domenica 31 maggio 2009

La nazione degli elusi


di ILVO DIAMANTI

A una settimana dal voto europeo l'incertezza elettorale rimane alta. Non solo: aumenta. Secondo alcuni sondaggi, la quota degli indecisi nelle ultime settimane si è, infatti, allargata sensibilmente. Era inferiore a un quarto degli elettori, un mese fa. Oggi è quasi un terzo.

È singolare, perché l'avvicinarsi della scadenza, normalmente, produce l'effetto opposto. Il passaggio dall'indecisione alla decisione. Occorre, certo, considerare la particolarità di questa consultazione. La partecipazione alle europee, infatti, è sempre più limitata rispetto alle altre elezioni. In Italia, nel 2004, ha votato il 73% degli aventi diritto. Una percentuale, peraltro, molto superiore agli altri paesi della Ue (la cui media complessiva fu del 45%). Il fatto è che le elezioni europee hanno un significato diverso delle altre, per gli elettori. In Italia, il paese più eurofilo, in questa campagna non si è mai parlato di Europa. Manco per sbaglio. Ciò che interessa ai partiti e ai media sono gli effetti del voto "interni" all'Italia. Sui rapporti tra maggioranza e opposizione. Sugli equilibri inter-partitici della maggioranza e dell'opposizione. Tuttavia, se si escludono i temi della sicurezza e dell'immigrazione, il dibattito ha trascurato anche le questioni nazionali. Si è, invece, concentrato intorno ai fatti personali e familiari del presidente del Consiglio. E ciò ha alimentato la tentazione di molti elettori di non partecipare al voto. "Usando" il voto, ma anche il "non voto", come un segnale. Come avvenne nel 2004, quando a pagare fu soprattutto Forza Italia. Abbandonata da un'ampia quota di elettori delusi. Fi ottenne, allora, 6 milioni e 800mila voti, il 21% sul totale dei voti validi. Cioè: 4 punti percentuali e 1 milione meno delle precedenti elezioni europee del 1999, ma 4 milioni e l'8% in meno rispetto alle politiche del 2001. Il recupero inatteso del centrodestra, e soprattutto di Fi, in occasione delle elezioni politiche del 2006, in effetti avvenne soprattutto mobilitando gli astenuti del 2004. Riportando alle urne i "delusi".

Per questo conviene fare attenzione al popolo degli incerti. Alla sua evoluzione, che in questa fase appare in controtendenza rispetto al consueto. Questo fenomeno ha diverse facce e diverse spiegazioni. Colpisce entrambi gli schieramenti elettorali. Da un lato, a sinistra, ci sono gli "esuli". Così abbiamo definito, tempo addietro, gli elettori del Pd del 2008 che, in seguito, avevano mostrato una crisi di rigetto. Allontanandosi dal Pd, considerato una opposizione debole e inefficace. Ma anche e soprattutto dalla politica. E dagli italiani. Estranei nel paese del Gf e degli Amici. Del Tg unico. Dell'intolleranza e dell'assuefazione a ogni vizio pubblico e privato. Esuli in patria. Lontani dal berlusconismo. Irriducibili a ogni dialogo con la maggioranza del paese. Dunque, con il paese. Da ciò il collasso dei consensi del Pd, stimato, a febbraio, circa 10 punti meno del 2008. Elettori confluiti solo in minima parte in altri partiti. La maggioranza di loro, invece, si era semplicemente dimessa dalla politica e dall'Italia. Un esodo riassorbito. Ma solo in qualche misura. Per cui il Pd ha ripreso a crescere, anche se il risultato di un anno fa resta lontano. Una parte dei suoi elettori è ancora esule. Un'altra parte, invece, si è accostata a Di Pietro. Un'altra ancora ai partiti della sinistra. Da cui proviene e che aveva abbandonato nel 2008, in nome del "voto utile". Un richiamo, in questa occasione, molto meno significativo.

Tuttavia, l'aumento degli indecisi in questa fase avviene, anzitutto, insieme al calo del Pdl. Di proporzioni ridotte. Una slavina, non un'alluvione. Ma costante nelle ultime settimane. Anche il peso degli elettori fedeli, nel Pdl, si è ridotto sensibilmente.
Una tendenza parallela e coerente alla fiducia nel presidente del Consiglio. Il cui consenso personale è declinato in modo sensibile nelle ultime settimane. Nonostante gli indicatori del clima d'opinione, dal punto di vista economico, e il giudizio nei confronti del governo non siano peggiorati.

Si assiste, cioè, a una sorta di sconcerto, fra gli elettori del Pdl, partito personalizzato e personale. Le faccende personali e familiari del premier hanno infastidito anche un pubblico come quello italiano. Ormai quasi incapace di stupirsi, se non di indignarsi. Anche l'elettorato medio, a cui si rivolge il Pdl, ne è disturbato. Non tanto per il clamore sollevato dai giornali "nemici" (che ovviamente non legge). Ma semmai per le prudenti critiche del clero.
Così, c'è una quota di elettori che da qualche settimana si pone in stand-by. In attesa. E stenta a dichiarare il proprio voto per il Pdl nei sondaggi. Per disagio, come ha osservato nei giorni scorsi Nando Pagnoncelli. Anche se ciò non significa che, fra una settimana, non lo voterà. Oggi però non lo dichiara. Sono elettori clandestini: invisibili e reticenti. Evitano di esprimersi e di apparire. Più che per "delusione", come in passato, per "elusione". Per disorientamento e imbarazzo. Atteggiamenti che, fra una settimana, potrebbero venir messi da parte. O forse no. In fondo si tratta di elezioni europee: se non dai un segnale in questa occasione, quando mai?

Tuttavia, l'indecisione che cresce fra gli elettori in prossimità del voto descrive bene il sentimento di questo paese spaesato. Affollato di "esuli" e di "elusi". Che cercano soluzione nella dissoluzione. O meglio, nella dissolvenza intermittente. Vorrebbero scomparire per riapparire in tempi migliori.

(31 maggio 2009)

sabato 30 maggio 2009

Il reality show

Sui siti internet c’è da tempo una rubrica fissa dedicata ai «cappelli di Berlusconi». È una photogallery con le immagini del premier-pompiere, del premier-esploratore-artico, del premier-cow boy, del premier-giocatore-di-baseball etc etc. Ieri s’è aggiunta quella del premier-cuoco-delle-tendopoli. E presto la galleria sarà arricchita da un premier-primo-ufficiale nelle crociere sul Mediterraneo che ieri ha promesso ai terremotati abruzzesi. Sono cose che succedono qua da noi, a Berlusconistan, come la nostra povera Italia è stata appena ribattezzata dal Time. a rubrica sui cappelli è nata da un’evoluzione di quella sui capelli, con una p, che fu inaugurata dallo storico trapianto del 2004 e dalla conseguente bandana che, per la gioia della famiglia Blair, andò a coprire i follicoli in fiore. Sono passati appena cinque anni, ma sembrano mille. La bandana creò un po’ di stupore. Oggi il premier potrebbe sistemarsi sul cranio la Nike di Samotracia o Mara Carfagna o, perché no?, Fabrizio Cicchitto e pochi ci farebbero caso. Il travisamento è la condizione ordinaria del presidente dello Stato libero di Berlusconistan. A volte è fisico, ed ecco i cappelli, i capelli, il cerone e i tacchi a spillo, altre volte si estende all’intera realtà che lo circonda e, ahìnoi, ci circonda. A volte ha la funzione di nasconderla, la realtà, altre di obbligarci a distogliere lo sguardo da essa per rivolgerlo altrove. Scoppia il penoso caso-Noemi ed ecco un furibondo attacco al Parlamento, ai giudici, alla moglie e al composito fronte della «stampa comunista»: da Famiglia Cristiana al Financial Times. La crisi economica divampa ed eccolo - il giorno in cui il governatore della Banca d’Italia nella sua relazione annuale dà le cifre di un’autentica catastrofe - tra le consuete macerie abruzzesi. È un po’ nervoso. Forse teme che qualcuno, tra la folla, possa gridare qualcosa di inopportuno. Chissà. Fatto sta che sferra un attacco preventivo alla magistratura «eversiva» che vuole «cambiare il voto popolare». A cosa si riferisce? Niente. Riprende il controllo, cambia maschera. Ed ecco il cappello da cuoco e le promesse a vanvera. Gli allegri campeggiatori abruzzesi potranno proseguire la vacanza sul mare. Già, andranno in crociera. Sul Titanic. Le cifre del naufragio parlano di una disoccupazione destinata a superare il 10 per cento. Di due milioni di precari che a fine anno resteranno senza lavoro. Di un milione e 600mila lavoratori che non avranno alcun sostegno se perderanno il posto. Di altri 800mila che devono sopravvivere con 500 euro al mese. E parlano, sia pure con molta prudenza, dell’inadeguatezza di una politica economica che ha trascurato le prime e più fragili vittime della crisi: i lavoratori precari e le piccole imprese. Com’era naturale, il premier si è detto soddisfatto. Ha definito il discorso del governatore «molto berlusconiano». E subito dopo è rientrato nel camerino per preparare la prossima puntata di quello che l’organo del Partito comunista americano, il New York Times, ieri ha definito «un reality show».

Berlusconi impunito

[El País]

Il comportamento politico e personale del primo ministro fa perdere credibilità all’Italia
Silvio Berlusconi ha concluso il primo anno del suo terzo mandato. Populista come non mai, Berlusconi continua a dimostrarsi tanto capace di governare per se stesso quanto incapace di pensare alla collettività. Esattamente come quando debuttò in politica, quasi 15 anni fa. Con il passare del tempo ha raggiunto l’unico obiettivo che realmente gli interessava: l’immunità giudiziaria. Nel mezzo di una sinistra inesistente, i sondaggi la danno 15 punti dietro i conservatori, il premier italiano mantiene ad oggi l’appoggio popolare, esercita un controllo ferreo sui media, fa promesse che non rispetterà, e quando lo ritiene opportuno si allea con la Chiesa. Nel complesso, si presenta come una specie di politico fortunatamente dimenticata nell’Europa democratica.
Le ultime decisioni del suo Governo rivelano un aumento inquietante d’impunità morale. Berlusconi ha lasciato che la Lega Nord facesse indisturbata propaganda e seminasse la paura del diverso per criminalizzare gli immigrati, i quali adesso dormono in Libia invece che a Lampedusa. Inoltre, ha recentemente dato il colpo di grazia alla già precaria indipendenza della televisione pubblica nominando come nuovi dirigenti dei suoi fedeli seguaci. Ha poi risposto all’esemplare sentenza del caso Mills, talmente documentata e inequivocabile che qualunque altro dirigente si sarebbe dimesso all’istante, accusando la giustizia penale di essere “una patologia del sistema”. Berlusconi cerca di assoggettare i giudici per riformare il sistema a suo piacimento, in modo che in Italia sia praticamente impossibile condannare qualcuno per i crimini dei colletti bianchi.
A 72 anni, la fragile relazione del Cavaliere con l’aspirante soubrette Noemi Letizia gli è costata il divorzio ed ha rivelato un clima decadente da basso impero, che persino la Chiesa comincia a criticare. Lo scandalo ha assunto una dimensione politica tale da mettere il leader italiano sulla difensiva. Accusando l’opposizione di strumentalizzare la situazione in concomitanza con le elezioni europee del prossimo mese ed il G8 di luglio, ha annunciato di voler comparire in Parlamento per difendere il proprio nome, senza però precisare quando. Berlusconi, sprezzante delle regole del gioco democratico, ha mentito ripetutamente a proposito della sua relazione con Noemi e si rifiuta di rispondere alle domande elementari che il quotidiano La Repubblica gli ha posto al riguardo. Tutto ciò fa pensare che l’Italia abbia davanti a se 4 (quattro) anni di barzellette e di scarsa credibilità.

giovedì 28 maggio 2009

Black-out sui conti dei mafiosi

PALERMO - Basta disattivare una password per rafforzare Cosa Nostra. Una sequenza di numeri e lettere che dal 5 marzo è stata tolta alla Procura di Palermo che, da oltre due mesi, non può più monitorare e sequestrare i conti correnti bancari dei boss.
Mentre la repressione va avanti senza sosta – con un'azione investigativa costante anche sul fronte dei rapporti deviati tra mafia e politica, decine di processi in corso e centinaia di arresti di boss e affiliati che sfiancano l'esercito delle cosche - la lotta ai capitali mafiosi, vale a dire il cuore dell'azione di contrasto, fatica.
Con quella password – che apre i file dell'Anagrafe dei rapporti finanziari – magistrati e polizia, sotto copertura, dal 5 gennaio al 4 marzo, accedevano ogni giorno ai conti, ai depositi, ai dossier titoli e alle transazioni da un capo all'altro del mondo di Cosa Nostra. «Dalla sera alla mattina – spiega il procuratore aggiunto di Palermo, Roberto Scarpinato – i ministeri della Giustizia e dell'Economia ce l'hanno tolta per motivi burocratici dopo avercela data, per grazia ricevuta, a distanza di 18 anni dalle previsioni legislative. La restituzione di quella password, a noi e a tutte le Procure, è la maniera migliore per onorare con i fatti e non a parole la memoria di Giovanni Falcone, della moglie e della scorta, morti 17 anni fa a Capaci».
«Con questa revoca – prosegue Scarpinato – siamo tornati agli anni in cui bisognava fare richiesta di informazioni a ogni singola banca. Nelle regioni del Sud c'è un problema ulteriore: il tessuto creditizio è profondamente inquinato, molte operazioni sospette vengono fatte sparire e non manca chi avvisa i boss delle indagini in corso. In questi mesi, a causa di questo scippo, abbiamo perso l'occasione per sequestrare miliardi. Scandalo nello scandalo, la password non è stata data neppure alla Banca d'Italia che ha il compito di contrastare il riciclaggio dei capitali sporchi».
Battere Cosa Nostra sul terreno dei capitali e dei patrimoni inquinati è un chiodo fisso per magistrati, Forze di polizia e Gdf, che spingono l'acceleratore su sequestro e confisca dei beni immobiliari, la cui gestione è affidata a un Commissario straordinario, anche se i più spingono per la creazione di un'Agenzia autonoma. Alla fine del 2008 i beni confiscati erano 8.466 (di cui 3.930 in Sicilia), con un valore di mercato di decine di miliardi.
Ma prima che gli immobili sequestrati rientrino nel pieno godimento della collettività passano anche 17 anni e sono numerosi i casi di prestanomi della mafia che ne sono rientrati in possesso.
La Procura di Palermo, di fronte alle difficoltà, rilancia: a giorni sarà potenziato il Dipartimento "Mafia ed economia" che conta su un pool di magistrati e investigatori specializzati nella lotta all'economia illegale. Finora i risultati non sono mancati: da gennaio 2008 a oggi la Procura ha sequestrato 2,7 miliardi tra beni mobili e immobili. «La lotta a Cosa Nostra – conclude Scarpinato – passa da qui, il resto sono chiacchiere. L'arresto di 100 estorsori serve ma tra due mesi ce ne saranno altri 100 pronti a chiedere gli arretrati con gli interessi. Per questo chiediamo a commercianti e imprenditori di denunciare e a Confindustria Sicilia, che espelle chi paga il pizzo, sollecitiamo un passo in più: l'allontanamento di tutti coloro che hanno avuto una sentenza passata in giudicato o hanno processi in corso per mafia». «Nonostante la ribellione di Confindustria e associazioni come Addio Pizzo – aggiunge il magistrato della Direzione nazionale antimafia Roberto Alfonso – il fenomeno estorsivo non è arretrato di un millimetro. Anzi: è in pericolosa crescita». I dati della Direzone investigativa antimafia, diffusi ieri, sembrano confermarlo: le denunce 2008 per estorsione, usura e riciclaggio sono in calo (si vedano grafici). Ad Andrea Vecchio – a capo degli edili catanesi e una vita blindata, il prezzo pagato al coraggio della denuncia – spetta un commento. «Burocrazia e malapolitica – spiega – non aiutano chi denuncia e chi si espone. La repressione dello Stato fa passi in avanti ma non basta, non basta».
Insomma, il circuito di legalità che parte dal basso fa fatica. Gli imprenditori condividono e criticano. A partire da Giuseppe Catanzaro, vicepresidente di Confindustria Sicilia, altra esistenza blindata per le continue minacce di morte. «Dobbiamo capire – afferma – che Cosa Nostra ha il solo fine di creare profitto. Per sconfiggerla bisogna però avere la certezza che chi viene condannato resti in cella e viva da povero. Invece le scarcerazioni dei boss e degli estorsori si susseguono e non vedo né il Governo né il Parlamento asserire in maniera corale questo banale principio. Quanto all'invito di Scarpinato, Confindustria Sicilia lo ha già fatto suo: è sospeso chi ha un processo, viene cacciato chi è stato condannato. La stessa severità vorrei vederla nelle pubbliche amministrazioni che devono cacciare i dirigenti che ritardano i procedimenti amministrativi a danno delle imprese oneste e a favore di quelle mafiose. Ci sono ancora troppi politici locali che non adottano i principi di questa catena di legalità».
Nel giorno in cui sarà posata l'ennesima corona di fiori a piedi dell'albero Falcone a Palermo, servirà forse spostare lo sguardo un pò più in là, verso il porto di Palermo, dove oggi attracca la nave con studenti provenienti da ogni parte d'Italia, partita ieri da Napoli. «E allora converrà ricordare – rammenta Maria Falcone, sorella del giudice – le parole di Gesualdo Bufalino».
La mafia - amava ripetere lo scrittore di Comiso - sarà sconfitta da un esercito di maestri elementari. Speriamo che sappiano insegnare che una password non serve solo per accedere a Facebook ma anche per bruciare i soldi sporchi e con loro l'anima di Cosa Nostra.

The real sin of Silvio Berlusconi

It’s quiz time, and here’s your starter for ten. Which 18-year-old hottie home-breaker, as the European tabloid press is calling her, recently made the immortal statement: “I want to be a showgirl. But I’m also interested in politics. I am flexible.”

Yes, it’s Noemi Letizia, the teenager at the centre of a divorce suit launched against 72-year-old Italian premier Silvio Berlusconi by his wife, Veronica Lario. Reading the interview that young Noemi gave to the Corriere del Mezzogiorno newspaper (”I often sing with Papi Silvio at the piano, or we do karaoke”), it’s hard to know who to feel more sorry for - Lario, Noemi’s ex-fiancé Gino Flaminio, or the entire 60m Italian people.

Flaminio has every reason to feel hard done by. He says he went out with Noemi for 16 or 17 months - “it was a serious relationship” - until, half a year ago, she received a phone call out of the blue from the prime minister. And that, as they say, was that.

Flaminio will probably console himself one day that he’s better off without the flighty Noemi. By contrast, opinion polls show that the Italian people seem determined to stick with Berlusconi, whose ratings remain remarkably high more than a year after he assumed the premiership for the third time in 15 years.

Berlusconi’s adversaries, in and outside Italy, seethe with fury when they see how he gets away with it. Less than two weeks ago a Milan court ruled that David Mills, a British corporate lawyer sentenced to be jailed for accepting a $600,000 bribe in 1997, had given false testimony to protect the billionaire Berlusconi and his Fininvest holding company. In any other western European country, a scandal of these dimensions would have brought down the premier in less time than it takes to say “Papi”. But not in Italy, where Berlusconi succeeded last year in ramming a bill through parliament that gave him immunity from prosecution.

Of course, the premier denies that he did anything wrong and says it’s all a plot by leftwing judges and prosecutors to destroy his political career. This depressing ritual of accusation and counter-accusation between Berlusconi and the judiciary has been going on for many years and shows no sign of stopping.

In the court of public opinion, however, some may consider it surprising that Berlusconi has not been convicted of being one of the worst stewards of the Italian economy since 1945. His first, short-lived government in 1994 achieved nothing. His five-year spell in power from 2001 to 2006 was notable mainly for its failure to introduce the liberalising reforms that Italy desperately needs to make itself competitive in the eurozone. Now, he is presiding over a slump that the International Monetary Fund thinks may make Italy the only eurozone country to experience three consecutive years of recession from 2008 to 2010.

Worst of all, Italy’s public debt is set to soar to 116 per cent of gross domestic product by 2010, according to the European Commission. In other words, Italy will be back where it was in the late 1990s.

Noemi or no Noemi, this is Berlusconi’s real sin.

http://blogs.ft.com/brusselsblog/2009/05/the-real-sin-of-silvio-berlusconi/

mercoledì 27 maggio 2009

Basta solo che sia giovane e un po’ sexy

[Volkskrant]

Una serata televisiva qualsiasi in Italia: milioni di spettatori si sintonizzano in prima serata su Canale 5, l’emittente televisiva più importante del premier Silvio Berlusconi. Sullo schermo vedono l’apice di una competizione che hanno potuto seguire quotidianamente da settimane: un salotto pieno di uomini e donne strillanti che si abbracciano calorosamente in un borgo siciliano.
’Costanza! Sei stata fantastica! Grandiosa! Buona fortuna tesoro!’, urlano beatamente davanti all’obiettivo alcune giovani donne. Un giovanotto emozionato dice di sperare che Costanza ’adesso possa realizzare tutti i suoi sogni’. Una ragazza è talmente sconvolta dal risultato ottenuto da Costanza che quasi non può parlare. ’Sono senza parole’, singhiozza. Costanza Caracciolo, dal canto suo, fa sapere ai telespettatori di provare ’un’emozione indescrivibile’. ’Adesso sono arrivata dove ho sempre sognato di stare’, dice.
Veline
Ma che cosa è riuscita a fare questa diciannovenne siciliana? Ha vinto un test nazionale di erudizione? Ha fornito una prestazione eccellente in ambito sportivo? Molto meglio ancora: è stata scelta come velina bionda del popolare programma televisivo Striscia la notizia. La Caracciolo potrà perciò essere vista in tivù sei giorni alla settimana mentre balla e si contorce insieme alla mora collega Federica Nargi - una volta con tacchi alti e vestitino in latex, un’altra magari scalza e con addosso solo intimo piccante.
Veline è il nome delle giovani che alla televisione italiana accompagnano con gonnelline estremamente corte presentatori maschi per lo più di mezz’età. Non si scatenerebbero più commenti di quanti ne faceva l’olandese Leontine Reuters, pronta assistente di Hans van der Togt alla Ruota della fortuna, se i potenti signori dello sport, dello show business e della politica italiani semplicemente le escludessero del tutto.
Ma le veline dominano nuovamente i media, da quando si è saputo che il premier Berlusconi voleva riempire la lista dei candidati del suo partito per le elezioni europee di presentatrici della tivù, cantanti, fotomodelle ed un’ex candidata del Grande Fratello. ‘Ciarpame senza pudore’, così la moglie di Berlusconi, Veronica Lario, ha definito la selezione di potenziali europarlamentari.
Noemi Letizia
Poi il premier è passato anche dal compleanno della diciottenne Noemi Letizia, una ragazza napoletana completamente sconosciuta che ha dichiarato di fare regolarmente compagnia a Berlusconi a Roma o Milano. Noemi ha detto di confidare che ‘papi’, come lei chiama il presidente del consiglio, le assicurerà un futuro ‘in televisione o in parlamento’.
Mentre gli interrogativi sul misterioso legame tra il premier e la ragazza crescono di giorno in giorno, il mestiere di velina guadagna sempre maggiore popolarità. Furio Fusco non se ne sorprende più. ‘Questo genere di cose avviene regolarmente’, dice il direttore dell’agenzia di casting Time Out nel suo studio di Roma. ‘Anche un paio di anni fa c’è stato un grosso scandalo con modelle e presentatrici. Delle donne andavano al Ministero degli Esteri a fare non si sa bene cosa con questo o quello, in cambio di favori.’

Senza un’istruzione decente
Molte donne lo accettano, fa sapere Fusco. ‘Non hanno altra scelta. Molte non hanno un’istruzione decente. E se anche ce l’hanno non importa granché. Il fatto è che l’Italia non è un paese in cui si viene valutati per i propri meriti. Se conosci le persone giuste e se fai parte del sistema italiano di favori reciproci, puoi ritrovarti in posizioni per cui non sei neanche lontanamente qualificato. Per molte ragazze questo è il modo per diventare famose.
Di tanto in tanto ricoprono persino funzioni importanti negli intrighi politici, da cui anche Hollywood avrebbe qualcosa da imparare. Per esempio l’anno scorso la giustizia ha autorizzato la pubblicazione di conversazioni telefoniche tra Berlusconi ed Agostino Saccà, un dirigente della televisione pubblica RAI. Quelle conversazioni sono state intercettate perché forse potevano essere rilevanti in un possibile caso di corruzione.
Spiegazione
Berlusconi - che in quel momento sta all’opposizione con la sua coalizione di centro-destra e contrasta il premier di centro-sinistra Romano Prodi con ogni mezzo - chiede all’alto dirigente Saccà se può trovare un lavoro alle modelle-attrici Elena Russo ed Evelina Manna.
‘Ti spiego perché’, dice Berlusconi ad un certo punto.
’Ma no, presidente, non mi deve spiegare niente’, risponde Saccà.
’No, te lo spiego’, conclude Berlusconi. ‘Sto cercando di…’
Saccà: ‘Presidente, lei è la persona più civile, più corretta…’
Berlusconi: ‘Io sto cercando di avere la maggioranza in Senato.’
Saccà: ‘Capito tutto.’
Berlusconi: ‘E questa Evelina Manna può essere … perché mi è stata richiesta da qualcuno, qualcuno con cui sto trattando.’
Secondo i magistrati, il politico-imprenditore cercava, con l’aiuto di Evelina Manna, di far passare un senatore di sinistra dalla parte del centro-destra, cosa che avrebbe fatto perdere alla coalizione di Romano Prodi la sua maggioranza risicata al Senato. Saccà, che aveva già fatto valere il suo potere all’interno della RAI per dare un ruolo in una serie tivù all’attrice in questione, sarebbe stato profumatamente ricompensato da Berlusconi.

Operazione libertinaggio
Ad un processo non si è mai arrivati, perché la proposta di Berlusconi (da lui stesso battezzata ‘Operazione Libertinaggio’) non ha avuto un seguito concreto; il governo Prodi era giá caduto per altre ragioni.
Per il manager di casting Furio Fusco, questo genere di casi sono all’ordine del giorno. Non che il premier italiano lo chiami regolarmente per questa o quella servizievole ragazza, ma secondo Fusco non è un’eccezione che le donne abbiano un ruolo equivoco. ‘Io ovviamente preferisco lavorare con persone che hanno un certo potenziale che con qualcuno che non sa far niente ma è disposto a tutto’, dice. ‘ Spesso vengono qui ragazze con un’ottima istruzione, che hanno già lavorato a teatro ed hanno già fatto stage dappertutto. Quelle le accetto di sicuro, ma so in anticipo che sarà molto difficile fare da mediatore per loro. Poi entra una diciottenne che ha solo posato per un calendario mezza nuda, e tutti mi chiedono di lei.’

Un bel didietro
Non ha ormai nessun problema a recitare meccanicamente i requisiti che una velina deve soddisfare: altezza minima 1,75, figura molto slanciata, dotata di ‘un bel didietro’, e anche di ’seno abbondante’ - meglio se naturale, ovviamente, ma in caso di necessità anche ritoccato artificialmente con il silicone. ‘Non deve saper fare granché. Basta solo che sia giovane e un po’ sexy. E sappia ballare un po’. Molte ragazze che le vedono in televisione pensano: perché loro sì e io no?’
L’anno scorso centinaia di signorine hanno partecipato alle selezioni per le due nuove veline di Striscia la notizia. Le preselezioni si sono svolte in pittoresche piazze in tutta l’Italia, e sera dopo sera sono state trasmesse alla televisione. Nessun altro programma ha attirato tanti spettatori quanto questo show di gambe scoperte.
Nella sua battaglia per il titolo, la bionda Costanza Caracciolo ha dovuto mantenersi in piedi su una tavola da surf, scossa su e giù da quattro uomini robusti, prima di poter eseguire la sua coreografia dagli accenni erotici al ritmo di una canzone da lei scelta. La mora Federica Nargi tra le altre cose ha dovuto destreggiarsi con un cerchio. Dopo una relazione sentimentale con un concorrente del Grande Fratello ha iniziato una storia con un ricco calciatore del Cagliari (che prima ci aveva provato con la bionda Costanza).
Un fenomeno con radici profonde
‘Questo non è un fenomeno recente’, dice Stefania Vergati, professore di sociologia all’università La Sapienza di Roma. ‘Molte giovani donne vorrebbero entrare nello show business, e per farlo possono contare sull’appoggio della famiglia. Il regista Luchino Visconti già nel 1951 raffigurò con il film Bellissima il modo in cui gli italiani cercano di sfuggire alla povertà attraverso il mondo dello spettacolo. Una buona parte delle ingenue ragazze di famiglie semplici pensa senz’altro ancora così: appaio in tivù dunque sono.’
Inoltre, dice Vergati, gli studi non sono più visti come un mezzo per uscire da ‘una situazione economica marginale’. ‘Probabilmente ci si rende conto del fatto che anche persone che non sono qualificate si sistemano bene. Perché l’aiuto della famiglia e delle conoscenze continua ad essere molto importante. Questa tendenza non vale solo per le veline. Esistono interviste con parlamentari italiani, messi alla prova su conoscenze di base di storia e geografia, in cui questi dimostrano enormi lacune.’
Curiosamente, questo fatto non fa quasi per niente diminuire la loro popolarità, afferma Vergati. Allo stesso modo, anche il particolare stile di vita di Silvio Berlusconi non lo danneggia. ‘Se fossimo un paese moralista, puniremmo immediatamente questi politici. Ma ci sono poche cose che noi non possiamo accettare a nessuna condizione. Gli italiani pensano spesso: beh, ciascuno ha i suoi punti deboli, e chi non ha scheletri nell’armadio?’
Molto responsabile
Dopo che i telespettatori della serata finale in questione hanno assistito alla festosa gioia a casa della vincitrice bionda di Veline, Costanza, la regia passa alla casa della famiglia della mora Federica Nargi. Anche qui allegria e spumante. Mamma Concetta però è anche ‘preoccupata’, dice. Federica ha ancora solo 18 anni e adesso da Roma deve trasferirsi a Milano, dove si dovrà immergere in un mondo ‘a cui noi non siamo abituati’. ‘È molto responsabile’, giura mamma Concetta. ‘Ho fiducia in lei, anche se starà su al nord tutta sola.’
Nell’ultima inquadratura del servizio, tutta la compagnia brinda allo splendente futuro di Federica. Ma sua madre piange - e non solo di gioia.
Enigmi sulla ‘minorenne’
La discussione sulla diciottenne Noemi Letizia continua a inseguire il premier Berlusconi giornalmente. Rifiuta di rispondere alle domande che gli sono state poste riguardo alle accuse fatte da sua moglie perchè ‘frequenta minorenni’. L’esatta natura della sua relazione con la ragazza non è ancora chiara. Inizialmente Berlusconi ha detto di essere semplicemente amico di suo padre, che sarebbe stato autista dell’ex premier Bettino Craxi, morto ormai da tempo. Il figlio di Craxi ha però smentito seccamente la storia. Il padre di Noemi ha fatto altrettanto, rifiutandosi però di spiegare in che altro modo ha conosciuto Berlusconi.
Il critico quotidiano La Repubblica domenica scorsa ha pubblicato un’intervista con il 22enne appassionato di kickboxing Gino Flaminio, ex fidanzato di Noemi. Secondo lui c’è un rapporto diretto tra Noemi e Berlusconi. Il quotidiano aveva in precedenza posto dieci domande al premier riguardo alla questione. Berlusconi allora parlò di ‘una campagna denigratoria, ispirata da invidia e odio’.

Could a teenage girl topple Berlusconi?

Indipendent

She calls him 'daddy'. He bought her a £6,000 necklace for her 18th. Silvio Berlusconi's relationship with Noemi Letizia has already seen his wife file for divorce. Now, could it cost him his grip on power?

By Peter Popham

Wednesday, 27 May 2009

Italians are always scornful about the obsession of the "Anglo-Saxon" media with the private lives of the rich and famous, but for the past month the Italian newspapers have been preoccupied with one subject and one subject only: the relationship between Prime Minister Silvio Berlusconi and a young woman from Naples called Noemi Letizia.

Mr Berlusconi has been caught out telling numerous lies about the relationship and refuses to explain them. And with important elections pending, his popularity, at an all-time high only six weeks ago, may be eroding.

The media cannot be accused of muck-raking on the issue because it was Mr Berlusconi himself who drew attention to the relationship in Tuesday when he took advantage of a trip to Naples to drop in on Noemi's 18th birthday party. There he posed for photographs and presented the pretty young blonde with a gold and diamond pendant worth €6,500 (£5,700). This unremarkable event was immortalised in a short news story the next day in La Repubblica.

And there it would have ended, except that within four days it provided Mr Berlusconi's second wife, Veronica, with the casus belli for a divorce. Her husband, she said in a press release, was "consorting with minors"; he was "not well", she was worried about him, but in the meantime, after nearly 30 years together, she was in no doubt that the marriage was over.

Suddenly that innocuous-seeming social event assumed mysterious and sinister overtones. Noemi, it was learned, called Mr Berlusconi "papi", Italian for "daddy". He seemed on remarkably familiar terms with the girl. Pushed into a corner by Veronica, who opens her mouth about once every two years but with devastating effect, Berlusconi went on Porta-a-Porta, a late-night political chat show hosted by his most unctuous TV courtier and explained that Noemi's father Elio Letizia was an old political contact from his days when he was connected to Bettino Craxi and the Socialist party: Berlusconi needed to see him on urgent European election business. But soon afterwards Bobo Craxi, son of the late Bettino, popped up and said he had never heard of Noemi's father. Likewise Mr Berlusconi's unlikely claim about "election business" failed to pan out, and some weeks later was denied by Letizia himself.

The personal was personal no more: something about that birthday party, and Mr Berlusconi's presence at it, had tipped the long-suffering Veronica over the edge. One reason for her anger, as she explained in a bitter email to the Ansa news agency, was the fact that he had failed to turn up to the coming-of-age parties of any of the their own children, "even though he was invited". But that in itself could not be la goccia che ha fatto traboccare il vaso, (or as we would say, the straw that broke the camel's back). Could Berlusconi be the lover of Noemi, and thus perhaps guilty as Veronica suggested of "consorting with minors"? Or might she be his love child? Her plump cheeks and currant eyes, not that dissimilar to the Prime Minister's, allowed the world to guess at the latter possibility. But Mr Berlusconi flatly refused to shed any light on their relationship. He insisted that he had only met her "three or four times", and always in the company of her parents.

