venerdì 31 ottobre 2008

La tv dell'apocalisse

La tv dell'apocalisse
Roberto Brunelli

Qualche volta vien da pensare all'apocalisse. Niente anime dannate, giudizi universali, armagheddon fiammeggianti o bizzarrie del genere, niente film catastrofici, glaciazioni improvvise, meteori giganti che si spiaccicano sulla Terra. No, vien da pensarci guardando la tv della domenica sera, o i giochini dove i conduttori fanno domande da scemi a gente che pare fatta con lo stampino: "La ciambella è: a) un attrezzo per nuotare; b) una pastella fritta col buco; c) un cellula fotovoltaica?". I coraggiosi che si soffermano chissà perché sull'incredibile programma di Pupo, hanno avuto modo di assistere ad alcuni dei peggiori numeri comici di tutti i tempi: roba di gente che casca per terra, con battute flaccide come un pesce marcio. Nemmeno il pubblico in studio, sobillato dallo staff della trasmissione, riesce ad applaudire.

Ora, il tema è più stringente di quello che si potrebbe pensare, nel senso che ha che vedere strettamente con la qualità della convivenza nel nostro paese, visto che l'Italia è imbevuta di monocultura televisiva sempre più uguale a se stessa. Gli esempi vengono dall'estero: mentre i media si scannano su Obama & McCain e politologi perdono il sonno cercando di eviscerare i vantaggi di un new-new deal, da apposite ricerche statunitensi arriva la drammatica scoperta che circa un terzo dell'elettorato americano ignora che differenze che siano tra i democratici e i repubblicani. Non solo. I due terzi decidono cosa pensare dei candidati alla Casa Bianca in base agli spot in tv. Meno della metà sa che l'America è l'unica potenza ad aver fatto uso della bomba atomica, e più o meno gli stessi fino al 2005 pensavano che l'attentato dell'11 settembre fosse stata opera di Saddam. A proposito: il 60% dei cittadini statunitensi non sa dove diamine si trovi l'Iraq.

L'Italia? Si suppone che ancora non sia a livelli americani. Ma, di reality in reality, di giochetti milionari in meteorine e veline, e in sovrappiù in complicità con una politica governativa volta a destrutturare completamente la scuola pubblica, è fin troppo facile profetizzare che la strada è quella. "Analfabetismo di ritorno", viene chiamata questa malattia, e gli schermi nostrani s'impegnano assai a contribuire massicciamente a questa smobilitazione dei cervelli. La mattina c'è gente che, nel migliore dei casi, gira con la pastasciutta in mano, la sera si conclude con programmi di estensione ciclopica la cui massima vetta di civiltà è la celebrazione della tv del passato o il tripudio di miracoli venduti un tanto al chilo in diretta nazionale, in mezzo ci sono i salotti del pomeriggio dove contrabbandare miserie varie come aspirazioni collettive.

Pensare male, diceva Moretti. Parlava - e prima di lui Pasolini - della progressiva e collettiva destrutturazione delle menti, in qualche modo inquinate da un linguaggio che si presenta ogni giorno di più come un terreno devastato, sempre più oscuro nella sua apparente popolarizzazione. Perdita di senso: in fondo, è questa l'apocalisse. No?
Blogged with the Flock Browser

Nessun commento: