condannato con sentenza definitiva per i seguenti reati: procacciamento di notizie contenenti segreti di Stato, calunnia nei confronti dei magistrati milanesi Colombo, Turone e Viola, tentativi di depistaggio delle indagini sulla strage alla stazione di Bologna e Bancarotta fraudolenta (per il fallimento del Banco Ambrosiano è stato condannato a 12 anni). Se lui considera Berlusconi il suo erede più credibile non abbiamo troppo di che stare tranquilli. Anche perché, come se non bastasse quello che sta facendo, Gelli dà anche consigli al suo “figliol prodigo”: «Se uno ha la maggioranza deve usarla, senza interessarsi della minoranza. Non mi interessa la minoranza, che non deve scendere in piazza, non deve fare assenteismo, e non ci devono essere offese. Ci sono provvedimenti che non vengono presi perché sono impopolari, e invece andrebbero presi: bisogna affondare il bisturi o non si può guarire il malato».
Blogged with the Flock Browser

giovedì 30 ottobre 2008

Come da copione

Caschi, passamontagna e bastoni. E quando passa Cossiga
un anziano docente urla: "Contento ora?"

Un camion carico di spranghe
e in piazza Navona è stato il caos

La rabbia di una prof: quelli picchiavano e gli agenti zitti
di CURZIO MALTESE


AVEVA l'aria di una mattina tranquilla nel centro di Roma. Nulla a che vedere con gli anni Settanta. Negozi aperti, comitive di turisti, il mercatino di Campo dè Fiori colmo di gente. Certo, c'era la manifestazione degli studenti a bloccare il traffico. "Ma ormai siamo abituati, va avanti da due settimane" sospira un vigile. Alle 11 si sentono le urla, in pochi minuti un'onda di ragazzini in fuga da Piazza Navona invade le bancarelle di Campo dè Fiori. Sono piccoli, quattordici anni al massimo, spaventati, paonazzi.

Davanti al Senato è partita la prima carica degli studenti di destra. Sono arrivati con un camion carico di spranghe e bastoni, misteriosamente ignorato dai cordoni di polizia. Si sono messi alla testa del corteo, menando cinghiate e bastonate intorno. Circondano un ragazzino di tredici o quattordici anni e lo riempiono di mazzate. La polizia, a due passi, non si muove.

Sono una sessantina, hanno caschi e passamontagna, lunghi e grossi bastoni, spesso manici di picconi, ricoperti di adesivo nero e avvolti nei tricolori. Urlano "Duce, duce". "La scuola è bonificata". Dicono di essere studenti del Blocco Studentesco, un piccolo movimento di destra. Hanno fra i venti e i trent'anni, ma quello che ha l'aria di essere il capo è uno sulla quarantina, con un berretto da baseball. Sono ben organizzati, da gruppo paramilitare, attaccano a ondate. Un'altra carica colpisce un gruppo di liceali del Virgilio, del liceo artistico De Chirico e dell'università di Roma Tre. Un ragazzino di un istituto tecnico, Alessandro, viene colpito alla testa, cade e gli tirano calci. "Basta, basta, andiamo dalla polizia!" dicono le professoresse.

Seguo il drappello che si dirige davanti al Senato e incontra il funzionario capo. "Non potete stare fermi mentre picchiano i miei studenti!" protesta una signora coi capelli bianchi. Una studentessa alza la voce: "E ditelo che li proteggete, che volete gli scontri!". Il funzionario urla: "Impara l'educazione, bambina!". La professoressa incalza: "Fate il vostro mestiere, fermate i violenti". Risposta del funzionario: "Ma quelli che fanno violenza sono quelli di sinistra". C'è un'insurrezione del drappello: "Di sinistra? Con le svastiche?". La professoressa coi capelli bianchi esibisce un grande crocifisso che porta al collo: "Io sono cattolica. Insegno da 32 anni e non ho mai visto un'azione di violenza da parte dei miei studenti. C'è gente con le spranghe che picchia ragazzi indifesi. Che c'entra se sono di destra o di sinistra? È un reato e voi dovete intervenire".

Il funzionario nel frattempo ha adocchiato una telecamera e il taccuino: "Io non ho mai detto: quelli sono di sinistra". Monica, studentessa di Roma Tre: "Ma l'hanno appena sentito tutti! Chi crede d'essere, Berlusconi?". "Lo vede come rispondono?" mi dice Laura, di Economia. "Vogliono fare passare l'equazione studenti uguali facinorosi di sinistra". La professoressa si chiama Rosa Raciti, insegna al liceo artistico De Chirico, è angosciata: "Mi sento responsabile. Non volevo venire, poi gli studenti mi hanno chiesto di accompagnarli. Massì, ho detto scherzando, che voi non sapete nemmeno dov'è il Senato. Mi sembravano una buona cosa, finalmente parlano di problemi seri. Molti non erano mai stati in una manifestazione, mi sembrava un battesimo civile. Altro che civile! Era stato un corteo allegro, pacifico, finché non sono arrivati quelli con i caschi e i bastoni. Sotto gli occhi della polizia. Una cosa da far vomitare. Dovete scriverlo. Anche se, dico la verità, se non l'avessi visto, ma soltanto letto sul giornale, non ci avrei mai creduto".

Alle undici e tre quarti partono altre urla davanti al Senato. Sta uscendo Francesco Cossiga. "È contento, eh?" gli urla in faccia un anziano professore. Lunedì scorso, il presidente emerito aveva dato la linea, in un intervista al Quotidiano Nazionale: "Maroni dovrebbe fare quel che feci io quand'ero ministro dell'Interno (...) Infiltrare il movimento con agenti pronti a tutto, e lasciare che per una decina di giorni i manifestanti devastino le città. Dopo di che, forti del consenso popolare, il suono delle sirene delle ambulanze dovrà sovrastare quello delle auto della polizia. Le forze dell'ordine dovrebbero massacrare i manifestanti senza pietà e mandarli tutti all'ospedale. Picchiare a sangue, tutti, anche i docenti che li fomentano. Magari non gli anziani, ma le maestre ragazzine sì".

È quasi mezzogiorno, una ventina di caschi neri rimane isolata dagli altri, negli scontri. Per riunirsi ai camerati compie un'azione singolare, esce dal lato di piazza Navona, attraversa bastoni alla mano il cordone di polizia, indisturbato, e rientra in piazza da via Agonale. Decido di seguirli ma vengo fermato da un poliziotto. "Lei dove va?". Realizzo di essere sprovvisto di spranga, quindi sospetto. Mentre controlla il tesserino da giornalista, osservo che sono appena passati in venti. La battuta del poliziotto è memorabile: "Non li abbiamo notati".

Dal gruppo dei funzionari parte un segnale. Un poliziotto fa a un altro: "Arrivano quei pezzi di m e r d a di comunisti!". L'altro risponde: "Allora si va in piazza a proteggere i nostri?". "Sì, ma non subito". Passa il vice questore: "Poche chiacchiere, giù le visiere!". Calano le visiere e aspettano. Cinque minuti. Cinque minuti in cui in piazza accade il finimondo. Un gruppo di quattrocento di sinistra, misto di studenti della Sapienza e gente dei centri sociali, irrompe in piazza Navona e si dirige contro il manipolo di Blocco Studentesco, concentrato in fondo alla piazza. Nel percorso prendono le sedie e i tavolini dei bar, che abbassano le saracinesche, e li scagliano contro quelli di destra.

Soltanto a questo punto, dopo cinque minuti di botte, e cinque minuti di scontri non sono pochi, s'affaccia la polizia. Fa cordone intorno ai sessanta di Blocco Studentesco, respinge l'assalto degli studenti di sinistra. Alla fine ferma una quindicina di neofascisti, che stavano riprendendo a sprangare i ragazzi a tiro. Un gruppo di studenti s'avvicina ai poliziotti per chiedere ragione dello strano comportamento. Hanno le braccia alzate, non hanno né caschi né bottiglie. Il primo studente, Stefano, uno dell'Onda di scienze politiche, viene colpito con una manganellata alla nuca (finirà in ospedale) e la pacifica protesta si ritrae.

A mezzogiorno e mezzo sul campo di battaglia sono rimasti due ragazzini con la testa fra le mani, sporche di sangue, sedie sfasciate, un tavolino zoppo e un grande Pinocchio di legno senza più una gamba, preso dalla vetrina di un negozio di giocattoli e usato come arma. Duccio, uno studente di Fisica che ho conosciuto all'occupazione, s'aggira teso alla ricerca del fratello più piccolo. "Mi sa che è finita, oggi è finita. E se non oggi, domani. Hai voglia a organizzare proteste pacifiche, a farti venire idee, le lezioni in piazza, le fiaccolate, i sit in da figli dei fiori. Hai voglia a rifiutare le strumentalizzazioni politiche, a voler ragionare sulle cose concrete. Da stasera ai telegiornali si parlerà soltanto degli incidenti, giorno dopo giorno passerà l'idea che comunque gli studenti vogliono il casino. È il metodo Cossiga. Ci stanno f o t t e n d o".

mercoledì 29 ottobre 2008

Furio Colombo - Regime si , regime no

Ogni tanto ti ammoniscono: “Sbagliato dire che in Italia c’è un Regime. La libertà di espressione nel nostro Paese è totale”. La frase è stata pronunciata da Carlo De Benedetti a “Che tempo che fa” di Fabio Fazio.

E’ lo stesso programma tv in cui il conduttore ha dovuto chiedere scusa agli ascoltatori “Per il livore di Furio Colombo”, costretto dal Direttore Generale Sacca. Fazio si riferiva al programma del giorno precedente a cui avevo partecipato con Mike Bongiorno. La frasi imperdonabili erano le seguenti: “Berlusconi è una barzelletta che cammina”. E “In ogni viaggio all’estero incontro sempre persone che mi rivolgono espressioni di ironia e compatimento e fanno allusioni ai processi e alle imputazioni 'del vostro Silvio'”.

Negli anni seguenti il conduttore di “Che tempo che fa”, come i gatti scottati, si è guardato bene dal rinnovare l’invito, come del resto gli altri “liberal” della Rai. Deve essere stato detto loro con chiarezza che c’è un limite a tutto. Certo, per restare con De Benedetti, io sono libero di piazzarmi all’angolo della strada e dire quello che penso di Berlusconi.

Una bella definizione sulla questione “C’è un Regime in Italia”, la ha data il “New York Times” del 20 ottobre: “Gli italiani si dividono in due gruppi: quelli che lavorano per Berlusconi e quelli che lavoreranno per Berlusconi”. Il Regime, anche quando non ha bisogno di carri armati, ha un suo clima che è difficile non notare.

Nella trasmissione “L’Infedele”, il deputato Cota, Lega Nord, si è rivolto a Gad Lerner con queste gentili parole: “Quando la smetterà lei di far finta di essere intelligente?”. Cota è l’autore della “Mozione” che impone il sistema dello Apartheid ai bambini immigrati nelle scuole italiane.

Alla Camera il deputato Consolo (An) si è rivolto con un urlo al deputato Giachetti (Pd): “Ma la volete capire che comandiamo noi?”. Giachetti aveva cautamente osservato che i berlusconiani avevano appena votato una legge senza essere in numero legale.

NESSUN GIORNALE HA DATO CONTO DELL’EPISODIO. GIACHETTI E’ LIBERO DI RACCONTARLO IN CASA.

Furio Colombo
Blogged with the Flock Browser

martedì 28 ottobre 2008

Visti da fuori

Il premier cavalca la crisi


[International Herald Tribune]

ROMA. Questo mese, con il crollo dei mercati e il panico degli investitori, Silvio Berlusconi, il Presidente del Consiglio miliardario italiano, ha visto scendere in picchiata del 40% il valore delle azioni di alcune sue società. Eppure è sembrato più allegro che mai, mentre gozzovigliava fino all’alba in una discoteca a Milano di ritorno da un summit europeo su come affrontare la crisi finanziaria.

“Se dormo tre ore, ho ancora abbastanza energia per fare l’amore per altre tre ore” scrive il giornale “La Repubblica” citando le parole del premier che così si è rivolto ai più giovani. “Mi auguro che quando avrete raggiunto 70 anni, sarete in forma quanto me.”

Al di là della teatralità e dell’umorismo da camerata per cui l’Italia tanto lo ama e lo odia, la citazione riflette una verità: Berlusconi, 72 anni, è a cavallo. Il suo potere e la sua influenza sono più grandi che mai. Il motivo: quest’uomo, già in una posizione unica nel cuore economico e politico dello stato, controlla ora anche miliardi di dollari di denaro pubblico per salvare imprese private nel caso dovessero averne bisogno, come è probabile.

Questa ulteriore espansione del potere di Berlusconi, che alcuni denunciano come pericolosa e che altri definiscono necessaria in tempi difficili, conferma un luogo comune: “Esistono due tipi di italiani, quelli che lavorano per Berlusconi e quelli che stanno per farlo”.
Berlusconi “influenza l’economia, che ora ha bisogno dello Stato” ha dichiarato Stefano Folli, un commentatore politico. “Se l’economia ha bisogno dello Stato, ha bisogno di lui”. Questo nuovo potere economico arriva in un momento in cui Berlusconi gode di un potere politico mai avuto in 15 anni di pubblico ufficio.

Questo potere lo colloca tra i leader mondiali il cui successo politico sembra essere potenziato dalla crisi, insieme al Primo Ministro britannico Gordon Brown che ha invocato un piano di salvataggio per la sua banca. I perdenti sembrano essere il presidente George W. Bush, i cui già sfavorevoli sondaggi sono stati ulteriormente compromessi dalle turbolenze finanziarie, e il Primo Ministro russo Vladimir V. Putin, colpito dalla caduta dei prezzi del petrolio e dal contraccolpo internazionale causato dalla guerra con la Georgia ad agosto.

In parlamento, la coalizione di centro-destra di Berlusconi “Il Popolo della Libertà” è stata eletta nel mese di aprile con un ampio vantaggio di nove punti. E’ più forte che mai, dopo essersi sbarazzata di alcuni piccoli partiti di destra e può governare praticamente indisturbata dall’opposizione, grazie all’implosione della sinistra seguita alle elezioni. Nel corso del fine settimana, il principale gruppo d’opposizione, il Partito Democratico, si è diviso dal partito centrista alleato, l’Italia dei Valori, frammentando ulteriormente il centro-sinistra, i cui conflitti interni non sembrano avere fine.

“Questa è una fase in cui Berlusconi non ha rivali” ha dichiarato Ferruccio de Bortoli, direttore del rispettato quotidiano finanziario “Il Sole 24 Ore”, “dubito che sia un bene per il paese”.

In Italia lo stato è sempre stato protagonista, in un’economia in cui le conoscenze personali sono di importanza critica. E nelle ultime settimane l’Italia, come la maggior parte dei paesi europei, è stata impegnata a salvare istituzioni finanziarie in pericolo. Ma un capo del governo che è il più potente uomo d’affari e uno degli uomini più ricchi nel settore privato, potrebbe innalzare il clientelismo ad un nuovo livello.

In molti paesi, la popolarità del leader spesso aumenta e diminuisce a seconda della situazione economica. Ma questo non sembra essere il caso italiano.
Dal primo settembre, il mercato finanziario di Milano è sceso del 22% e l’ansia per l’economia cresce con gli aumenti dei tassi d’interesse sui mutui. Il tasso di gradimento per Berlusconi ha invece raggiunto il 62%, secondo un sondaggio pubblicato la scorsa settimana dal quotidiano di centro-sinistra “La Repubblica”.

La critica di sinistra, che comprende il leader del Partito Democratico Walter Veltroni, ha attribuito il successo del premier alla sua influenza nella televisione pubblica e privata. Berlusconi è proprietario di Mediaset, l’emittente privata più grande in Italia. L’autorità per le garanzie nelle comunicazioni ha recentemente denunciato “uno squilibrio” nei programmi televisivi di affari pubblici del mese di settembre, osservando che è stato dedicato molto più tempo al governo che all’opposizione.

Anche se Berlusconi ha dichiarato che l’economia italiana non è in recessione, punto di vista che molti mettono in discussione, martedì ha convocato una riunione per la prossima settimana con le banche e Confindustria, la Confederazione Generale dell’Industria Italiana, per assicurarsi che “la crisi finanziaria non colpisca l’economia reale”, come ha affermato.
Complessivamente, Berlusconi sembra aver rassicurato gli italiani che lo Stato non li lascerà soli.

Berlusconi ha anche cercato di promuovere gli investimenti, a modo suo.

Questo mese è stato criticato per aver sollecitato gli italiani ad acquistare azioni Eni ed Enel, le più grandi società energetiche in Italia. Emma Bonino, vice Presidente del Senato e membro del Partito Radicale, ha detto la promozione di certe azioni da parte del Presidente del Consiglio è “un evidente conflitto di interessi”.

Giulio Tremonti, potente Ministro delle Finanze di Berlusconi, gode di rispetto ed sembra aver anticipato dell’attuale crisi, descritta nel suo libro “La paura e la speranza” pubblicato la scorsa primavera, in cui ha predetto la svolta negativa della globalizzazione. La scorsa settimana, Tremonti ha dichiarato che il governo sarebbe stato preparato a salvare le banche, caso per caso.

Ma la preoccupazione per il potere di Berlusconi e il suo governo è talmente elevata che lunedi Tremonti ha cercato di sminuire i timori in merito a più sostanziali interventi dello Stato. Ha dichiarato che il governo deciderà a malincuore di intervenire, affermando che potrebbe essere “gravemente dannoso” per la “salute politica” del paese. “Potrebbe essere necessario, ma non è assolutamente un’opportunità” ha dichiarato.

Tremonti gode anche del sostegno dei partiti di centro-destra della coalizione ed è riuscito a far approvare alcune misure di bilancio durante l’estate, dando al governo una maggiore flessibilità nella crisi attuale. Le norme di bilancio normalmente paralizzano il Parlamento per l’intero autunno.

Ma non tutti sono convinti.

Per tutte le previsioni di Tremonti “è stato sbagliato il bilancio, perché presupponeva la crescita” ha dichiarato Pier Luigi Bersani, Ministro ombra delle Finanze per i democratici. Martedì, il Fondo Monetario Internazionale ha previsto due anni di recessione per l’Italia. La scorsa settimana, Confindustria ha previsto che l’economia italiana dovrebbe ridursi dello 0,5%, invece di crescere dello 0,4%.

È difficile stimare quanto l’impero Berlusconi abbia perso. Martedì la sua holding Fininvest, che non ha azioni pubbliche, ha annunciato che quest’anno il profitto netto è sceso del 20%. Le azioni Mediaset sono scese del 40% dall’inizio dell’anno, mentre la casa editrice Mondadori ha perso quasi la metà. Le azioni della compagnia di assicurazioni Mediolanum hanno registrato un calo del 40% circa.

Più in generale, Berlusconi ha consolidato la propria posizione nell’economia italiana, la settima al mondo.
Sua figlia Marina ora siede nel Consiglio di Amministrazione di Mediobanca, la celebre banca d’investimenti milanese che per decenni è stata il contrappeso al finanziamento statale e la roccaforte di vecchio denaro per il suo nuovo.

Berlusconi ha recentemente avvertito che le aziende italiane sarebbero aperte ad acquisizioni ostili e spera di far approvare una legge che renderà tali acquisizioni più difficili. Le critiche temono che tale legge potrebbe ridurre gli investimenti stranieri e lasciare il potere nelle mani di poche figure tutte italiane.
“Ostili a chi?” ha chiesto venerdì Tito Boeri, economista vicino alla sinistra, sulla prima pagina de “La Repubblica”. “Ostili alla nostra economia o alle grandi famiglie che ora gestiscono il capitalismo italiano?”.

A mano a mano che la crisi del credito si aggrava, Berlusconi si avvicina alle due principali banche d’investimento italiane, Unicredit e Intesa Sanpaolo, i cui manager non si sono mostrati vicini alla coalizione di centro-destra.
Per ordine di Berlusconi, Corrado Passera, amministratore delegato di Intesa Sanpaolo, ha collaborato con il governo per studiare il recente salvataggio della compagnia aerea Alitalia. In campagna elettorale, Berlusconi aveva promesso di mantenere italiana la compagnia di bandiera, il che significava nazionalizzare le perdite e negoziare il resto per portare investitori privati ad acquistare la maggioranza delle azioni.

Le azioni Unicredit sono crollate nelle ultime settimane, ma la banca è finora sfuggita alla necessità di chiedere aiuto allo Stato. La scorsa settimana, il governo della Libia ha acquistato una quota del 5%, diventando così il secondo maggiore azionista.

Qualora la ricapitalizzazione privata fallisse e Unicredit si dovesse rivolgere a Berlusconi per il finanziamento statale, si finirebbe a “ridurre l’indipendenza di queste importanti banche che finora erano rimaste fuori dalla sua portata” ha dichiarato Michele Polo, professore di economia presso l’Università Bocconi di Milano.

Tutto questo potere di Berlusconi giova al paese?
“La mia risposta immediata è sì” ha detto Alberto Bombassei, Vice Presidente di Confindustria. “In momenti difficili, avere un governo più deciso è un bene per il paese”.
Al di là dell’incertezza economica, Berlusconi, che sembra godersi la vita sull’orlo del precipizio, rimane ancora vulnerabile. E’ processato in contumacia a Milano, con l’accusa di aver occultato conti bancari illegali. La corte costituzionale italiana al momento sta esaminando una legge che gli concederebbe l’immunità.