The irony is that never before has Berlusconi showed any coyness about exposing his colourful and chaotic private life to the public gaze. He fell in love with Veronica when she appeared topless in a play called The Magnificent Cuckold in Milan, and lived in sin with her for 10 years before marrying her in a civil ceremony; their children were born before the wedding. When he went into politics in 1994 his manifesto was a bowdlerised autobiography, Una Storia Italiana, depicting himself as the Italian everyman, the bank manager's son from nowhere who had grown immensely rich through hard work, a home-loving family man in touch with his common roots. Italians in their millions swallowed it, yet no-one doubted (you just had to look at his two wives) that he had an eye for the girls.

It was after his second and much more convincing election victory in 2001 that the rumours about Berlusconi's frenetic affairs began to circulate in earnest, with talk of a beautiful young intern being taken to his Sardinian villa for the summer as his "assistant" – and the rapid promotion of others who were similarly eye-catching through the ranks of his party, Forza Italia, by way of his commercial television channels. Berlusconi the ageing roué had found the perfect way to keep his libido engaged, despite the demands of politics. And this being Italy, nobody made a fuss. Veronica had been settled in a magnificent house a few kilometres from Berlusconi's main home, Villa Arcore, north of Milan. He was obviously a bad husband, but in Italy that was nobody's business but the family's.

Yet as the editor of La Repubblica, Ezio Mauro, pointed out yesterday: "Mr Berlusconi long ago destroyed the boundaries between the public and the private." He did it when he published his manifesto. And he continued to do it in a more chaotic, impulsive way when he allowed the paparazzi to snap him hanging out with busty showgirls 50 years his junior. It was the behaviour of a sultan, a monarch or a dictator, and the way Berlusconi was pushing the envelope was an indication of how he was steadily moving in that direction. His own newspapers and television channels would never cry foul. RAI, the national broadcaster, was increasingly under his thumb. Even the independent dailies were more and more reliant on his goodwill. Berlusconi's growing recklessness about his image became a barometer of his increasing sense of personal invulnerability.

But he was reckoning without Veronica. It was in January 2007 that she first told the world that he had gone too far, granting an interview to La Repubblica (one of the few really independent dailies), in which she demanded that he apologise for saying of Mara Carfagna, a glamour model turned MP (and now a cabinet minister), "I would marry her like a shot if I wasn't married already." Meekly Berlusconi consented. But he didn't reform. He carried on just as before, until Noemi's 18th birthday rolled around and it all went horribly wrong.

Today Italy is at an impasse: La Repubblica has insistently demanded that Berlusconi come clean about Noemi, for the last two weeks publishing a list of 10 questions it wants him to answer. Berlusconi has repeatedly refused. With European elections just 10 days away, there is a real risk that his silence will injure him in polls he was expected to win with ease – particularly now that respected figures in the Catholic church like the former Archbishop of Pisa Alessandor Plotti have begun to attack him. Berlusconi has said he may make a statement to parliament in response to what he calls the "vile reports" about his relationship with Noemi.

It is symptomatic of the trivialisation of Italian politics under Berlusconi that he is now being held to account, not for corruption, or mafia connections, but because of his relationship with a teenage girl. But the fight itself is not trivial. Living in Italy now is like being trapped in a field of lava slowly but irreversibly sliding down a mountainside. Far from leading to a revitalised "Second Republic", Italy's bribery scandals of the 1990s instead ushered in the Age of Silvio and the slow, steady degradation of the nation's democratic institutions. If the Prime Minister can get away with carrying on an adulterous, semi-public love affair with a teenage girl (and then lying so brazenly about it that any fool can see he is not telling the truth) and still he is not brought to account – then the nation is in danger.

La funesta influenza del vecchio burlone



[Financial Times]

Il fascismo non è un probabile futuro per l’Italia. Vale la pena dirlo, perché cosí é stato previsto. Molti ritengono che la crisi finanziaria sommata a Silvio Berlusconi dia come risultato un ritorno al fascismo. Dopo tutto, era iniziato cosí.
Ma questo è un risultato improbabile, attualmente. L’Italia dei primi anni ‘20, quando Benito Mussolini salí al potere, era in ginocchio per la rovinosa vittoria pirrica del 1918 sugli austriaci, per il degrado della classe politica e per la crescente minaccia del totalitarismo di sinistra. Berlusconi non è sicuramente Mussolini: ha squadre di showgirls, non di camicie nere.
I veri pericoli si trovano altrove. Nel corso dei 15 anni della sua carriera politica - sempre come Presidente del Consiglio o come capo del partito di opposizione - ha avuto carta bianca per spostare il sentimento nazionale a destra. Non lo ha fatto tramite propaganda diretta, bensí concentrandosi costantemente su ostentazione, lustrini e ragazze e su una retorica esagerata, gestita dai mezzi di comunicazione, che considera comunista l’opposizione e vede se stesso come una vittima.
Ora che gli vengono poste domande spinose - inizialmente, dalla moglie - sul suo rapporto con un’adolescente aspirante showgirl, se l’è presa con la fonte più ostinata di domande, il quotidiano di centro-sinistra La Repubblica, ha rilasciato una velata minaccia tramite un collega e ha cercato di far apparire illegittime le domande perché politicamente di parte.
Ha mostrato una pari belligeranza nei confronti dei magistrati che avevano giudicato corrotto l’avvocato britannico David Mills (per evitare accuse di corruzione) - chiamandoli “attivisti di sinistra” - anche se il Parlamento lo ha reso immune da procedimenti penali.
Ancora insoddisfatto, pur avendo un Parlamento cosí servizievole, lo ha definito “inutile” e ha dichiarato che dovrebbe essere drasticamente ridotto a 100 membri, mentre i suoi poteri dovrebbero aumentare. Ha cercato di smuovere le masse in suo favore, sostenendo una “iniziativa popolare” per raccogliere le 500.000 firme necessarie per il provvedimento.
Ma il pericolo di Berlusconi è diverso da quello di Mussolini. Si tratta dello svuotamento attraverso i media dei contenuti seri della politica, rimpiazzandoli con l’intrattenimento. Si tratta di una spietata demonizzazione dei nemici e del rifiuto di concedere basi indipendenti ai poteri concorrenti. Si tratta di mettere la ricchezza a servizio della creazione di una immagine potente, composta di continue affermazioni di successo e di sostegno popolare.
Che egli sia così potente è in parte colpa di una sinistra incerta, di istituzioni deboli e talvolta politicizzate, e del giornalismo, che ha troppo spesso accettato un ruolo subalterno. Ma sopratutto è colpa di un uomo molto ricco, molto potente e sempre più spietato. Non fascista, ma pericoloso, in primo luogo in Italia, e un esempio negativo per tutti.

http://www.ft.com/cms/s/0/9f53066a-4a22-11de-8e7e-00144feabdc0.html?nclick_check=1

domenica 24 maggio 2009

Voi siete qui - Aiutare i padani a casa loro

Vedete, non è razzismo. Non è che io sostenga che ci sono popoli più o meno adatti al progresso, più o meno capaci di fare certe cose, di dare un senso alle proprie esistenze, di governarsi e di progredire. Ma insomma, è un fatto che ci sono popoli in declino, o più sfortunati di altri, o addirittura totalmente incapaci di amministrarsi, e questi popoli vanno aiutati prima che diano il via a straordinari flussi migratori, prima che invadano nazioni più prospere ed evolute. Lancio dunque un appello: aiutiamoli a casa loro!
I padani, per esempio, aiutiamoli a casa loro. Pensate alla sofferenza di un popolo che si è visto assegnare l’organizzazione dell’Expo nel 2015 e che ha buttato un intero anno nel cesso. Una regione che potrebbe vedersi piovere addosso miliardi di euro, ma i cui capitribù litigano come galline. Vertici politici di questa bizzarra etnia – un tempo, si favoleggia, produttiva ed efficiente – il governatore Formigoni, il borgomastro della città di Milano, signora Moratti, un tale Penati, alla provincia. Capo di tutta l’operazione è Lucio Stanca, quello che doveva fare l’innovazione in un vecchio governo Berlusconi (ah, ah!), uno che ha fatto i capricci perché vuole la sede in piazza del Duomo. Poi c’è la Lega, che ad ogni passo sventola veti e altolà, ma visti in successi imprenditoriali ottenuti con Malpensa (la pista di bocce più lunga del mondo), tutti le ridono in faccia. Questo, oggi è il desolante scenario della Padania, dove già molti dicono che i piani dell’Expo si dovrebbero ridimensionare, che qualche linea di metropolitana prevista salterà, che forse è meglio lasciar perdere tutto. Se tra gli immigrati, anche quelli volutamente tenuti in situazione di ricatto e di sudditanza con le vecchie e nuove leggi razziali, c’è qualcuno che vuole aiutare questo popolo a casa sua, è ora di farlo. Se va avanti così, avremo presto barconi di padani, disperati migranti verso terre più prospere, verso luoghi più civili, senza Lega e senza Moratti.

Il grande bugiardo

Dal ruolo dell'avvocato Mills alla social card. Dai proclami sulla sicurezza a quelli su Malpensa. Dalla crisi economica a Noemi. Così Berlusconi ha fatto della menzogna un metodo politico.

Dimenticate Capodichino. Dimenticate la vicinissima Villa Santa Chiara, la sala da ballo sulla circonvallazione di Casoria, dove domenica 26 aprile il presidente del Consiglio ha festeggiato il diciottesimo compleanno di Noemi Letizia. Scordatevi le incongruenze, i silenzi, le domande rimaste senza risposta e le bugie vere e proprie utilizzate dal Cavaliere per respingere le accuse mosse contro di lui da sua moglie Veronica ("Frequenta minorenni") e per giustificare l'amicizia con la giovane favorita.

Per raccontare Silvio Berlusconi basta il resto. Bastano vent'anni di dichiarazioni, poi puntualmente smentite, di promesse mancate, di giudizi rivisti nel giro di due giorni. 'L'espresso' li ha esaminati tutti ad uno ad uno. E certo non si fatica a capire come mai Indro Montanelli, uno che lo conosceva bene, scrivesse: "Berlusconi è allergico alla verità. Ha una voluttuaria e voluttuosa propensione alla menzogna". Per poi aggiungere quasi profetico: "'Chiagne e fotte' dicono a Napoli dei tipi come lui". Ecco dunque una guida ragionata (e necessariamente sintetica) alle migliori bugie del Cavaliere. Cominciando dalle più recenti.

