Nelle crisi economiche la retorica è sempre l’unica merce in abbondanza, ma stavolta la faccia di bronzo dei potenti ha stracciato tutti i primati.
Nell’ultimo mese da presidente, Gorge W.Bush è passato da liberista a socialista e ha rinnegato la politica, i dogmi e le amicizia di otto anni. Per completare la conversione manca che diventi pacifista.
Benedetto XVI ha lanciato l’alto messaggio che “il denaro è nulla”. Che cos’è, un’autocritica? L’unica religione che dispone direttamente di un immenso patrimonio immobiliare e finanziario, di uno Stato con diritto di battere moneta, di una banca (lo Ior) fra le più spregiudicate al mondo, spiega ai fedeli che il denaro è un falso valore.
Se commisurare la predica la pulpito non è un problema per il Papa, figurarsi per Berlusconi. Il premier del governo fondato sul conflitto d’interessi si traveste da Savonarola e annuncia che vigilerà sull’etica del capitalismo. E in che modo? Forse cancellando anche il reato di bancarotta, oltre al falso in bilancio?
Nel pomeriggio la maggioranza inserisce nel decreto Alitalia una norma per salvare dalle condanne Tanzi e Geronzi. Pizzicato da Report e Repubblica, la ritira. Non senza altre sceneggiate, Berlusconi che finge di non sapere nulla, Tremonti che minaccia dimissioni. Ma come, sono i padroni della maggioranza e si fanno trattare da fessi?
Tutti giurano ora di volerla fare finita con le bolle finanziarie, con l’economia di carta: si torna all’economia reale. Ma se torniamo all’economia reale, sparisce un quarto del benessere dell’Occidente, del consumismo fondato sui debiti. Nell’economia reale gli Usa valgono ormai meno della Cina, Germania e Giappone meno dell’India, L’Italia meno di Brasile e Corea. Bisogna rassegnarsi a diventare più sobri. Ma è una verità con cui non si vincono le elezioni. Meglio festeggiare in villa e mandare messaggi di ottimismo.
La retorica serve a mascherare gli interessi reali, come nella questione degli immigrati. L’Italia sopravvive grazie al lavoro degli stranieri. Rimpatriare gli irregolari, limitare gli ingressi dei regolari significherebbe mandare a gambe all’aria un quinto del sistema produttivo. Infatti tutte le leggi sull’immigrazione sono studiate per non essere applicabili.
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