Paolo Bonaiuti, portavoce di Berlusconi, ha dichiarato che le osservazioni diffuse sul potere del premier sarebbero esagerate. “Egli ha il sostegno del pubblico” ha detto Bonaiuti. “Qual è il problema?”.
Blogged with the Flock Browser

Passaparola del 27 ottobre 2008

Embedded Video

Blogged with the Flock Browser

venerdì 24 ottobre 2008

Alzare la guardia

Sono giorni difficili per il paese e per gli Italiani di buon senso.
I tagli alla scuola, spacciati per la Riforma dei Grembiulini, sono riusciti nella mirabolante impresa di unire studenti di destra e di sinistra, professori e genitori.
La protesta sta divampando ovunque , tranne che nelle televisioni di regime.
Bisogna però alzare il livello di guardia perchè, come testimoniano i due post precedenti, la reazione del popolino delle libertà sarà dura come non mai.
Il pagliaccio preferito dagli italiani ha bisogno di mantenere un clima da anni di piombo nel paese e farà il possibile per fomentare incidenti che inevitabilmente si ritorceranno contro i manifestanti.
I mezzi di informazioni non hanno nemmeno più bisogno di editti bulgari, sanno come trattare l'argomento e come portare l'opinione pubblica dalla parte del padrone.
E lo faranno, statene certi.

Viva la sincerità

Da "GIORNO/RESTO/NAZIONE" di giovedì 23 ottobre 2008

INTERVISTA A COSSIGA «Bisogna fermarli, anche il terrorismo partì dagli atenei» di ANDREA CANGINI - ROMA PRESIDENTE

Cossiga, pensa che minacciando l`uso della forza pubblica contro gli studenti Berlusconi abbia esagerato? «Dipende, se ritiene d`essere il presidente del Consiglio di uno Stato forte, no, ha fatto benissimo.

Ma poiché l`Italia è uno Stato debole, e all`opposizione non c`è il granitico Pci ma l`evanescente Pd, temo che alle parole non seguiranno i fatti e che quindi Berlusconi farà una figurac- cia».

Quali fatti dovrebbero seguire? «Maroni dovrebbe fare quel che feci io quand`ero ministro dell`Interno».

Ossia? «In primo luogo, lasciare perdere gli studenti dei licei, perché pensi a cosa succederebbe se un ragazzino rimanesse ucciso o gravemente ferito...».

Gli universitari, invece? «Lasciarli fare. Ritirare le forze di polizia dalle strade e dalle università, infiltrare il movimento con agenti provocatori pronti a tutto, e lasciare che per una decina di giorni i manifestanti devastino i negozi, diano fuoco alle macchine e mettano a ferro e fuoco le città».

Dopo di che? «Dopo di che, forti del consenso popolare, il suono delle sirene delle ambulanze dovrà sovrastare quello delle auto di polizia e carabinieri».

Nel senso che...

«Nel senso che le forze dell`ordine non dovrebbero avere pietà e mandarli tutti in ospedale. Non arrestarli, che tanto poi i magistrati li rimetterebbero subito in libertà, ma picchiarli e picchiare anche quei docenti che li fomentano».

Anche i docenti? «Soprattutto i docenti».

Presidente, il suo è un paradosso, no? «Non dico quelli anziani, certo, ma le maestre ragazzine sì. Si rende conto della gravità di quello che sta succedendo? Ci sono insegnanti che in- dottrinano i bambini e li portano in piazza: un atteggiamento criminale!».

E lei si rende conto di quel che direbbero in Europa dopo una cura del genere? «In Italia torna il fascismo», direbbero.

«Balle, questa è la ricetta democratica:

spegnere la fiamma prima che divampi l`incendio».

Quale incendio? «Non esagero, credo davvero che il terrorismo tornerà a insanguinare le strade di questo Paese. E non vorrei che ci si dimenticasse che le Brigate rosse non sono nate nelle fabbriche ma nelle università.

E che gli slogan che usavano li avevano usati prima di loro il Movimento studentesco e la sinistra sindacale».

E` dunque possibile che la storia si ripeta? «Non è possibile, è probabile.

Per questo dico: non dimentichiamo che le Br nacquero perché il fuoco non fu spento per tempo».

Il Pd di Veltroni è dalla parte dei manifestanti.

«Mah, guardi, francamente io Veltroni che va in piazza col rischio di prendersi le botte non ce lo vedo. Lo vedo meglio in un club esclusivo di Chicago ad applaudire Obama...».

Non andrà in piazza con un bastone, certo, ma politicamente...

«Politicamente, sta facendo lo stesso errore che fece il Pci all`inizio del- la contestazione: fece da sponda al movimento illudendosi di controllarlo, ma quando, com`era logico, nel mirino finirono anche loro cambiarono radicalmente registro.

La cosiddetta linea della fermezza applicata da Andreotti, da Zaccagnini e da me, era stato Berlinguer a volerla... Ma oggi c`è il Pd, un ectoplasma guidato da un ectoplasma. Ed è anche per questo che Berlusconi farebbe bene ad essere più prudente».

Gandhi, la scuola e le televisioni

Non c'è nulla di casuale nelle dichiarazioni seguite da smentita di Silvio Berlusconi sulla polizia nelle scuole. Il Cavaliere quando parla segue una strategia precisa. Da una parte vuole saggiare le reazioni dell'opinione pubblica abituandola a poco a poco all'idea che contro gli studenti si può utilizzare la forza, dall'altra tenta di distogliere l'attenzione dal nocciolo del problema: ai tagli di spesa nella scuola si è provveduto con un decreto legge senza consultare nessuno.

Il decisionismo, del resto, in giorni in cui cinque telegiornali su sei si limitano a fare da megafono del potere, paga. Quello che la maggior parte degli italiani hanno capito del decreto Gelmini è infatti semplice: alle elementari si ritornerà a mettere il grembiule e nelle classi si tornerà ad avere un solo maestro. Tutto il resto passa in secondo piano. Ovvio che in un paese di anziani come il nostro la controriforma, raccontata così, raccolga ampi consensi. Il grembiule (che oltretutto non è un'idea da buttar via) e il maestro unico riportano alla mente della gente i bei tempi andati. Tempi che, man mano si va avanti con gli anni, sono sempre migliori dei presenti.
Non bisogna quindi farsi ingannare dalle manifestazioni. Chi protesta, per quanto numerosi siano i cortei, per il momento rappresenta solo la minoranza dei cittadini. La situazione può però cambiare rapidamente. La controriforma, per come è stata concepita, è destinata a toccare ampi strati della popolazione, a incidere direttamente sulla vita delle famiglie. Ma, nella gran parte dei casi, non lo farà subito. Molti cambiamenti avverranno lentamente. Per questo Berlusconi si lamenta dei giornali e a parole sminuisce la portata degli interventi (il maestro unico, per esempio, nei discorsi del premier diventa maestro prevalente): il suo obiettivo è prendere tempo e far sì che non si conoscano troppo bene gli esatti contenuti delle nuove norme.

Col passare dei giorni e il crescere delle proteste la probabilità che si verifichi qualche incidente (quasi inevitabile quando migliaia di persone molto giovani scendono in piazza) aumenta. E gli incidenti, che Berlusconi con i suoi interventi sembra voler evocare, rappresenterebbero per lui una vittoria. Le tv ci metterebbero un secondo ad amplificarne la portata innescando una serie di reazioni a catena difficilmente prevedibili.

Che fare allora? Quattro cose: ricordarsi di Gandhi che con la non violenza liberò una nazione, non accettare provocazioni, organizzare proteste sempre più "mediatiche" che possano trovar spazio nei telegiornali, presentare poche e chiare controproposte. Che nel mondo della scuola e delle università si disperdano inutilmente molti capitali è un fatto. Che sia necessaria una razionalizzazione delle spese è un altro fatto (pensiamo, per esempio, alle norme che hanno consentito l'apertura di nuovi atenei in quasi ogni capoluogo di provincia e la creazione di corsi di laurea in materie che non permetteranno a nessuno di trovare occupazione).

Insomma anche manifestando studenti e docenti dovranno continuare a lavorare. Serve subito una piattaforma precisa. Un programma per punti sul quale il governo sia costretto ad aprire la discussione.

lunedì 20 ottobre 2008

domenica 19 ottobre 2008

Contromano di Curzio Maltese

Nelle crisi economiche la retorica è sempre l’unica merce in abbondanza, ma stavolta la faccia di bronzo dei potenti ha stracciato tutti i primati.

Nell’ultimo mese da presidente, Gorge W.Bush è passato da liberista a socialista e ha rinnegato la politica, i dogmi e le amicizia di otto anni. Per completare la conversione manca che diventi pacifista.

Benedetto XVI ha lanciato l’alto messaggio che “il denaro è nulla”. Che cos’è, un’autocritica? L’unica religione che dispone direttamente di un immenso patrimonio immobiliare e finanziario, di uno Stato con diritto di battere moneta, di una banca (lo Ior) fra le più spregiudicate al mondo, spiega ai fedeli che il denaro è un falso valore.

Se commisurare la predica la pulpito non è un problema per il Papa, figurarsi per Berlusconi. Il premier del governo fondato sul conflitto d’interessi si traveste da Savonarola e annuncia che vigilerà sull’etica del capitalismo. E in che modo? Forse cancellando anche il reato di bancarotta, oltre al falso in bilancio?

Nel pomeriggio la maggioranza inserisce nel decreto Alitalia una norma per salvare dalle condanne Tanzi e Geronzi. Pizzicato da Report e Repubblica, la ritira. Non senza altre sceneggiate, Berlusconi che finge di non sapere nulla, Tremonti che minaccia dimissioni. Ma come, sono i padroni della maggioranza e si fanno trattare da fessi?

Tutti giurano ora di volerla fare finita con le bolle finanziarie, con l’economia di carta: si torna all’economia reale. Ma se torniamo all’economia reale, sparisce un quarto del benessere dell’Occidente, del consumismo fondato sui debiti. Nell’economia reale gli Usa valgono ormai meno della Cina, Germania e Giappone meno dell’India, L’Italia meno di Brasile e Corea. Bisogna rassegnarsi a diventare più sobri. Ma è una verità con cui non si vincono le elezioni. Meglio festeggiare in villa e mandare messaggi di ottimismo.

La retorica serve a mascherare gli interessi reali, come nella questione degli immigrati. L’Italia sopravvive grazie al lavoro degli stranieri. Rimpatriare gli irregolari, limitare gli ingressi dei regolari significherebbe mandare a gambe all’aria un quinto del sistema produttivo. Infatti tutte le leggi sull’immigrazione sono studiate per non essere applicabili.

Ma la brava gente, la sera, vuol sentirsi raccontare dai telegiornali la fiaba crudele della tolleranza zero. E quelli gliela raccontano.

Il giorno dell’Apartheid - Furio Colombo


Un evento triste e squallido è avvenuto nella Camera dei Deputati nei giorni 8 e 9 ottobre quando la maggioranza di governo, guidata dalla Lega, ha proposto e fatto approvare una odiosa mozione che chiede la separazione e segregazione dei bambini immigrati nelle scuole italiane. È giusto che ci sia memoria di questo tragico evento e perciò trascrivo qui alcune parti dei verbali d’Aula di quelle sedute. On. Niccolò Cristaldi (Pdl-An): «Signor Presidente, onorevoli colleghi, io non parteciperò a questa votazione (mozione Cota, Lega nord, sulla segregazione dei bambini immigrati nelle scuole italiane, ndr) perché non ne condivido le ragioni politiche. Non condivido il contenuto della mozione della maggioranza perché sono nato e cresciuto in una città, Mazara del Vallo, nella quale il venti per cento della popolazione è mussulmana».