Sentenza Mills
"È una sentenza semplicemente scandalosa, contraria alla realtà. Se c'è un fatto indiscutibile è che non c'è stato alcun versamento di nessuno al signor Mills" (19 maggio 2009).
Un fatto indiscutibile? Mica tanto, visto che il versamento, prima di ritrattare, l'avvocato David Mills, lo ammette almeno due volte.
"Io mi sono tenuto in stretto contatto con le persone di B. Sapevano bene che il modo in cui io avevo reso la mia testimonianza (non ho mentito, ma ho superato curve pericolose, per dirla in modo delicato) avesse tenuto Mr. B. fuori da un mare di guai nei quali l'avrei gettato se solo avessi detto tutto quello che sapevo. All'incirca alla fine del 1999 mi fu detto che avrei ricevuto dei soldi, che avrei dovuto considerare come un prestito a lungo termine o un regalo: 600 mila dollari".
(da una lettera di Mills del 2 febbraio 2004)
"Nell'autunno del '99 Carlo Bernasconi (responsabile dell'acquisto dei diritti tv, morto nel 2001, ndr), mi disse che Berlusconi, a titolo di riconoscenza per il modo in cui ero riuscito a proteggerlo nel corso delle indagini giudiziarie e dei processi, aveva deciso di destinare a mio favore una somma di denaro". (interrogatorio di Mills, 18 luglio 2004)

Malpensa, Italia
"Penso che non sia assolutamente possibile che un hub come Malpensa venga privato del 72 per cento dei voli. Quelle di Air France sono condizioni irricevibili. Perché di fronte a 200-300 milioni di perdite per Alitalia l'abbandono di Malpensa comporterebbe perdite per oltre un miliardo di euro" (4-18 marzo, 2008).
"Rilancio del trasporto aereo, con la valorizzazione e lo sviluppo degli hub di Malpensa e Fiumicino" (programma del Pdl: sette missioni per l'Italia, 2008).
Nell'aprile del 2009 la cordata italiana della Cai voluta da Berlusconi sceglie solo Fiumicino come hub: a Malpensa, Alitalia conserva 187 voli alla settimana su 1.237. I cassintegrati dello scalo, considerando l'indotto, sono 2.500.

Sicurezza
"Aumento progressivo delle risorse per la sicurezza. Maggiore presenza sul territorio delle forze dell'ordine" (programma Pdl).
Il 30 marzo del 2009 tutti i sindacati di polizia, da destra a sinistra, protestano in piazza. Il segretario del Siulp dichiara: "Le auto sono usurate, mancano gli uomini, gli organici sono ridotti all'osso, gli agenti che vanno in pensione non vengono sostituiti". Nella manovra finanziaria triennale sono del resto previsti tagli progressivi per circa 3 miliardi e mezzo di euro. E quest'anno il taglio è di 931 milioni di euro.

Giustizia
"Aumento delle risorse per la giustizia, con un nuovo programma di priorità nell'allocazione delle risorse" (programma Pdl).
La manovra finanziaria, spiega l'associazione nazionale magistrati, prevede che riduzioni per le spese correnti e in conto capitale saranno del 22 per cento nel 2009 e del 40,5 nel 2011. Conseguenze immediate: nei tribunali non si tengono più udienze al pomeriggio per mancanza dei cancellieri.

Intercettazioni
"Volevo un disegno di legge che limitasse le intercettazioni ben diverso. Perché devono essere possibili solo per reati gravissimi come quelli di mafia e di terrorismo. Invece mi hanno costretto a includere anche i delitti contro la pubblica amministrazione e pure degli altri reati" ('la Repubblica', 16 luglio 2008)
"Auspico che, come succede in Europa, le intercettazioni siano consentite solo per indagini su organizzazioni criminali come mafia, 'ndrangheta e via di seguito, oppure che riguardino il terrorismo internazionale. Spero che dal Parlamento esca la legge che auspico" (Intervista al Tg4, 1 agosto 2008)
"Io non ho mai pensato di vietare questo strumento d'indagine per un reato grave come la corruzione, io ho detto che non dovevano essere possibili per tutti i reati contro la pubblica amministrazione" (11 gennaio 2009, intervento telefonico a Neveazzurra)

Cimici e spie
"Ho trovato una microspia dietro il termosifone del mio studio. Mi spiano! Abbiamo procure eversive che calpestano l'immunità parlamentare!".
È l'11 ottobre '96 quando Berlusconi mostra ai giornalisti una microspia grande quanto un mini-frigo. Luciano Violante convoca la Camera in seduta straordinaria. Buttiglione parla di "uno scandalo peggiore del Watergate". Destra e sinistra invocano immediate riforme delle intercettazioni. Solo Bobo Maroni dice: "Più che una cimice a me pare una mozzarella, anzi una bufala". Mesi dopo si scopre che il microfono era stato messo lì, per fare bella figura, da un tecnico incaricato dagli uomini del Cavaliere di bonificare i locali.

Arriva l'onda
"Avviso ai naviganti: non permetteremo l'occupazione delle scuole e dell'università. Oggi convocherò il ministro dell'Interno Maroni per studiare con lui gli interventi delle forze dell'ordine. L'ordine deve essere garantito, lo Stato deve fare lo Stato" (22 ottobre 2008).
"Mai detto né pensato che la polizia debba entrare nelle scuole" (23 ottobre 2008).

Immunità per tutti
"Voglio una riforma radicale. Immunità parlamentare come a Bruxelles, priorità nell'azione penale invece dell'obbligatorietà, nuovo ordinamento giudiziario con la separazione delle carriere, riforma del Csm, sezione disciplinare autonoma per giudicare i magistrati" (16 luglio 2008 di fronte agli europarlamentari).
"Sull'immunità non ho mai detto niente. State facendo dei titoli incredibili". (18 luglio)

Rifiuti
"È una data storica per la Campania e per Napoli. Da oggi si entra in una fase di smaltimento dei rifiuti che possiamo definire industriale. Io (il termovalorizzatore) l'ho voluto fortissimamente e alla fine siamo riusciti a vararlo e farlo operare". (26 marzo 2009, Panorama del Giorno, Canale 5)
Ma l'inaugurazione è solo di facciata. Quello che è partito è invece il collaudo della linea 1 che, oltretutto, il giorno successivo verrà spenta per un mese, come testimoniano le webcam puntate sull'impianto. Poi, quando il 27 aprile il caso comincia a spuntare sui giornali, Berlusconi dice: "Acerra funziona benissimo, l'inquinamento è vicino allo zero". Anche perché, come si leggerà in un comunicato del Commissariato rifiuti datato 2 maggio, solo quel giorno "inizia la prima fase dell'avviamento della seconda linea". Per la terza bisogna invece aspettare. E in ogni caso tutto il collaudo, a base di stop e go, terminerà a dicembre. Acerra, insomma, se tutto andrà bene sarà realmente in funzione nel 2010.

Ville e terremoto
"Sì, metto a disposizione della Protezione civile tre case per fare quello che già hanno fatto molti italiani, i quali hanno offerto 1.600 abitazioni, soprattutto case di vacanza, a disposizione delle famiglie dei terremotati" (10 aprile 2009)
La Protezione civile, interpellata da 'L'espresso', non ha notizie su eventuali sfollati ospiti di Berlusconi. E anche l'ufficio stampa di Palazzo Chigi, contattato nel pomeriggio di martedì 19 maggio, non sa dire nulla. Sul terremoto e sui tempi della ricostruzione, garantiti dal Cavaliere prima per settembre e poi novembre.

Social card
"Ne abbiamo date più di un milione e 300 mila ed è stato un gran successo. Sono anonime e quindi non toccano la dignità di nessuno. Infatti le Poste sono state invase da un gran numero di persone che ne hanno fatto richiesta" (18 dicembre 2008)
I dati aggiornati al 31 dicembre dicono però che le social card consegnate (contenenti 40 euro) erano 520 mila e che 190 mila erano prive di fondi. Con conseguente umiliazione di molti indigenti costretti a lasciare la spesa alle casse dei supermercati.

Bonus bebè
"Reintroduzione del bonus bebè per sostenere la natalità. Graduale e progressiva riduzione dell'Iva sul latte, alimenti e prodotti per l'infanzia" (programma Pdl).
Non pervenuti. Lo ammette anche il sottosegretario, Carlo Giovanardi, che il 15 maggio spiega: "Le risorse non ci sono".

I figli di Eluana
"Eluana Englaro è una persona viva, le cui cellule cerebrali sono vive e mandano segnali elettrici, una persona che potrebbe anche in ipotesi generare un figlio" (6 febbraio 2009).
Senza parole.

La crisi psicologica
"La crisi è in gran parte psicologica" (intervista al Gr Rai, 6 maggio 2009).
Una settima dopo l'Istat segnala un calo del Pil record del 5,9 per cento. Da trent'anni non si vedeva niente del genere.

Barack Obama
"Obama ha debuttato molto bene, con grande capacità di rapporti umani. Com'è che diceva Proietti? Ah, ecco, lo sguardo 'acchiapponico'. Obama ha lo sguardo acchiapponico..." (2 aprile 2009, Ansa ore 19.05).
"Berlusconi non ha mai detto quello che gli viene attribuito dalle agenzie di stampa in riferimento al presidente Obama, poiché si stava rivolgendo all'inviato di 'Repubblica', come tutti presenti hanno potuto vedere" (2 aprile, nota di Palazzo Chigi, ore 20.48).

Bush pacifista
"La crisi irachena avrà sicuramente uno sbocco pacifico. Se c'è qualcuno che non vuole la guerra in Iraq, questo è il signor Bush".
È il 13 marzo 2003. Sette giorni dopo gli angloamericani attaccano l'Iraq. Poi arrivano gli italiani. Intanto, la guerra fa 100 mila morti in due anni, fra torture, bombe al fosforo, resistenza, terrorismo, guerra civile.
Ma per Berlusconi tutto fila liscio come l'olio, a parte un piccolo problemino a Baghdad: "Ormai in Iraq c'è una vita regolare, ci sono le scuole, eccetera. Poi, certo, ci sono le cose che non funzionano: ad esempio, i semafori a Baghdad non funzionano. Ogni tanto scende uno dalla macchina e si mette a dirigere il traffico" (30 settembre 2004).

Sua Altezza
"L'ho detto anche a pranzo ai miei colleghi ministri, è falso come leggo oggi su alcuni giornali come 'L'espresso' che metto i tacchi: guardate!" (levandosi le scarpe davanti ai giornalisti, al vertice di Caceres, del 2002).
Ma a smentirlo ci pensa uno dei suoi migliori amici: "Chi è più alto tra me e Berlusconi? Senza tacchi, io". (Mariano Apicella, La Stampa, 30 ottobre del 2003)

Grandi opere
"Sto trattando col mio amico Putin per aprire un corridoio negli Urali e collegarci all'oceano Pacifico" ('Porta a Porta', 11 gennaio 2006).
Altro che Tav: praticamente le grandi opere sono in fase così avanzata che ormai stiamo lavorando alla Transiberiana.

Lavoro, che fatica!
"Guarda quanto mi fanno lavorare! Guarda quanti impegni ho!" (1 agosto 2008).
Al termine di una conferenza stampa Berlusconi mostra al ministro Giorgia Meloni la sua agenda. I fotografi la riprendono e così diventano pubblici gli impegni del 30 luglio: 9.40 uscita di casa; 10 Enel Civitavecchia (ma Berlusconi non si presenta all'inaugurazione della centrale); 12 Yushchak (aggiunto a mano, secondo 'Novella 2000' si tratterebbe di una modella ucraina ventunenne); 13 Masi, allora segretario di Palazzo Chigi; 13.30 colazione per gli 80 anni di Cossiga (che però salta); 16 Previti (Cesare, pregiudicato) e telefonata a Bossi. Poi a penna sono aggiunti i nomi Manna (forse Evelina, una delle starlette del caso Saccà), Troise (probabilmente Antonella, attrice), Staderini (Marco, cda Rai); 19 Di Girolamo (Nunzia, una delle parlamentari Pdl più carine;) 19.30 Bossetti (o Bassetti); 20.30 Selvaggia; infine: "Sardegna compleanno Barbara (la figlia)". E ancora una nota a penna (per aumentare l'autostima?): "Al presidente n 1. Al presidente più vittorioso nella storia del calcio. N 1 nella storia del calcio...".