«La mia è una città dove l’integrazione non si è decisa con una legge né con mozioni come questa. Si è decisa attraverso il rispetto delle diverse culture, attraverso l’amicizia tra i popoli, che si è instaurata partendo da situazioni drammatiche che hanno visto tanta gente venire nella mia città per cercare lavoro. Abbiamo scambiato attività culturali, insegnando molte cose della nostra cultura occidentale, imparando a inginocchiarci davanti ai grandi musei che ci sono in Tunisia, in Marocco, nei Paesi del Maghreb e in tutto quel mondo. Non posso condividere - e come me altri deputati della maggioranza - il contenuto della mozione presentata dalla Lega Nord. Per cui abbandono l’aula e insieme a me alcuni altri deputati». (Camera dei deputati, 9 ottobre ore 19.05, applausi dei deputati del Partito democratico). On. Mario Pepe (Pdl): «Signor Presidente, vorrei ricordare agli amici della Lega che il Duca d’Aosta, quando era Governatore della Somalia emise un editto che impediva ai bambini indigeni di frequentare le scuole italiane, se prima non avevano imparato l’italiano. Oggi il popolo somalo si divide in due categorie: quelli che hanno un fucile e quelli che non ce l’hanno. Mi auguro che questo non sia il futuro dell’Italia. Per questo io voterò contro questa mozione». (Camera dei deputati, 9 ottobre ore 19.09, applausi dei deputati del Partito democratico). Emanuele Fiano, (Pd): «Signor Presidente, nella mia famiglia abbiamo saputo sessant’anni fa che cosa significa essere scacciati dalle classi delle scuole del regno, in quanto ebrei. Non userò questo argomento per rispondere agli argomenti della Lega Nord Padania. Urla dei deputati della Lega Nord Padania). Parlo di oggi, di voi. Penso che sia profondamente sbagliato proporre una separazione dei bambini per risolvere il problema della integrazione, spezzare una comunità che vive e cresce insieme. Le «classi differenziate» sono la risposta sbagliata. L’integrazione si fa insieme. (Camera dei deputati, 9 ottobre ore 19.15, applausi dei deputati del Partito democratico, grida e urla della Lega Nord e del Pdl). On. Piero Fassino (Pd): «Signor presidente, mi rivolgo all’onorevole Cota (capogruppo Lega Nord Padania alla Camera dei deputati, ndr) e a tutti i colleghi. Vi voglio raccontare un episodio vero che ci può illuminare. Un mio amico ha un bambino di sette anni che frequenta una seconda elementare per metà costituita da bambini extracomunitari. Il suo compagno di banco è il suo amico del cuore. A casa racconta ai genitori che «con Emanuel abbiamo fatto questo, abbiamo fatto quello, siamo andati qui e siamo andati là». Un giorno il padre del bambino italiano lo va a prendere a scuola e quando i bambini escono chiede per curiosità al figlio: chi è Emanuel? Il figlio si volta e indica: “eccolo là, quello col maglione rosso”. Non gli viene in mente di dire: «Quello con la pelle scura».
«Con il provvedimento che vi apprestate a farci votare voi state producendo una regressione culturale che mette in discussione i principi di uguaglianza tra gli uomini. E fate una cosa ancora più grave: introducete la discriminazione, quella moralmente più abbietta: discriminate tra i bambini, tra i più piccoli». (Camera dei deputati, 9 ottobre ore 19.20, prolungati applausi dei deputati del Partito democratico, di Italia dei Valori, del gruppo di Unione di Centro). On Gianluca Galletti (Udc): «Signor presidente, devo dire che chi ha redatto la mozione, ne ha dato l’interpretazione autentica (si riferisce al deputato Cota, capogruppo Lega Nord Padania, che ha illustrato la mozione in aula, ndr). Dopo averlo ascoltato, noi siamo certi di non voler avere nelle nostre scuole, allievi di serie A e allievi di serie B. Ci sembra, invece, che l’obiettivo della mozione in esame sia proprio questo. Per tale ragione, dichiaro il voto contrario del nostro gruppo».
(Camera dei deputati, 9 ottobre ore 19.30, applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro e Partito democratico
On. Valentina Aprea (Pdl): «Signor presidente, vi assicuro che questa mozione è attesa dai docenti della scuola italiana, da quei docenti, onorevole Fassino, dove l’inserimento degli alunni stranieri avviene in modo selvaggio. (Camera dei deputati, 9 ottobre ore 20.00, proteste del Partito democratico, applausi dei deputati del gruppi Pdl, ovazioni dei deputati Lega Nord Padania).
«No, no, no!» (Furio Colombo, Pd, Camera dei deputati, 9 ottobre ore 20.05 grida e urla dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

* * *

Testo della mozione per la apartheid nelle scuole italiane presentato dalla Lega Nord alla Camera dei Deputati con l’assenso e il sostegno della maggioranza di governo: «La Lega Nord Padania impegna il governo:
- a rivedere il sistema di accesso degli studenti stranieri alla scuola di ogni ordine e grado, autorizzando il loro ingresso previo superamento di test e di specifiche prove di valutazione.
- istituire classi ponte (classi separate, ndr) che consentano agli studenti stranieri che non superano le prove e i test sopra menzionati di frequentare cori di apprendimento della lingua italiana, propedeutiche (obbligatorie e separate, ndr) all’ingresso degli studenti nelle classi permanenti.
- a non consentire in ogni caso l’ingresso nelle classi ordinarie oltre il 31 dicembre di ciascun anno, al fine di un razionale (traduzione: limitato o impedito, ndr) inserimento degli studenti stranieri nelle nostre scuole, e a provvedere a una distribuzione degli stessi in proporzione al numero complessivo degli alunni per classe.
- a favorire l’elaborazione di un curricolo che tenga conto di lealtà e rispetto alla legge del paese accogliente, del rispetto di tradizioni territoriali e regionali del paese accogliente, del rispetto per la diversità morale e culturale (traduzione: superiorità, ndr) del Paese accogliente (prime firme: Cota, Goisis, Grimoldi, Rivolta, Aprea, Carlucci, Farina, Mazzucca, Garagnani, Rampelli)».

* * *
Furio Colombo: «Signor presidente, devo dirle a nome dei miei colleghi (spero di parlare a nome di tanti miei colleghi) che sono contento di intervenire in questo momento, in quest’aula vuota. Evito agli altri deputati di provare l’umiliazione che provo io ascoltando la presentazione di questa mozione della Lega Nord Padania che intende istituire scuole segregate per bambini immigrati, le scuole contro cui si è battuto Martin Luther King in Mississippi e Alabama 45 anni fa. Si è battuto, e ha vinto. Ma i miei colleghi si sono risparmiati l’angoscia di guardare verso i banchi della Lega e di domandarsi, dopo aver ascoltato l’elogio della scuola segregata: «Ma questi sono i miei colleghi? Facciamo lo stesso lavoro? Condividiamo lo stesso Parlamento? Siamo stati eletti dallo stesso popolo?».
Presidente: «Onorevole Colombo, in questa Camera tutti sono altrettanto onorevoli». Colombo: «No, presidente. Devo esprimere il mio sentimento di umiliazione». Presidente: «A termini di regolamento lei non può offendere un suo collega». Colombo: «Mi dica, presidente, qual è l’espressione offensiva?».
Presidente: «L’espressione offensiva è quando lei dice che si vergogna di...».
Colombo: «Ho detto che mi sento umiliato nel giorno della apartheid della scuola italiana e ho diritto di dirlo perché è il mio sentimento».
Presidente: «Mi pare che tale espressione sia l’equivalente di “mi vergogno”». Colombo: «Signor presidente, Matteotti si è sentito umiliato di fronte a ciò che aveva ascoltato in quest’aula. Ripensi per un momento al dibattito al quale oggi in questa Camera abbiamo assistito. Viviamo in un mondo in cui sta per essere eletto presidente degli Stati Uniti un nero, figlio di un immigrato di origine kenyota, educato nelle scuole americane dove nessuno lo ha separato (non più, dopo il movimento per i diritti civili di Martin Luther King) dagli altri bambini. Ed è diventato uno dei più brillanti giuristi, poi uno dei più importanti senatori, poi uno dei più carismatici candidati alla presidenza degli Stati Uniti che quel paese abbia mai avuto.
Ma lei pensi - presidente - ad un altro Paese, il nostro, nelle mani della cultura di Borghezio e di Gentilini e mi dica: quale sarebbe oggi, qui, da noi, in questa Italia occupata dalla Lega, il destino di un piccolo Obama? Forse lo aspetterebbero le sprangate e la morte in una strada di Milano dove - ci assicura il ministro dell’Interno Maroni - le sprangate che hanno ucciso il diciannovenne Abdul erano la punizione per un furto, non lo sfogo di un sentimento razzista. L’idea che i bambini che hanno difficoltà nella lingua italiana vadano prontamente segregati e rinchiusi tra loro è una delle più assurde non solo in termini di pedagogia e di psicologia ma di comune buon senso. Non parlano, non ascoltano, non imparano. L’ottusa idea leghista è il 41 bis dei bambini immigrati. Ad essi per giunta, viene imposto di imparare «le tradizioni», “l’identità”, la religione del paese ospitante. Il concetto è bene espresso dalle alte parole del pro-sindaco leghista di Treviso: “Che vadano a pisciare nelle loro moschee”. Sono parole memorabili per la loro qualità morale, umana, politica che la Lega da oggi dovrebbe scrivere sulle proprie bandiere. Alexander Hamilton, uno dei padri della Costituzione americana, ha detto ai coloni immigrati che si accingevano a fondare la nuova Repubblica degli Stati Uniti: “C’è qualcosa di unico nel nostro destino. Noi, che veniamo dai quattro angoli del mondo e fino a questo momento non abbiamo niente in comune, d’ora in poi avremo in comune il nostro futuro. Questo è il nostro destino eccezionale. Siamo i soli al mondo ad avere questo privilegio”.
Era il 1788. Qui, oggi, nell’anno 2008, si propone di isolare i bambini immigrati in corridoi chiusi come se fossero portatori di malattie infettive. Prevedo e temo che questa ignobile mozione non sarà respinta. Perciò mi unisco alla umiliazione di molti colleghi di Alleanza nazionale e di ciò che resta di Forza Italia che dovranno votare questa mozione fondata su separazione, apartheid, xenofobia, razzismo» Camera dei deputati, 8 ottobre 2008, ore 22; presiedeva il vice presidente della Camera Buttiglione).

Nota.
La mozione di apartheid per i bambini immigrati è stata votata la sera del 9 ottobre 2008 e ha ottenuto l’approvazione della Camera dei Deputati con soli venti voti in più per la maggioranza. Il margine di differenza fra maggioranza e opposizione alla Camera è di settanta voti.
È utile ricordare che una mozione non è una legge ma un «indirizzo» o suggerimento al governo. La sua votazione non significa automaticamente accettazione ed esecuzione da parte del governo. Perciò è necessario che l’opposizione contro l’apartheid continui in tutte le occasioni, in tutte le sedi, a tutti i livelli. Le manifestazioni di protesta nella scuola in questi giorni sono il luogo e il momento giusto: studenti e docenti contro l’apartheid di Bossi-Cota-Borghezio-Maroni. Tutta la scuola italiana in difesa dei bambini immigrati.
furiocolombo@unita.it

martedì 14 ottobre 2008

Don't cry for us Argentina

Disagio per un altra gaffe di Berlusconi


[La Nacion]

In mezzo ad un’altra giornata di panico ieri, il primo ministro italiano Silvio Berlusconi, ha commesso una nuova gaffe mentre parlava con tono serio dell’attuale crisi finanziaria internazionale, affermando che si potrebbe giungere anche ad una sospensione mondiale dei mercati a tempo indeterminato.

La dichiarazione, rilasciata mentre le bastonatissime borse europee rimanevano aperte, ha provocato un tale impatto che lo stesso Berlusconi si è visto obbligato a smentire l’ipotesi poco dopo, vista anche la smentita della Casa Bianca.

Fedele al suo stile, il Cavaliere ha commesso questo nuovo passo falso durante una conferenza stampa tenuta a Napoli, dove abitualmente si riunisce il venerdi con il suo consiglio dei Ministri. In questa occasione, invece di parlare del problema dell’immondizia e del conseguente decreto legge che andrebbe a punire coloro che la lasciano in strada (cosa che il Governo non è riuscito ad approvare), il premier ha iniziato a disquisire sulla preoccupante crisi economica internazionale.

“La crisi è mondiale e quindi si sta cercando una soluzione mondiale. Si parla di un nuovo Bretton Woods al fine di porre nuove regole e anche di sospendere i mercati il tempo necessario affinchè si formulino queste nuove leggi”, ha sparato il presidente del consiglio, non immaginando che le agenzie di stampa avrebbero fatto rimbalzare la sua frase in tutto il mondo.

Più tardi, attorniato da un nugolo di cronisti che gli chiedevano della possibile sospensione delle borse di tutto il mondo, Berlusconi ha fatto marcia indietro. “Qualcuno ha parlato dell’ipotesi di riscrivere le regole, anche se ancora non esiste nulla di concreto” ha sottolineato. Tuttavia, visto che la precisazione non è stata sufficiente, alcuni minuti dopo il Cavaliere (famoso per dire prima una cosa e poi smentirla) è tornato sull’argomento affermando che “non c’è nessun consenso da parte mia ad un ipotesi del genere, tra l’altro mai ventilata da nessun capo di stato”.

Era troppo tardi però. Dall’altra parte dell’Atlantico, infatti, un portavoce della Casa Bianca, Tony Fratto, ha dovuto precisare che non esistono “negli Stati Uniti piani o dibattiti che interferiscano con il funzionamento dei mercati”.

Dopo aver fatto un appello ai risparmiatori ed investitori italiani pregandoli di non farsi prendere dal panico, Berlusconi ha consigliato ai titolari di azioni di non venderle e, anzi, ha raccomandato di comprare le azioni di Eni e di Enel “perchè dovranno tornare al loro valore”.
Forse però il massimo impatto lo ha creato quando ha affermato che “non siamo in un momento di grande sviluppo, ma nemmeno di recessione”. Ciò contrasta con un rapporto del FMI che ha previsto una crescita negativa sia per quest’anno che per il prossimo.
Com’era prevedibile le sue polemiche dichiarazioni hanno provocato durissime reazioni nell’opposizione di centrosinistra, che ha criticato al premier dandogli del broker.
Blogged with the Flock Browser

lunedì 13 ottobre 2008

Visti da fuori

Berlusconi turba i mercati azionari con notizie che dice di aver sentito alla radio

[Bloomberg]
Quel che Berlusconi dà, Berlusconi toglie. Con un rapido voltafaccia che rispecchia la volatilità dei mercati finanziari, il Presidente del Consiglio italiano ha dichiarato che i leader mondiali stavano pensando di chiudere i mercati finanziari, per poi smentire la medesima affermazione meno di un’ora dopo.
“Si sta discutendo l’idea di sospendere i mercati per il tempo necessario a riscrivere le regole,” ha detto ieri Berlusconi al termine di un Consiglio dei Ministri a Napoli. Una soluzione alla crisi finanziaria ” non può essere valida solo per un paese e nemmeno per la sola Europa, ma deve essere globale” ha aggiunto, subito dopo l’apertura della borsa di New York alle 9.30.
Meno di un’ora dopo, Berlusconi, 72 anni, si è corretto: “L’ipotesi non è stata formulata da nessun leader, me incluso,” ha detto. La sua spiegazione per l’affermazione precedente: “L’ho sentito alla radio.” I commenti di Berlusconi seguono altre gaffes commesse nel corso della sua carriera politica. “Può permettersi queste cose in Italia, ma non può farla franca nel momento in cui tratta questioni di portata globale” ha detto James Watson, professore di Scienze Politiche all’ Università americana di Roma. “E’ un leader mondiale, ma non ne è all’altezza.”
La Casa Bianca ha smentito qualsiasi piano di chiusura di Wall Street circa 55 minuti dopo il commento iniziale di Belrusconi. La ritrattazione di Berlusconi è arrivata pochi minuti dopo. Durante quei 60 minuti, l’indice Dow Jones, che aveva perso fino a 8.1% in precedenza, era tornato brevemente positivo, per poi crollare di nuovo. L’indice di New York ha chiuso con una perdita di 1.5%.
Volta-faccia
Il volta-faccia del presidente è arrivato mentre i ministri della finanza del G7 e i banchieri centrali si preparavano all’incontro di Washington per discutere le strategie per salvare il sistema finanziario internazionale e la fiducia degli investitori. Gli Stati Uniti e i paesi europei stanno riscattando le banche per sventare il collasso economico che portò alla Grande depressione più di 70 anni fa. Dopo che la banca centrale ha tagliato i tassi di interesse questa settimana, i leader politici si stanno ancora sforzando di trovare una soluzione condivisa. L’Italia ha turbato le trattative ancora una volta nella stessa giornata, quando il Ministro delle finanze Giulio Tremonti ha dichiarato di non voler appoggiare l’accordo preliminare preparato dal G7.
“Questo piano è troppo debole,” ha dichiarato Tremonti ai giornalisti a Washington prima che le trattative si aprissero. “Non lo firmeremo.”
Non è la prima volta
Le dichiarazioni strampalate di Berlusconi di ieri non non sono state le prime. Nel 2003, suo primo giorno alla presidenza dell’Unione Europea che a rotazione dura 6 mesi, ha paragonato un deputato tedesco del Parlamento Europeo, Martin Shultz, a un kapò di un campo di concentramento nazista. Quei commenti rovinarono le relazioni tra Berlusconi e l’allora cancelliere tedesco Gerhard Schroeder. Belusconi si è poi scusato sia con il leader tedesco sia con il parlamento europeo.
Ad un evento sponsorizzato dalla borsa di New York nel 2003, ha detto che si dovrebbe investire in Italia perché le donne italiane sono belle. “Abbiamo ragazze e donne stupende, dunque il mio suggerimento dal profondo del cuore è di investire in Italia” ha detto Berlusconi. “Le segretarie sono bellissime.”
Poco dopo l’11 settembre 2001, in seguito agli attacchi alle Torri Gemelle e Washington, Berlusconi ha dichiarato che i paesi islamici non erano civilizzati e che i paesi occidentali avrebbero dovuto “conquistarli” per portarli nel mondo moderno.
Nel 2006, durante la campagna elettorale contro l’allora presidente Romano Prodi, ha detto che le persone che votavano per il rivale erano dei “coglioni”, termine volgare per dire testicoli [spiegazione necessaria nell'articolo originale in lingua inglese, N.d.T.].
“La mia bravura è fuori discussione” ha detto Berlusconi nel marzo 2001. “La mia sostanza umana, la mia storia, gli altri se la sognano.”
[Articolo originale di Steve Scherer]
Blogged with the Flock Browser

sabato 11 ottobre 2008

Visti da fuori

I banchieri temono una presa di potere da parte di Berlusconi

[Frankfurter Allgemeine Zeitung]

Cosa succede alle banche italiane? La risposta potrebbe trovarsi nelle mani di Berlusconi

A Milano, nella piazza affari italiana, si diffonde paura per la possibilità che il governo italiano guidato da Silvio Berlusconi tragga profitto della crisi bancaria internazionale per mettere sotto controllo dello stato i più importanti istituti di credito italiani.

Mercoledì avrebbe avuto luogo una riunione eccezionale tra il ministro del tesoro Giulio Tremonti, il governatore della banca d’Italia e principale supervisore bancario Mario Draghi ed il presidente della banca speciale milanese Mediobanca, Cesare Geronzi. Mercoledì sera è stata convocata una seduta eccezionale del parlamento sul tema della crisi bancaria.

Finora le Banche italiane reggono

Proprio in Italia finora il sistema bancario si è mostrato eccezionalmente stabile durante la crisi. Ancora nessuna banca ha dovuto essere salvata da una situazione di malessere; anche il rifornimento di liquidità delle banche continua a funzionare. Per tutto ciò ci sono varie ragioni: da un lato, le banche italiane in passato sono state poco tentate di cercare d’incrementare i loro guadagni tramite investimenti speculativi negli Stati Uniti, poiché grazie alle imposte elevate ai clienti privati, il vasto business bancario produce ancora rendite molto attrattive.

Inoltre, dato che il sistema giudiziario italiano funziona a fatica, non c’è mai stata la tentazione di prestare grosse ipoteche a clienti con liquidità ridotta. Infine, l’attuale scarsa situazione dei fondi d’investimento sta salvando il rifornimento di liquidità delle banche italiane: Dato che durante gli ultimi due anni molti clienti hanno venduto le proprie quote di fondi d’investimento, i loro conti correnti - i cui interessi sono generati in Italia - sono ben riempiti e, combinati agli interventi della Banca d’Italia, aiutano gli istituti bancari a superare la crisi.