Il patto con Confalonieri
"Fra me e Fedele Confalonieri c'è un patto: quello di avvisarci reciprocamente qualora uno dei due rincoglionisse. E Fedele non mi ha ancora detto niente".
Questa era del 29 novembre 1993. Arrivati a questo punto, forse è venuto il momento che Fedele gli dica qualcosa.

mercoledì 20 maggio 2009

Il modello nordcoreano

di CURZIO MALTESE

Con quello che viene fuori ogni giorno, sarebbe curioso se gli italiani si scandalizzassero per le nomine Rai. Eppure anche in questo teatrino dell'abuso di potere, si stanno raggiungendo livelli d'inaudito squallore.

Oggi i vertici di viale Mazzini approveranno la prima rata delle nomine decise un mese fa a casa Berlusconi. A casa del proprietario di Mediaset. Magari negli intervalli fra una visita dell'avvocato Mills e un karaoke con Noemi. La prima tranche di nomine prevede l'arrivo al Tg1 di Augusto Minzolini da La Stampa e a RaiUno di Mauro Mazza, in quota ad An. Berlusconi per ora si ferma qui, al boccone più grosso, lasciando a Fini un pezzo dell'arrosto. La seconda rata di lottizzati è rimandata a dopo le elezioni di giugno, nella speranza di fare il pieno di voti e quindi di poltrone Rai, strappando anche le bricioline destinate all'opposizione.

Il Genio, l'Uomo dei Miracoli, il Premier Ingegnere, il Premier Generale, tanto per citare alcune definizioni del Minzolini, in uno dei suoi tanti splendidi esempi di reportage nordcoreano, insomma padron Berlusconi, ha deciso così. Furbo com'è, avrà la sua convenienza. Piuttosto chiara, peraltro, anche a noi fessi. In vista delle elezioni, ottiene il massimo vantaggio. Intanto occupa militarmente il Tg1, avviato sulla gloriosa strada di Tele Pyongyang. Quindi terrorizza i superstiti da un lato e dall'altro spinge gli altri aspiranti direttori ad aumentare il grado di piaggeria nei confronti del capo. Il che per molti di loro non è neppure semplice. A meno di non presentarsi alle serate di Porta a Porta direttamente da uomini sandwich elettorali. Oppure tenere pubblici comizi contro Veronica Lario, come del resto hanno già fatto quasi tutti, con bieca ingratitudine. Non fosse per l'alt di Veronica, l'anziano leader ormai annoiato dai cortigiani avrebbe già nominato al posto loro un battaglione di veline e letteronze, studiosissime di Heidegger s'intende, più un paio di Oba Oba a Rai International.

Di fronte a un simile disprezzo per la tv di Stato, sarebbe lecito e normale in altri paesi l'incatenamento di massa ai cancelli di viale Mazzini da parte di dirigenti, leader politici, sindacalisti, maestranze in genere. E' invece difficile anche soltanto ascoltare una voce critica. L'unica a bucare l'assordante silenzio è stata quella di Sergio Zavoli, presidente della commissione di vigilanza parlamentare, uno che vuole davvero bene alla Rai. Una bella voce, con il tono giusto, fra l'indignato e l'avvilito. La Rai che sta uscendo da queste bulimiche riunioni di potere a casa Berlusconi, sostiene Zavoli, è una Rai dove sono negati il pluralismo, il merito, la decenza. "Le nomine non tengono conto della ricchezza culturale dell'azienda e del Paese". Si può aggiungere che negano l'identità stessa della Rai.

Nel bene o nel male, la tv di Stato ha sempre rispecchiato il Paese, con le sue piaggerie e servilismi, ma anche con le oasi di intelligenza, coraggio, talento. Nella Rai fatta a casa Berlusconi non vi saranno neppure le oasi e i nuovi direttori dovranno accollarsi un compito di pulizia e polizia, la chiusura delle poche finestre informative superstiti, i programmi di Gabanelli, Iacona, Fazio e Santoro. Per approdare a Tele Pyongyang, all'elogio permanente del capo e del suo governo.

Lo scandalo Berlusconi

[El País]

La sicurezza si garantisce molto meglio con delle forze dell’ordine ben equipaggiate e preparate che non con leggi anti-immigrazione. Questo dovrebbe essere evidente a tutti quei cittadini di mezza Europa che si sta tentando di scuotere e mobilitare, approfittando della crisi, per avvicinarli a movimenti autoritari che portano avanti discorsi populisti e xenofobi.
Ciò che ha dell’incredibile è che i partiti democratici hanno tanta paura che questi messaggi vengano alla luce che, invece di combatterli per ciò che sono, ovvero baluardi di un pensiero autoritario, si fanno intimorire, ed addirittura cercano di adeguare i propri discorsi affinché non ne risultino nettamemente distanti. È una strategia che non ha mai dato buoni risultati: come spiega nel suo ultimo libro l’ex presidente uruguaiano Julio Maria Sanguinetti, si comincia permettendo che la tolleranza sparisca dalla società e si finisce perdendo, molto semplicemente, la libertà.
Ciò che sta succedendo e che è successo questa settimana in Italia, dove sono state approvate nuove leggi che trasformano in reato l’immigrazione clandestina riducendo, o praticamente azzerando, i diritti degli immigrati senza regolare permesso di soggiorno inclusi i neonati, ai quali si proibirà l’iscrizione all’anagrafe, è uno scandalo e dovrebbe suscitare una reazione molto più vigorosa da parte dell’Unione Europea. A che serve un Parlamento europeo se le sue forze democratiche non sono capaci di denunciare la misure che sta adottando il Governo di Silvio Berlusconi che, per certi aspetti, ricordano il fascismo?
Una decina di anni fa, quando il partito d’estrema destra di Jorg Haider entrò a far parte di un Governo di coalizione austriaco, l’Europa reagì con molta più fermezza, adottando delle sanzioni persino prima che il Governo avesse approvato leggi che potessero ricordare anche solo lontanamente quelle che adesso si fa finta di ignorare in Italia.
In Italia, il dibattito sull’immigrazione clandestina viene affrontato in modo del tutto strumentale e fa parte di una strategia populista volta a togliere l’attenzione da problemi molto più gravi, come il diffondersi della Mafia, la concentrazione di poteri da parte di Berlusconi e dei suoi soci, e il degrado di un sistema politico deteriorato in molte sue parti dalla corruzione. Con 297 voti a favore, 255 contrari e 3 astenuti (com’è possibile astenersi in un dibattito simile?) il Parlamento italiano ha approvato le “nuove disposizioni in materia di sicurezza pubblica” (http://www.camera.it) che, come ha denunciato lo stesso presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, alimentano la retorica razzista e xenofoba.
La situazione è ancor più grave se si pensa che queste norme vengono firmate nel momento in cui la crisi sta facendo perdere il posto di lavoro a milioni di cittadini europei che si appoggiano, chi più chi meno, a sussidi pubblici. Questi neo-disoccupati, se la crisi si dovesse prolungare, si troverebbero a lottare gomito a gomito per i pochi nuovi posti di lavoro creatisi.
Una società civile spaventata e demotivata, nazionalismi esacerbati e instabilità sono componenti di una situazione che già ha dato origine in passato a leggi contro l’immigrazione prima, a leggi razziali poi.
Un cronista politico vicino a Berlusconi ha scritto questa settimana che “lo stato non può essere buonista”. Sicuramente ha ragione, e coloro i quali si vogliono opporre a questo Governo dovrebbero spiegare meglio all’opinione pubblica quali sono le loro proposte contro l’immigrazione clandestina. Ciò che non deve lasciare adito a dubbi è che esistono misure più efficaci, più giuste e più sensate delle vergognose disposizioni approvate questa settimana in Italia. E che, anche se non ce ne fossero di migliori, quelle che ha approvato il Governo italiano sono comunque ingiuste, inefficaci e vergognose.
Vietare che un neonato sia iscritto all’anagrafe vuol dire negargli dalla nascita il diritto ad un nome, cosa che, rendendolo invisibile e trasformandolo in una non-persona, mette a repentaglio la sua vita e la sua salute. Il diritto ad un nome è sancito dalla Dichiarazione Universale dei Diritti del Fanciullo. In che maniera questa “nuova disposizione in materia di sicurezza” evita l’immigrazione clandestina dall’Africa o dal Bangladesh?
Fare della sicurezza il più importante messaggio elettorale e politico di un paese è una vigliaccata: verso gli immigrati poveri, che si vedono immediatamente minacciati come potenziali trasgressori di questa sicurezza, ma anche verso i cittadini “nativi” di un paese, i quali vengono spinti a sprecare energie, ogni giorno più scarse ma ogni giorno più necessarie, che potrebbero essere impiegate forse per lottare per una futura via d’uscita: nell’istruzione, ad esempio.

martedì 19 maggio 2009

Si dice il corrotto ma non il corruttore

“Beati quelli che, pur non avendo visto, crederanno”. Lo dice Gesù all’apostolo Tommaso, che ha dovuto infilare la mano nella piaga del costato per credere nella resurrezione.

Il processo Berlusconi-Mills (noto a tutti, grazie a un’informazione serva, soltanto come il “processo Mills”: si diceva il corrotto, ma non il corruttore) non ha nulla di spirituale né di trascendente. E’ una sporca storia di corruzione, il paradigma del modus operandi di Silvio Berlusconi, presidente del Consiglio dei ministri della Repubblica Italiana. Un grande corruttore che ha sempre comprato tutto e tutti, avendo sempre avuto la fortuna di incontrare gente comprabile.

lI suo gruppo comprava la Guardia di Finanza perché chiudesse gli occhi sui libri contabili taroccati. Comprava politici, da Craxi in giù, in cambio di leggi à la carte. Comprava giudici, da Vittorio Metta in giù, per vincere cause civili perdute in partenza, come quella che scippò la Mondadori a De Benedetti per dirottarla nelle mani del Cavaliere. Pagava persino la mafia, per motivi facilmente immaginabili. Per sapere tutto questo non era necessario attendere la sentenza di ieri: bastavano tutte le altre, emesse negli ultimi 15 anni nella beata indifferenza della quasi totalità della stampa e della totalità della televisione, per non parlare della cosiddetta opposizione.

Ora il Tribunale di Milano ci informa che il Cavaliere comprò con 600 mila dollari anche un falso testimone, il suo ex consulente inglese David Mackenzie Mills (che gli aveva costruito un sistema di 64 società occulte, nei paradisi fiscali), per garantirsi “l’impunità e i profitti” nei processi Guardia di Finanza e All Iberian. Il tutto nel 1998-99, quando era già travestito da politico, aveva già guidato un governo e si accingeva a guidarne altri due. Ma anche questo si sapeva da anni. O meglio: lo sapeva chiunque avesse dato un’occhiata alle carte del processo o ne fosse stato informato. La sentenza doveva semplicemente sanzionare penalmente una condotta già assodata. Perché uno dei due protagonisti, David Mills, aveva confessato tutto al suo commercialista Bob Drennan, in una lettera che pensava sarebbe rimasta top secret: “… la mia testimonianza (non ho mentito ma ho superato curve pericolose, per dirla in modo delicato) aveva tenuto Mr B. fuori da un mare di guai nei quali l’avrei gettato se solo avessi detto tutto quello che sapevo… Nel 1999 mi fu detto che avrei ricevuto dei soldi… 600 mila dollari furono messi in un hedge fund… a mia disposizione…”.

Purtroppo per lui (e per “Mr B.”), Drennan lo denunciò al fisco inglese, così la lettera finì sul tavolo dei pm milanesi. Interrogato a botta calda, Mills confessò a verbale che era tutto vero, salvo poi ritrattare con una tragicomica e incredibile retromarcia. La sentenza di ieri aggiunge la sanzione a ciò che chi voleva o poteva sapere già sapeva: il nostro presidente del Consiglio è, per l’ennesima volta, un corruttore, per giunta impunito per legge. Ha comprato un testimone in cambio di una falsa testimonianza. Un reato commesso per occultarne altri, a loro volta commessi per nasconderne altri ancora. Ora che è di nuovo al governo, per garantirsi l’impunità non ha più bisogno di corrompere nessuno: gli basta violare la Costituzione con leggi come la Alfano, approvata e promulgata nell’indifferenza di chi avrebbe dovuto contrastarla e respingerla. La stessa indifferenza, salvo rare eccezioni, ieri ha accolto un verdetto che in qualunque altro paese avrebbe portato su due piedi all’impeachment. Lo stesso silenzio di Mills. Che però, almeno, si faceva pagare bene.