Speculazioni sfrenate sui problemi di Unicredit

Malgrado tutto ciò, la tentazione è grande per il governo, che potrebbe usare la crisi come pretesto per togliere il potere a banche scomode e rimettere il sistema bancario sotto controllo dello stato. Il bersaglio numero uno in questo caso è il capo del gruppo Unicredit, Alessandro Profumo. Profumo in passato aveva messo in evidenza il suo orientamento politico verso il centro-sinistra, ed aveva partecipato pubblicamente alle primarie per il leader ed il candidato presidenziale del Partito Democratico, costretto poi, dopo la vittoria di Berlusconi, a dedicarsi all’opposizione. Nella sua attività di banchiere però, Profumo si era sempre impegnato, per quanto possibile, a matenere il distacco dalla politica. Anche rispetto al governo di centro-sinistra di Romano Prodi, Profumo non ha fatto concessioni, ad’esempio quando si cercavano sostenitori per la privatizzazione di Alitalia. Ma un banchiere, il cui istituto è riuscito a crescere sino a diventare il più grande d’Europa, e che sfugge ad ogni influenza politica, in Italia deve temere continuamente incidenti politici.

Già durante la scorsa settimana, Profumo, e Unicredit, sono diventati bersaglio di voci e speculazioni in merito alla svalutazione dei titoli. Già allora si sono diffuse voci, secondo cui a causa del minimo storico del valore delle azioni di Unicredit, Profumo si sarebbe presto dimesso, cosa che ha contributo ad accelerare il trend negativo delle azioni Unicredit nei due giorni successivi . Nel frattempo però, il valore delle azioni si era già ampiamente ripreso, e le speculazioni su problemi interni ad Unicredit si sono rivelate false. I vertici di Unicredit, reagendo all’ondata di speculazioni, hanno dimostrato la propria capacità di agire e durante il fine settimana hanno deciso un aumento di capitale ed altre misure di risparmio.

Indirettamente, il governo potrebbe licenziare gli attuali manager bancari

Questi fatti però non hanno sconcertato il governo. Secondo ad’informazioni provenienti dal settore bancario, proprio la banca meglio capitalizzata dovrebbe diventare il bersaglio di un “azione di salvataggio”, che dal punto di vista bancario non sarebbe affatto necessaria. Molto presto l’Unicredit seguirebbe il destino della seconda banca italiana, Banca Intesa Sanpaolo, il cui presidente è vicino al precendete premier Romano Prodi.

Dal punto di vista tecnico, si teme che il governo italiano sfrutti la crisi per prescrivere alle banche alte quote di patrimonio di base come capitalizzazione minima, cioé intorno al 7-8 %. Di conseguenza, gli istituti che non potranno dimostrare di avere a disposizione un tale livello di capitale, cioé praticamente tutti gli istituiti italiani, dovranno accettare un innalzamento di capitale da parte dello stato, che avrebbe così anche il potere di licenzare tutti gli attuali manager bancari. Così, il governo Berlusconi avrebbe modo di comandare anche il secondo istituto più importante tedesco, la Hypo-Vereinsbank, una società controllata da Unicredit. E già nel 2005, in seguito all’acquisizione si era osservato quanto i vertici di Milano seguissero strategie economiche orientate sopratutto ad’interessi privati.

[Articolo originale di Tobias Piller]

Blogged with the Flock Browser

Marco Travaglio - La Retromarcia su Roma

Ora d'aria
l'Unità, 11 ottobre 2008

Le manifestazioni della sinistra e dell’Italia dei Valori, oggi, e quella del Pd il 25 ottobre non potrebbero cadere in un momento migliore. La macchietta di Palazzo Chigi, tra una visita al Bagaglino e quattro salti in discoteca, è l’emblema del dilettantismo con cui il governo sta affrontando la crisi. Non passa giorno, anzi minuto, senza che Al Tappone si e ci copra di ridicolo. Garantisce ciò che non può garantire (“non fallirà una sola banca italiana, i risparmiatori non perderanno un soldo”). Organizza strane adunate a Palazzo Chigi col governatore di Bankitalia e un banchiere privato, il plurimputato per bancarotta Cesare Geronzi, a cui due berluscloni tentano nottetempo di garantire l’impunità nei processi per bancarotta nei casi Cirio, Parmalat e Italcase (a proposito: dov’era l’opposizione mentre passava l’emendamento, visto che a scoprirlo è stata una giornalista, Milena Gabanelli?).

Invita la gente a investire nelle società più solide, cioè “Eni, Enel e Mediaset”, che guardacaso è sua. Annuncia per l’ennesima volta “il taglio delle tasse”, eventualità catastrofica, visto che - come nota Salvatore Bragantini sul Corriere - “la crisi gonfierà un debito pubblico già debordante”. Promette di “estirpare la corruzione”, essendo imputato in tre processi per corruzione appena sospesi dalla porcata Alfano. Minaccia la Consulta che dovrà giudicare la porcata e tenta d’infilarci il suo avvocato Pecorella al posto di un altro suo avvocato, Vaccarella. Proclama: “Si può governare solo con i decreti”. Annuncia “un G8 straordinario”, subito smentito persino dall’amico Bush. Esalta le virtù democratiche dell’amico Vladimur nel senso di Putin, massacratore di ceceni e di georgiani, giustificando con false versioni l’illegale invasione russa della Georgia e facendo infuriare persino Paolo Guzzanti (subito manganellato da orde di forzisti a comando). Compila liste di proscrizione per la Vigilanza Rai (“né Orlando né Giulietti”), pretendendo di decidere anche le cariche spettanti all’opposizione. Senza contare i tagli selvaggi alla scuola, alla giustizia, alle forze dell’ordine, alla ricerca e persino agli italiani all’estero.

Bene: di fronte a questo spettacolo da repubblichetta delle banane, il Pd che fa? Anziché impegnarsi allo spasimo per portare in piazza quanta più gente possibile,e magari rimangiarsi la scriteriata decisione di sabotare il referendum anti-Alfano, si divide addirittura sull’opportunità di scendere in piazza. Ha cominciato il solito Follini sul Corriere, invitando il Pd a suonare la ritirata in vista del 25 ottobre. Posizione comprensibile, visto che fino a due anni fa Follini stava con Al Tappone e votava tutte le leggi vergogna. Meno comprensibile l’uscita di Rutelli sul Riformatorio: “La piattaforma della manifestazione è superata, occorre un corteo non centrato sulla contrapposizione al governo, ma sulle nostre proposte aggressive per uscire dalla crisi”. Aggressive, Rutelli: vabbè.

Ma il bello deve ancora venire: l’intervista di Enrico Morando al Giornale di Berlusconi, in cui l’esponente del Pd lancia, restando serio, l’idea di una bella manifestazione “non anti-governativa”, anzi, di più: per “incoraggiare e sostenere il governo nello sforzo che sta facendo per fronteggiare l’emergenza”. In piazza, la gente del Pd dovrà “stringersi intorno al governo”, perché “i cittadini hanno un atteggiamento di fiducia nel governo. I calcoli di parte sarebbero infondati oltre che sbagliati. L’opposizione deve fare la sua parte…”. Spettacolare questa idea dell’opposizione che deve chiamare la gente in piazza per sostenere il governo. Figurarsi l’entusiasmo con cui gli elettori del Pd, soprattutto quelli che han firmato l’appello per “Salvare l’Italia” dal “governo che la sta distruggendo”, si sveglieranno all’alba per salire su auto, treni, aerei e pullmann verso Roma, con la prospettiva di “stringersi intorno al governo” Berlusconi, mentre dal palco i Morando e i Rutelli li inviteranno a non essere antigovernativi e Follini, da casa, li sgriderà per non essersene rimasti a casa. Prospettiva elettrizzante, che potrebbe indurre molti a non muoversi, col rischio di far fallire la manifestazione. Per scongiurarlo, non resta che una strada: se l’obiettivo è stringersi intorno al governo, tanto vale invitare anche gli elettori del Pdl, e magari lo stesso Al Tappone. Lui la gente in piazza (“contro il regime delle sinistre”, s’intende) ha già dimostrato di saperla portare. Pienone assicurato.
Blogged with the Flock Browser

giovedì 9 ottobre 2008

Furio Colombo - L'umanità di Berlusconi

“Ma come è umano lei” devono aver detto le centinaia di Deputati e Senatori che fanno parte della maggioranza nelle due Camere. Berlusconi infatti ha appena presentato due editti. Nel primo annuncia, primo Presidente del Consiglio di un paese democratico, che d’ora in poi le sue leggi saranno decreti.

Vuol dire che ogni idea che passa per la testa del Premer diventa immediatamente esecutiva, entra in vigore subito, resta legge e si applica subito fino a che Camera e Senato riescono a trasformarla in legge con semplice timbratura della maggioranza.

E’ vero, c’è una scadenza per i decreti. Ma possono essere rinnovati almeno una volta, o ripetuti finché si vuole con cambiamenti che ne fanno “un decreto nuovo” la cui scadenza ricomincia a decorrere. Se si pensa alla pericolosità delle leggi che servono a Berlusconi, si può capire il pericolo in cui sta vivendo l’Italia, se Berlusconi non viene fermato dalla Corte Costituzionale o dal Presidente della Repubblica o dai Presidenti della due Camere.

Finora solo Fini, Presidente della Camera, ha detto che “così non si può andare avanti”. Il Presidente del Senato Schifani ha invece preferito rinviare il pacco al Presidente della Repubblica, dando la doverosa impressione di solidarietà. A Berlusconi.

Invece uno che si è seriamente preoccupato della sua decisione è stato proprio Berlusconi. E non sul lato costituzionale della decisione peronista - mussoliniana di governare per decreto. Si è preoccupato sul lato umano: “Deve essere deprimente stare lì seduti ad approvare decreti leggi pensati e decisi da me, approvarli senza discussione alla Camera o al Senato. Per quei poveretti vedo la depressione. Dico: la depressione in arrivo”.

Se si pensa che Camera e Senato, dove sta per dilagare la depressione, sono nel centro storico, e che nel centro storico sta per essere chiuso per sempre l’ospedale San Giacomo, compreso il reparto di psichiatria, Fini e Schifani dovranno provvedere al più presto a scaglionare le quote. Ci sarà chi, abbattuto da una routine senza scampo, sarà assegnato in soprannumero al Santo Spirito, chi all’Umberto Primo, chi al Fatebenefratelli. Berlusconi, come medico personale, ha Scapagnini, l’uomo che, da sindaco, ha portato Catania al fallimento (tagliata la luce per le strade), e, come clinico, ha spinto Berlusconi al limite alto di una euforia cupa e vendicativa.

Però, Berlusconi, non è depresso. Governa con i soldati. Non perde tempo a discutere e prova pietà per i parlamentari. I suoi, prima di tutto.

Furio Colombo
Blogged with the Flock Browser

mercoledì 8 ottobre 2008

Le colpe dei padri

Guzzanti attacca il pagliaccio preferito dagli italiani e confessa di avere avuto dei conati di vomito dopo averlo sentito parlare.
E dov'è la notizia , direte voi?I Guzzanti si sa , sono dei komunisti che fanno dell'invidia la propria ragione di vita, lo attaccano da sempre in ogni occasione.
Già ma questo volta a parlare è Paolo Guzzanti, il padre berluscomico di Corrado e Sabina.
Pare che il paparino abbia recentemento scoperto che il pagliaccio è amico di Putin e che lo difende pure sulla questione Georgia mentre lui , il Guzzanti che sbaglia, sostiene la causa opposta.
In un momento di insolità sobrietà e indipendenza Guzzanti senior avrebbe addirittura confessato:
 "Ieri sera avevo l'impressione di ascoltare qualcuno che esprimesse parole, sorridenti per di più, per giustificare Hitler".

Ora non gli resta che dimenticare tutto e tornare rapidamente all'ovile, prima che lo accusino di essere il padre di Corrado e Sabina Guzzanti.
Blogged with the Flock Browser

lunedì 6 ottobre 2008

Vagonate di balle

Embedded Video



Ora d'aria
l'Unità, 3 ottobre 2008

Un sondaggio commissionato su 2 mila persone dall’Ordine dei giornalisti Lombardia rivela che gl’italiani hanno un’immagine pessima (32%) o cattiva (23%) dei giornalisti. Ma va? Il 31 agosto, prima giornata di campionato, tg e giornali annunciarono che un’orda di ultras napoletani in partenza per Roma avevano assaltato l’Intercity “Modigliani” Napoli-Torino devastandolo, malmenando i controllori e sequestrando decine di passeggeri terrorizzati. Unica fonte della presunta notizia: un comunicato di Trenitalia che parlava di “treno interamente vandalizzato, danni ingenti a 11 carrozze, azionato più volte il freno d’emergenza, prima stima dei danni circa 500 mila euro”. Meglio del Vangelo.

Tg1: “Intercity per Roma, a bordo solo ultras: danni per 500 mila euro”. Tg2: “Caos alle stazioni di Napoli e Roma: i tifosi partenopei assaltano treno”. Tg3: “Tifosi del Napoli padroni del treno, inferno nella stazione di Napoli, 300 passeggeri in ostaggio, devastate le stazioni”. Studio Aperto: “Guerriglia, panico tra i passeggeri cacciati dal treno, 4 ferrovieri feriti”. Corriere della sera: “Assalto ultrà ai treni: danni e caos”. La Repubblica: “Assalto ultrà al treno, passeggeri cacciati dai tifosi”. Il Mattino: “Napoli, assalto ultrà al treno”. La Stampa: “Gli ultras distruggono il treno”. L’Unità: “Il treno della paura: Intercity in ostaggio dei tifosi napoletani”. Il Giornale: “Ultrà napoletani ‘rubano’ il treno: c’è la partita, cacciati i passeggeri” (segue commento: “Gomorra pallonara”). Qualcuno parla addirittura di “bombe carta” esplose all’arrivo alla stazione Termini. Poi governo e Polizia, sommersi dalle critiche per non aver saputo prevenire un evento piuttosto prevedibile, buttano lì che gli ultras erano camorristi travestiti e dediti al “terrorismo”. Altri titoloni a fotocopia: “200 pregiudicati sul treno degli ultras”. “Non ultras, ma camorristi e terroristi”. “Che fanno i giudici?”. “Tolleranza zero”.”Certezza della pena”. Il presidente della Lega Calcio Antonio Matarrese propone di arrestarne qualche migliaio e recluderli direttamente negli stadi, come faceva il buon Pinochet.

Che ne è di quel po’ po’ di casino a un mese di distanza? L’ha spiegato l’altra sera, in un’illuminante inchiesta dal titolo “La bufala campana”, l’inviato di Rainews24 Enzo Cappucci sulla scorta delle conclusioni del pm che segue il caso, Antonello Ardituro. Tanto rumore per nulla. Nessun arresto, nessuna devastazione. Solo alcuni episodi di danneggiamento. Nessuna bomba carta, al massimo qualche petardo e bengala. Delle lesioni ai controllori, per ora, nessuna traccia: Rainews ha chiesto invano i referti medici. Delle 11 carrozze “vandalizzate”, Trenitalia ne ha messe a disposizione degl’inquirenti solo 4: le altre continuano tranquillamente a viaggiare. E i “danni per 500 mila euro”? Nemmeno l’ombra. Digos e Carabinieri parlano di 80 tendine danneggiate, qualche sedile tagliato, due vetri rotti e un water divelto (ma che abbiano fatto tutto gli ultras è da provare, viste le condizioni in cui versano i treni anche senza ultras): roba da qualche migliaio di euro, non di più.

E gli “assalti alle due stazioni?”. Altra bufala: normali immagini di ordinaria tifoseria domenicale. Rainews mostra le sequenze dei tifosi veronesi che lasciano Napoli un paio d’anni fa, insultando poliziotti e napoletani nella solita nuvola di fumogeni (allora, però, sui giornali non uscì nemmeno un trafiletto). Cappucci intervista alcuni testimoni oculari. Tommaso Delli Paoli, segretario generale del sindacato di polizia Silp-Cgil: “Gli ultras non sono angioletti, ma non è accaduto niente di quel che si è voluto raccontare. Normali tensioni tra gli ultras con biglietti e documenti, che volevano raggiungere lo stadio di Roma, e i responsabili di Trenitalia che han bloccato il treno prima in stazione e poi di nuovo in aperta campagna. Non credo che abbiano tirato il freno d’emergenza, avevano fretta di arrivare a Roma. Pare che il treno mostrato in tv non fosse quello vero”. Violenze sul personale, sugli agenti e sui passeggeri? Due giornalisti sportivi austriaci, anch’essi sul treno incriminato, non han visto “nessuna violenza o scontro. Devastazioni? No, il treno era troppo pieno perché qualcuno potesse muoversi. L’unica paura è stata quella di perderci la partita, visto che il treno non partiva”. E la camorra? E il terrorismo? Qualche decina di pregiudicati c’erano: meno comunque di quelli presenti in Parlamento. Magari finirà con Trenitalia che ringrazia gli ultras: i loro cori potrebbero aver messo in fuga le zecche e i pidocchi.
Blogged with the Flock Browser

sabato 4 ottobre 2008

Visti da fuori

Di nuovo strangolata la democrazia italiana
Svezia - [Dagens Nyheter]
Roma. Silvio Berlusconi strangola la democrazia italiana minacciando riforme che diminuirebbero l’indipendenza del tribunale costituzionale del paese e l’organo superiore della magistratura. I partiti di opposizione lanciano allarmi e parlano dell’Italia come di una democrazia in pericolo.
Al centro, ancora una volta, ci sono i processi in cui Berlusconi è accusato di corruzione e frode fiscale. In estate il governo ha rapidamente votato una legge che gli dà immunità giuridica finché è primo ministro. Ma la legge non è ancora stata approvata dal tribunale costituzionale.
- Sono convinto che la legge passerà anche là. Se non lo dovesse fare, dovremmo riflettere attentamente sul funzionamento della giustizia, dice Silvio Berlusconi.
Il suo avvocato difensore, Niccolò Ghedini, che siede nella commissione parlamentare, dice al quotidiano La Repubblica che in futuro potrebbe essere attuata una riforma sia del tribunale costituzionale che dell’organo superiore della magistratura, il CSM. I suoi rappresentanti dovrebbero secondo l’avvocato Ghedini essere divisi tra giudici che dipendono dal presidente del paese e pubblici ministeri alle dipendenze del giovane ministro della giustizia di Berlusconi, Angelino Alfano, di 38 anni.
In parlamento è stata presentata anche una nuova proposta di legge che dovrebbe rendere possibile bloccare indagini preliminari che riguardano per esempio il governo. Una legge che potrebbe essere applicata al ministro delle comunicazioni Altero Matteoli.
Questi è accusato di aver abusato della propria posizione di ministro per aiutare alcuni potenti compaesani toscani ad evitare un’indagine preliminare riguardante costruzioni abusive.
Il leader dell’opposizione Walter Veltroni esprime con franchezza la propria preoccupazione in una lunga intervista al quotidiano Corriere della Sera.
- Se adesso non protestiamo sul serio rischiamo di ritrovarci in un’Italia simile alla Russia di Putin. Una democrazia impoverita e vuota in cui il potere tende a farsi autoritario. Chi non ci sta viene considerato un noioso ostacolo che i governanti preferirebbero eliminare, dice Veltroni.
Questi argomenti vengono respinti alla svelta da Berlusconi, che dice di non aver ”paura degli incontri di piazza della sinistra”. Durante la conferenza stampa di mercoledì, in cui il primo ministro era a Napoli per la nona volta per organizzare la pulizia della città e la battaglia contro la camorra, gli argomenti erano i soliti: 20 milioni di italiani lo hanno votato e vogliono che governi e non che passi tutto il suo tempo in tribunale a difendersi.
- Ho la fiducia del 68 per cento del popolo italiano, si è vantato Berlusconi.
Un primo ministro in gran forma. I forti dolori alla schiena che la settimana scorsa lo hanno obbligato a cancellare, oltre alle diverse riunioni per risolvere la crisi di Alitalia anche un discorso alle Nazioni Unite, sono del tutto spariti. Ma il primo ministro è anche stato quattro giorni a curarsi in terme di lusso in Umbria, andata e ritorno con l’elicottero di stato.

http://italiadallestero.info/archives/1199
Blogged with the Flock Browser

venerdì 3 ottobre 2008

Telespalla Bossi

Quando penso che questo personaggio da cabaret di infimo livello imperversa sulla scena politica da quasi 20 anni mi chiedo perchè non ho ancora fatto le valige.
Non so se sia più causa o sintomo del degrado culturale del nostro paese.
Interessante però la metamorfosi kafkiana del personaggio che dopo aver accusato per anni il pagliaccio preferito dagli italiani di mafia un bel giorno si è svegliato scarafaggio.
I filmati vanno assunti a stomaco vuoto, lontano dai pasti.


Embedded Video



Blogged with the Flock Browser

Balla a Balla


Ora d'aria - Marco Travaglio l'Unità, 2 ottobre 2008

L’altra sera, a “Porta a Porta”, Rosy Bindi e Di Pietro contro Gasparri e Verdini. A un certo punto, però, colpo di scena. Gasparri avverte Di Pietro: “Attento che Vespa di Giustizia se ne intende”. Qualcuno intravede un’allusione alla sua signora, la giudice Augusta Iannini, già intima di Squillante e dunque promossa da Castelli, Mastella e Angelino Jolie a direttore del ministero della Giustizia. Bruno Vespa, in arte Fede, capisce al volo: imparziale come sempre, si unisce al duo Pdl e comincia a pestare Di Pietro. Tre contro uno. Tema: i processi al Cainano: “Se Berlusconi - sostiene l’insetto - è un’anomalia, lo sono pure i 26 suoi processi, dai quali è sempre uscito assolto”. Pari e patta. Di Pietro prova a ricordare di averne avuti 33, di processi, ma lui si dimise da pm e da ministro per farsi giudicare (bella forza, era innocente), mentre il Cainano si assolve da sè depenalizzando i suoi reati e dimezzando la prescrizione con leggi ad personam.