Il Cavaliere impunito

IL COMMENTO
di MASSIMO GIANNINI


Come il morto che afferra il vivo, il fantasma della giustizia trascina ancora una volta Silvio Berlusconi nell'abisso. La pubblicazione delle motivazioni della sentenza di condanna dell'avvocato Mills, nel processo per corruzione in atti giudiziari che vede implicato anche il presidente del Consiglio, sarebbe il "de profundis" per qualunque uomo politico, in qualunque paese normale. Non così in Italia. Questo è un Paese dove un'osservazione così banale diventa paradossalmente impronunciabile in Transatlantico o sui media (persino per l'afona opposizione di centrosinistra) pena la squalifica nei gironi infernali dell'"antiberlusconismo" o del "giustizialismo".

Questo è un Paese dove il premier ha risolto tanta parte dei suoi antichi guai giudiziari con leggi ad personam che gli hanno consentito proscioglimenti a colpi di prescrizione, e che si è protetto dall'ultima pendenza grazie allo scudo del Lodo Alfano, imposto a maggioranza poco meno di un anno fa, quasi come "atto fondativo" della nuova legislatura.

Ora, di quell'ennesimo colpo di spugna preventivo si comprende appieno la ragion d'essere. Secondo i giudici milanesi, l'avvocato inglese incassò 600 mila dollari dal gruppo Fininvest per testimoniare il falso nei processi per le tangenti alla Guardia di Finanza e All Iberian. "Mentì per consentire a Berlusconi l'impunità", recita un passaggio delle 400 pagine delle motivazioni. Un'accusa gravissima. Una prova schiacciante. Dalla quale il Cavaliere, guardandosi bene dal difendersi nel processo, ha preferito svicolare grazie al salvacondotto di un'altra legge ritagliata su misura, e ora sottoposta al vaglio della Corte Costituzionale. Perché dietro la formula enfatica che dà il titolo al Lodo Alfano (cioè la "sospensione dei processi per le Alte Cariche dello Stato") è chiaro a tutti che l'unica carica da salvare era ed è la sua. "Riferirò in Parlamento", annuncia ora Berlusconi. Bontà sua. Pronuncerà l'ennesima, violenta invettiva contro le toghe rosse e la magistratura comunista, "cancro da estirpare" nell'Impero delle Libertà. E invece basterebbe pronunciare una sola parola, quella che non ascolteremo mai: dimissioni.

giovedì 14 maggio 2009

Il Cavaliere Benzino Napoloni

[La Voz de Galicia]

Mai, come nell’attuale Repubblica Italiana, è stato tanto falso il detto secondo cui ogni paese ha i governanti che si merita. Bene, questo grande paese, che tanto amiamo ed ammiriamo e senza il cui nervo senza la cui forza industriale, commerciale, culturale e senza il cui spirito d”avventura sarebbe impossibile capire la storia del mondo almeno degli ultimi cinque secoli, non si merita certo un primo ministro come Silvio Berlusconi.

Si, già so che “il Cavaliere” - che è come si sa in Italia, quello che è risultato essere un vero principe dei cafoni - è il presidente del Consiglio perché così ha deciso il corpo elettorale, però questa ovvietà non dovrebbe nemmeno trarci in inganno: Berlusconi vince le elezioni perchè non ha niente ad ostacolarlo, dopo il processo di cannibalismo e di continui tradimenti che si trova a soffrire la sinistra italiana da quando è entrato in crisi il sistema dei partiti del dopoguerra.

È stato così che un soggetto corrotto, autoritario e maleducato fino all’estremo imbarazzo ha potuto trasformarsi in un personaggio della politica europea e, grazie all’importanza dell’Italia nel Mondo, della politica mondiale. Grazie alla sua immensa fortuna personale, accumulata con mezzi che danno adito a sospetti di ogni genere, e al dominio di un immenso gruppo mediatico, Berlusconi ha ottenuto con il voto il posto che il suo vero predecessore ha conquistato con la forza.

Perché il vero predecessore culturale di Berlusconi non è né il corrotto democristiano Andreotti, né il Craxi socialista che sfuggí alla giustizia, né i tanti e tanti dirigenti emersi da quella democrazia consociativa italiana degradata per la mancanza di alternanza.

No. Il suo vero predecessore - quello che ricorda Berlusconi per i gesti, per la sua concezione della politica e per il suo disprezzo per le regole di una vera democrazia -, è un misto del vero Benito Mussolini e delle due sue più celebri parodie: quella che nel Grande Dittatore sarà impersonata da Charles Chaplin (l’ineffabile Benzino Napoloni, alleato del non meno delirante Astolfo Hinkel) e quella comica che realizzata da Fellini in Amarcord.

È questa combinazione patetica, anche se odiosa, che permette di capire il Silvio Berlusconi che accusa alcuni deputati dell’opposizione di essere maleodoranti, quello che pretende di riempire di signorine le sue liste europee, quello rappresentato nudo e alato accanto al ministro Mara Carfagna in un quadro degno del più scadente “tutto a un euro”, quello che dopo il terremoto consiglia agli sfollati dell’Aquila di vivere la loro sistemazione come se stessero in un campeggio! E infine quello a cui piace toccare le donne anche senza il loro permesso. Un Berlusconi irresponsabile, frivolo, maschilista, omofobo e libertino che costa fatica accettare nell’Europa moderna di inizio XXI secolo.

http://www.lavozdegalicia.es/opinion/2009/05/08/0003_7703404.htm

Il coma della ragione

Ci sono delle cose che riescono a essere assieme ridicole e tragiche. Ridicole perché tutto questo ansimare del centrodestra, e in particolar modo della Lega Nord, per approvare in fretta i maxi-emendamenti del ddl sulla sicurezza è fuori dalla storia, fuori dalla comprensione dei flussi migratori, fuori da una visione del mondo moderna e concreta. Emendamenti che sono figli di una cultura gretta, limitata. Una cultura ignorante, nel senso tecnico del termine, che mostra in tutta la sua evidenza la povertà di cultura politica della Lega. E la sua totale incapacità a leggere i cambiamenti planetari in un'ottica perlomeno sensata. Spiace per i seguaci di Bossi, ma i flussi migratori non si fermeranno, e non li fermerà un partitello del nord di un piccolo paese europeo. Il problema è mondiale, e nessuno pensa di risolverlo in questo modo.
Ma la demagogia leghista, appoggiata dall'opportunismo berlusconiano, vuole far credere che noi saremo i più integerrimi, i più duri nel ricacciare indietro i barbari. Come se fosse possibile farlo. La parte ridicola, purtroppo però è anche tragica. Perché l'inutilità del decreto sicurezza, costruito in questo modo, in realtà non inciderà affatto sui flussi migratori, ma inciderà profondamente nell'imbarbartimento, questo sì, di fette di popolazione depresse e insicure, vittime di una crisi economica durissima, e bisognose di misure egoiste, indifferenti, e scarsamente civili. Passino le ronde, che sono un folclore mal tollerato, che finirà nel nulla. Ed è la parte più vuota e più propagandistica del ddl. Ma tutto il resto è la dimostrazione di una povertà culturale e sociale del nostro paese che fino a pochi anni fa era impensabile. Ed era impensabile perché il collante cattolico, la tradizione del solidarismo: nelle parrocchie come nelle associazioni di volontariato, mai avrebbe accettato di creare degli invisibili, di tenere 180 giorni gli irregolari nei Cie, nella totale indifferenza e nel completo cinismo.
Siamo ufficialmente un paese gretto e ignorante, piccolo e subdolamente razzista. Non lo eravamo, abbiamo portato in superficie il peggio. E ne pagheremo le conseguenze. Sarà come quei fuochi di paglia, accesi per una propaganda elettorale che dura lo spazio di un niente, per partiti che sul lungo periodo mostreranno tutta la loro inadeguatezza e la loro povertà nel gestire i problemi complessi del mondo. Più che un sonno della ragione, come ha detto qualcuno, direi un vero e proprio coma della ragione. Vergognoso.

martedì 12 maggio 2009

Non può essere Veronica a riscattare il Paese

di Pierfranco Pellizzetti, da Il Secolo XIX

Ma che razza di Paese siamo (o siamo diventati)? Che senso ha trasformare in questione politica impropria lo scontro finale in casa Berlusconi?
“Veronica leader dell’opposizione”... “PVL, Partito Veronica Lario”... È tutto un fiorire di appelli che vorrebbero caricare il peso di affondare l’inaffondabile premier sulle spalle oberate di una signora che dovrà affrontare l’inferno già di suo: a partire dalla potenza di fuoco e le inimmaginabili canagliate degli scherani di un coniuge intenzionato a fargliela pagare ben cara e scorticarla senza pietà. Come le prime avvisaglie lasciano chiaramente intendere.
No, le questioni politiche prescindono dalle mosse di una singola persona e sono davvero ben altre. A partire dalla riflessione su che cosa succede in presenza di un potere che ormai non trova più limiti. In particolare, gli effetti devastanti sulla psiche di chi tale potere detiene; con relativo senso di onnipotenza indotto, che piega tutto e tutti, le menti e i corpi di chi gli sta attorno, al proprio arbitrio capriccioso.
Ossia la situazione odierna, che appare ogni giorno di più l’esemplificazione dell’antico detto “a che serve il potere se poi non se ne abusa?”.
Ma questo potere senza limiti chiama a ben precise responsabilità tanto chi lo ha assecondato come chi doveva contrastarlo. Chi doveva vigilare: alleati rapidamente riconvertiti in cortigiani e famigli plaudenti; avversari disposti a giocare la partita proprio secondo quelle logiche che avrebbero dovuto rifiutare, accreditandole di fatto.
In Francia c’è un premier che manifestava tendenze berlusconiane, Nicolas Sarkozy: aspirazioni ducesche e irrefrenabile tendenza al narcisismo esibizionistico, un’insana voglia di lusso sfrontato. Come l’uso, sospetto prima ancora che inopportuno, dei panfili messi a disposizione dagli amici ricconi.
Ebbene, il presidente d’oltr’Alpe l’ha piantata lì quando amici e nemici, soprattutto una pubblica opinione indignata, gli hanno fatto capire che tutto questo non gli era consentito. Il potere ha trovato immediati contrappesi che tracciavano chiari limiti.
Difatti nessuno oserebbe parlare di “Repubblica francese delle banane”, a differenza del caso italiano. Dove da tempo fiorisce il gossip attorno al Capo, alle sue velleità da sultano dell’harem (e il solito Francesco Cossiga lo definisce “nanetto libidinoso”), come in tutti i regimi politici regressivi, dove la critica esplicita è stata sostituita dalla barzelletta allusiva.
Con questo arriviamo alla questione politica primaria: un Paese, una società dove l’ammiccamento tutto sommato complice sostituisce l’etica pubblica.
Ma non è soltanto questione di una classe politica asservita ai voleri del Capo, qui si tratta di un Paese che considera più che accettabile quello che il Capo dice e fa; si identifica in modelli di comportamento e accredita stili di vita che qualche decennio fa sarebbero stati unanimemente giudicati riprovevoli.
Insomma, è avvenuto qualcosa di profondo nella psicologia collettiva, tanto da farci passare dal pauperismo (vagamente ipocrita) democristiano e comunista del dopoguerra all’esibizionismo gaudente. Con effetti in apparenza incomprensibili, per cui i fondamentalisti cattolici di Comunione e Liberazione o i cultori mussoliniani della Fiamma antiborghese si ritrovano tranquillamente intruppati nel codazzo neopagano che ruota attorno al Signore delle Veline e del Popolo dei SUV.
Ormai tutto è possesso. Sei quello che hai. Se paghi fai quello che ti pare. Una predicazione fondata sull’avere che trasforma l’essere in una pura questione di immagine. Un popolo di possessori, terrorizzato che qualcuno gli porti via la roba (dal fisco all’extracomunitario), si riconosce solo in chi lo rassicurerà.
L’unica domanda che ormai circola nel circuito della politica. Pretendere da una signora in attesa di divorzio la rifondazione dei valori pubblici è francamente un po’ troppo.