Vespa, aspirante Ghedini, dice che “su 26 processi, 4 sono in corso, 4 sono finiti in prescrizione e 18 in assoluzione”. Tutti “successivi alla discesa in campo”. Parla di appena “4 leggi ad personam”. E sostiene che, per le tangenti alla Guardia di Finanza, “Berlusconi è stato assolto con formula piena”, mentre “il caso di Lentini al Milan era analogo a quello di Dino Baggio alla Juve, ma Agnelli non fu nemmeno chiamato a testimoniare, mentre Berlusconi fu condannato”. Cinque balle in cinque frasi.
1) Le leggi ad personam sono 16: decreto Biondi, Tremonti, rogatorie, falso in bilancio, Cirami, Maccanico-Schifani, ex-Cirielli, Gasparri, salva-Rete4, Frattini, condoni fiscale e ambientale, Pecorella, bloccaprocessi, Alfano, prossimamente intercettazioni.
2) Prima della discesa in campo, Berlusconi era già stato indagato nel 1983 (poi archiviato) per traffico di droga e imputato nel 1989 per falsa testimonianza sulla P2 (colpevole, ma salvo grazie all’amnistia del 1990); nel 1992-93 vari manager del suo gruppo erano sott’inchiesta per i fondi neri di Publitalia e del Milan, tangenti a Dc, Psi e Cariplo. Come scrive il gip bresciano Carlo Bianchetti nel 2001, archiviando le denunce berlusconiane contro il pool di Milano: “L’impegno politico del denunciante e le indagini ai suoi danni non si pongono in rapporto di causa ed effetto; la prosecuzione di indagini già iniziate e l’avvio di ulteriori indagini collegate in nessun modo possono connotarsi come attività giudiziaria originata dalla volontà di sanzionare il sopravvenuto impegno politico dell’indagato”. Anzi, è probabile che sia sceso in campo per salvarsi dalle inchieste già aperte sul suo gruppo, prevedendo che sarebbero giunte fino a lui.
3) I processi al Cavaliere non sono 26, ma 15: 5 in corso (corruzione Saccà, corruzione senatori, corruzione giudiziaria Mills, fondi neri Mediaset, Telecinco in Spagna) e 10 già conclusi, più varie indagini archiviate (6 per mafia e riciclaggio, 2 per le stragi mafiose del 1992-’93, ecc.).

Nei 10 processi già chiusi, le assoluzioni nel merito sono solo 3: 2 con formula dubitativa (comma 2 art.530) per i fondi neri Medusa e le tangenti alla Finanza (“insufficienza probatoria”), 1 con formula piena per il caso Sme-Ariosto/1. Altre 2 assoluzioni - All Iberian/2 e Sme-Ariosto/2 - recano la formula “il fatto non è più previsto dalla legge come reato”: l’imputato se l’è depenalizzato (falso in bilancio). Per il resto: 2 amnistie per la falsa testimonianza sulla P2 e un falso in bilancio sui terreni di Macherio; e 5 prescrizioni, grazie alle attenuanti generiche, che si concedono ai colpevoli, non agli innocenti: All Iberian/1 (finanziamento illecito a Craxi), caso Lentini (falso in bilancio con prescrizione dimezzata dalla riforma Berlusconi), bilanci Fininvest 1988-’92 (idem come sopra), 1500 miliardi di fondi neri nel consolidato Fininvest (come sopra), Mondadori (corruzione giudiziaria del giudice Metta tramite Previti, entrambi condannati).

4) Dunque, per le mazzette alla Finanza, niente formula piena, ma insufficienza di prove.
5) Il caso Lentini non era affatto analogo al caso Baggio: Lentini fu pagato dal Milan con fondi neri extrabilancio (reato), Baggio con una donazione personale di Agnelli (non reato). E comunque, per Lentini, Berlusconi non è mai stato “condannato”. Ora non vorremmo che l’imparziale insetto dovesse risponderne all’Authority o, Dio non voglia, scusarsi in diretta. Ma non c’è pericolo: in tv deve scusarsi chi dice la verità, non chi racconta balle. Emilio Vespa è in una botte di ferro.
Blogged with the Flock Browser

giovedì 2 ottobre 2008

Lo sport nazionale

Scaricabarile
 di Pino Corrias

Le colpe, in politica e nella vita pubblica, sono sempre degli altri. Quando Prodi non riuscì a rifilare (vantaggiosamente) Alitalia a Air France, la colpa fu dei sindacati e della Destra. Per Berlusconi, nel lungo settembre di trattative stop & go con Cai, Air France, Lufthansa, la colpa di ogni impasse era dei piloti, dei sindacati, delle hostess che giocano a golf e di Veltroni.
Anche davanti ai giudici, Berlusconi ha adottato lo stesso scarica barile. Corruzione? Fondi neri? Falso in bilancio? Chiedete a mio fratello. Chiedete a mio cugino. Chiedete ai miei manager.

I rifiuti che ingombrano Napoli da quasi due decenni, arrivano sempre “dal governo precedente”. Persino Bassolino, che guida la Regione Campania da due mandati, cioè dal 2000, se ne professa estraneo e quando qualcuno glieli rinfaccia si guarda intorno, si stringe nelle spalle, dice: “E io che c’entro?”.

Il debito pubblico italiano - oggi a quota 1621miliardi di euro - non lo ha scavato nessuno, lo hanno ereditato tutti, la Destra dalla Sinistra e viceversa, al massimo è colpa di Bettino Craxi, defunto in latitanza. La colpa della crisi economica non è mai nostra, ma europea, anzi americana, dell’11 settembre, degli arabi, delle Cina. La colpa dei morti ammazzati sulle strade è dei rumeni ubriachi. La colpa dei furti è degli zingari. La colpa della disoccupazione è degli immigrati che lavorano in nero. La colpa della cattiva scuola è del ’68 e della scomparsa dei grembiuli. La colpa delle prostitute è dei clienti. La colpa dei clienti è delle prostitute. La colpa delle prostitute e dei clienti è della mafia albanese. La colpa della mafia albanese è della globalizzazione e di Bruxelles, dei suoi burocrati, dell’euro, del nuovo secolo. Poveri noi, anziani e  bamboccioni, che di tante cattiverie altrui siamo sempre le vittime innocenti.
Blogged with the Flock Browser

mercoledì 1 ottobre 2008

I pompieri di Viggiù - Marco Travaglio

Ora d'aria
l'Unità, 1 ottobre 2008

Negli Stati Uniti il Parlamento, libero e sovrano, boccia sonoramente il piano di salvataggio della finanza tossica americana a spese dei contribuenti, firmato dal presidente Bush con l’accordo dei vertici dei partiti democratico e repubblicano. In Italia il Parlamento è una pròtesi del presidente del Consiglio, che lo convoca e lo sconvoca a seconda delle scadenze dei suoi processi e dei finti impedimenti dei suoi onorevoli avvocati, per il resto bypassandolo allegramente con continui decreti legge (su 12 leggi approvate finora, 11 sono dl e solo uno è un ddl, la porcata Alfano, ovviamente incostituzionale). E le possibilità che il Parlamento bocci il piano delinquenziale che scarica sui contribuenti i debiti dell’Alitalia per regalarne la parte sana a una compagnia di giro di profittatori di regime, capitanata da Colaninno condannato dal Tribunale di Brescia a 4 anni per la bancarotta del gruppo Italcase-Bagaglino, è pari a zero. Anzi, una volta tanto che il Pd non c’entrava nulla in una sciagura, Veltroni s’è precipitato a rivendicarne il merito.

Negli Usa la gente scende in piazza da Denver a Washington contro i profittatori di regime al grido di “Aiuti a Main Street, non a Wall Street”, “Niente salvagente, per questi ci vuole la galera”. In Italia manifestare in piazza è considerato eversione e invocare la galera per i ladri di Stato non si usa più: sarebbe giustizialismo. Negli Usa Obama e Mc Cain se le suonano di santa ragione. In Italia, se il leader del Pd comincia con quattro mesi di ritardo a fare opposizione al governo più indecente della terra, si becca subito i rimbrotti del Corriere della sera per la penna, anzi l’estintore, del pompiere di Viggiù, al secolo Pigi Battista. E viene subito sbugiardato dai suoi compagni di partito. Per Enrico Letta, “non si vincono le elezioni del 2013 con l’antiberlusconismo”: infatti ha appena perso quelle del 2008 dialogando con Berlusconi (che intanto monologava, chiamava Veltroni “maschera di Stalin” e vinceva a mani basse). Ma c’è di meglio: tal Giorgio Tonini del Pd, in un convegno a Orvieto, lancia con Enrico Morando l’idea di “separare le carriere di pm e giudici”, che sarebbe anche originale, se non l’avessero già lanciata Gelli, Craxi e Berlusconi. Più innovativa un’altra trovata del Tonini: la deriva putiniana denunciata da Veltroni non sarebbe colpa di Berlusconi ma, pensate un po’, di Prodi. Il quale, essendo l’unico ad aver battuto Berlusconi, è stato spedito a casa anzitempo, così impara a non perdere le elezioni come tutti gli altri.

Intanto Al Tappone, sempre spiritoso, annuncia: “Basta dialogo con Veltroni”. Un po’ come se Putin annunciasse “basta dialogo con la Georgia”. D’Alema, per punizione, lo candida subito al Quirinale: “Se si arrivasse a un sistema presidenziale, Berlusconi potrebbe concorrere alla massima carica della Stato perché ci sarebbero quei pesi e quei contrappesi che consentirebbero anche a lui di governare meglio il Paese”. Frattanto, in Francia, il presidente Sarkozy è bersagliato dalle polemiche per aver osato partecipare all’assemblea condominiale e interessarsi della nuova rete fognaria della villa della suocera in Costa Azzurra, non per procurarle privilegi, ma solo perché siano rispettati la legge e l’ambiente.

In Italia il premier attacca i giornali altrui, essendo proprietario di giornali. Attacca le tv altrui, essendo proprietario di tv. Attacca i giudici, essendo imputato. Confessa, dopo aver mentito promettendo di non usarlo, che il Lodo Alfano gli serve “contro i giudici politicizzati”. Ma il pompiere Battista trova che la colpa della fine del dialogo sia tutta di Veltroni, che osa addirittura descrivere il premier come “nemico ontologico della democrazia”, cioè per quello che è, mentre il Cainano sarebbe colpevole soltanto di qualche “reazione sgarbata”. Ma certo, uno che minaccia la Consulta di rappresaglie se oserà dichiarare incostituzionale una legge incostituzionale, uno che definisce “nemici” i giudici che si occupano dei suoi reati, uno che passeggia quotidianamente con le scarpe chiodate (con tanto di rialzo interno) sulla Costituzione, uno che annuncia con l’apposito Ghedini la riforma del Csm di cui il capo dello Stato non sarà più presidente, uno che vola sull’elicottero di Stato in una beauty farm chiusa per lavori ma fatta riaprire apposta per lui e ci trascorre tre giorni anziché andare all’Onu a rappresentare l’Italia, ecco, uno così è soltanto un po’ sgarbato. Birichino.
Blogged with the Flock Browser