(12 maggio 2009

lunedì 11 maggio 2009

Se li conosci li eviti

venerdì 8 maggio 2009

Bertinotte

Fausto Bertinotti, già segretario della Federazione operai tessili, già segretario della Cgil Piemonte, per 2 anni presidente della Camera e tuttora presidente della Fondazione Camera dei Deputati, già segretario di Rifondazione Comunista per 13 anni, già deputato per quattro legislature, già ospite dello yacht di Vittorio Cecchi Gori per le vacanze estive a Salina con Valeria Marini (con la quale la sua signora Lella ha rivelato di scambiarsi le mutande), già primatista mondiale delle ospitate a Porta a Porta nel salotto dell’amico Bruno, già ospite fisso del salotto della signora Maria Angiolillo, già protagonista della caduta del governo Prodi I (in nome della leggendaria battaglia sulle 35 ore) e coprotagonista della caduta del Prodi II, dunque due volte corresponsabile e del ritorno di Al Tappone a Palazzo Chigi, omaggiato dal Cainano con diversi orologi del Milan e molti complimenti per le squisite maniere, già protagonista della disfatta della sinistra ridotta ai minimi storici alle ultime elezioni (memorabile la conferenza stampa-funerale convocata all’Hard Rock Cafè di Via Veneto in Roma, affollatissimo di operai delle presse), già teorizzatore dell’abolizione della proprietà privata, già seguace dello psicoguru Massimo Fagioli, già titolare del quarto più alto reddito di Montecitorio con 213.195 euro nel 2006, ha scritto che Romano Prodi – cioè l’unico esponente del centrosinistra che sia riuscito a battere Berlusconi due volte su due, nonostante Bertinotti - è «uno spregiudicato uomo di potere», simbolo dello «smacco complessivo del centrosinistra». Prodi.

domenica 3 maggio 2009

Se il buon giorno si vede dal mattino....

«Avida, esibizionista, pazza»: gli insulti a Veronica
di g.m.b.

La furibonda lite esplosa nella casa regnante del Pdl ha coinvolto e sconvolto l’intera corte che - come da tradizione - ha preso in modo pressoché unanime le parti del sovrano. Ecco qua, ordinati alfabeticamente e titolati per facilitarne la lettura, i principali tra gli epiteti lanciati dai ciambellani e dal popolo alla regina ribelle Veronica Lario. Lettura che aiuta a comprendere l’idea del mondo, della donna, e anche della libertà di manifestazione del pensiero che a quanto pare domina nel Popolo delle libertà.

Avida
«Si permette di criticare e poi sta seduta sulla montagna di miliardi del marito». (da «Spazio azzurro», il Blog del Pdl)

Becera
«Offendendo tuo marito offendi te stessa a tutti quelli che credono in lui». (dal Blog del Pdl).

Capricciosa
«Sicuramente è pericolosa per Berlusconi, un uomo chiamato a responsabilità da cui non può essere distratto dai capricci rumorosi della moglie». (Vittorio Feltri, Libero)

Dannosa
«Pungenti, salaci dichiarazioni che danneggiano, o almeno si cimentano a farlo, non suo marito - sarebbero fatti squisitamente loro - ma il premier e il governo italiano». (Maria Giovanna Maglie, Il Giornale)

Esibizionista
«Lei stessa proviene dal mondo dello spettacolo, memorabili sono le sue esibizioni a torace nudo sul palcoscenico del teatro Manzoni». (Vittorio Feltri, Libero)

Fedifraga
«Al suo posto ne avrei discusso a casa, anziché dare in pubblico giudizi ingenerosi». (Laura Comi, candidata del Pdl alle Europee)

Giuda
«Chi c’è dietro la signora Lario, i soliti sinistri?». (dal Blog del Pdl).

Ingiusta
«Insomma, cara Veronica, l’impressione è che il divertimento dell’imperatore non sia un capriccio del sultanato del XXI secolo, ma il semplice gusto di piacere agli italiani, e di vincere le elezioni con mezzi leciti. E questo è difficile rimproverarglielo». (Editoriale del Foglio)

Leggera
«Ma non si era detto che la Lario era una donna matura e riservata?» (dal Blog del Pdl)

Moralista
«Fuori luogo sconfinare nel moralismo. I giudizi sulle persone sarebbe meglio esprimerli a posteriori». (Gabriella Giammanco, deputata del Pdl).

Nullità
«Se voleva ricordarci che esiste, l’ha fatto nel modo peggiore». (dal Blog del Pdl).

Opportunista
«Entrando in scena contro il marito, si becca gli applausi più facili di tutta la sua dimenticata carriera». (Valeria Brughieri, Libero).

Pazza
«Nei panni della signora avrei agito diversamente, anche solo per evitare il rischio di un ricovero coatto in struttura psichiatrica». (Vittorio Feltri, Libero).

Querula
«La solita guerra tra donnicciole, la signora Lario si sarebbe mostrata più intelligente se avesse contato fino a dieci prima di dar fiato a stupidaggini». (dal Blog del Pdl).

Rompiscatole
«Veronica ha rotto. Sarebbe opportuno farla vivere con 1000 euro al mese». (dal Blog del Pdl).

Scocciatrice
«Visto che la maggior parte degli italiani la pensa così, di non scocciarlo e di lasciarlo lavorare, quelli che continuano a farlo sono prima di tutto nemici della maggioranza degli italiani. Anche le gentili signore». (Maria Giovanna Maglie, Il Giornale).

Trasformista
«Miriam Raffaella Bartolini, tanti anni fa si è trovata un nome d’arte: Veronica Lario. Dall’altro ieri gliene abbiamo trovato uno noi: Lario Franceschini». (Valeria Brughieri, Libero).

Venduta
«Veronica Lario nuovo leader del Pd?». (dal Blog del Pdl).

Zotica
«Non mi pare che quando Silvio ha scelto la Lario lei stesse facendo l’esegesi della Critica della ragion pura». (Dal Blog del Pdl).
03 maggio 2009

http://www.unita.it/news/84426/avida_esibizionista_pazza_gli_insulti_a_veronica

sabato 2 maggio 2009

L'avanspettacolo e le farfalline

di Concita De Gregorio

Delle veline dirò tra un momento. Della giovane procuratrice legale a cui il Presidente aveva regalato la consueta farfallina d'oro dopo lo «spettacolino» in villa anche: ha telefonato ieri sera in lacrime, l'hanno tolta dalla lista «per colpa di Veronica», dice. Mi hanno sbianchettata». Intende cancellata col bianchetto. Le ragazze sono il meno. Sono lo specchio per le allodole così che tutti parlino di solo loro, delle pupe e non dei bulli.

Concorre all'impresa la signora Lario al secolo Miriam Bartolini, una volta lei stessa attrice, convolata a nozze con nome d'arte e da dieci anni almeno in procinto di separarsi da un uomo le cui caratteristiche non devono averla sorpresa nel sonno l'altro ieri. Prima però diciamo dell'amarcord che coglie nello scorrere le liste dei candidati Pdl alle europee: Mario Mastella detto Clemente e Antonino Strano detto Nino, per esempio. Indimenticati protagonisti della seduta d'aula del 24 gennaio 2008, il giorno in cui per cinque voti cadde il governo Prodi.

Andò così. Mastella, amareggiato perché il governo Prodi non lo aveva difeso da quello che lui chiamava un agguato giudiziario a sua moglie Sandra, si presentò in aula leggendo «una poesia di Neruda», «Lentamente muore». Purtroppo è di Marta Madeiros (erronea attribuzione di Wikipedia, da cui Mastella deve averla scaricata) ma nella drammaticità del momento non se ne accorge nessuno. Mastella declama per quattro minuti e lascia l'aula. Stefano Cusumano detto Nuccio (da bambino Stefanuccio), siciliano eletto nell'Udeur, annuncia che contrariamente alle indicazioni di Mastella voterà sì alla fiducia. Tommaso Barbato, suo collega di partito, gli si scaglia contro facendo il gesto di sputare e gli urla «pezzo di merda». I commessi lo trattengono.

Dal lato opposto dell'aula Antonino Strano detto Nino, munito di occhiali neri da sole a dispetto della totale assenza di riverbero, gli grida «mafioso e venduto», poi anche «checca squallida e frocio». Strano, eletto in An, è indicato dai colleghi come omosessuale - la spiegazione servirebbe a mitigare le sue esclamazioni in quanto esperto del ramo - ma lui chiarisce che degli omosessuali è solo «molto amico». Cusumano sviene sui banchi, Marini sospende la seduta. Il governo Prodi cade che fuori è già notte. Strano viene immortalato nell'atto di ingozzarsi di mortadella in aula (mortadella/Prodi) e di agitare prosecco prima di spruzzarlo sulla moquette. Nei giorni successivi Berlusconi fa sapere che Strano non sarà ricandidato. Difatti ha osservato un turno di riposo: le politiche. Rieccolo alle europee. Nel frattempo ha lavorato: indagato insieme all'ex sindaco Umberto Scapagnini per il buco in bilancio a Catania, condannato a due anni e due mesi per lo scandalo sulla cenere lavica.

Vito Bonsignore è condannato a due anni di carcere per tentata corruzione nell'appalto per l'ospedale di Asti. Franco Malvano ex questore di Napoli sotto inchiesta per associazione camorristica. Aldo Patriciello imputato in udienza preliminare a Isernia per violazione delle leggi ambientali nel processo Piedi d'argilla, l’accusa di questi tempi particolarmente odiosa è aver messo sabbia nel cemento armato dei piloni della variante, costruttore suo fratello.

Fa sorridere, tutto sommato, la candidatura del socialista Lucio Barani assiduo del cimitero di Hammamet, quello che ha sostituito ad Aulla il busto di Gramsci con Craxi, il primo firmatario della legge su Salò. Poco resta alla fine per parlare di letteronze e veline, la più nota delle quali «fidanzata del figlio di un prefetto amico di Gianni Letta». Dispiace, in fondo, per la giovane avvocatessa «sbianchettata" per colpa di Veronica. «Me lo aveva promesso», dice. Sarà per un'altra volta. Vedrà che prima o poi la signora divorzia, non appena sarà chiara la situazione patrimoniale degli eredi suoi figli: vuole che siano tutti trattati al pari di Marina e Piersilvio, un po' come Margherita Agnelli in fondo.

Sono questioni dinastiche sull'equa distribuzione del patrimonio. Anche legittime, basterebbe non confonderle con la politica. Dopo il divorzio che immaginiamo senz’altro imminente tutte le farfalline d'Italia avranno quel che è stato loro promesso. Al compimento del diciottesimo anno, certo. Sarebbe proprio sciocco essere arrivati fin qui e rischiare la galera per questo.
30 aprile 2009