mercoledì 20 maggio 2009

Il modello nordcoreano

di CURZIO MALTESE

Con quello che viene fuori ogni giorno, sarebbe curioso se gli italiani si scandalizzassero per le nomine Rai. Eppure anche in questo teatrino dell'abuso di potere, si stanno raggiungendo livelli d'inaudito squallore.

Oggi i vertici di viale Mazzini approveranno la prima rata delle nomine decise un mese fa a casa Berlusconi. A casa del proprietario di Mediaset. Magari negli intervalli fra una visita dell'avvocato Mills e un karaoke con Noemi. La prima tranche di nomine prevede l'arrivo al Tg1 di Augusto Minzolini da La Stampa e a RaiUno di Mauro Mazza, in quota ad An. Berlusconi per ora si ferma qui, al boccone più grosso, lasciando a Fini un pezzo dell'arrosto. La seconda rata di lottizzati è rimandata a dopo le elezioni di giugno, nella speranza di fare il pieno di voti e quindi di poltrone Rai, strappando anche le bricioline destinate all'opposizione.

Il Genio, l'Uomo dei Miracoli, il Premier Ingegnere, il Premier Generale, tanto per citare alcune definizioni del Minzolini, in uno dei suoi tanti splendidi esempi di reportage nordcoreano, insomma padron Berlusconi, ha deciso così. Furbo com'è, avrà la sua convenienza. Piuttosto chiara, peraltro, anche a noi fessi. In vista delle elezioni, ottiene il massimo vantaggio. Intanto occupa militarmente il Tg1, avviato sulla gloriosa strada di Tele Pyongyang. Quindi terrorizza i superstiti da un lato e dall'altro spinge gli altri aspiranti direttori ad aumentare il grado di piaggeria nei confronti del capo. Il che per molti di loro non è neppure semplice. A meno di non presentarsi alle serate di Porta a Porta direttamente da uomini sandwich elettorali. Oppure tenere pubblici comizi contro Veronica Lario, come del resto hanno già fatto quasi tutti, con bieca ingratitudine. Non fosse per l'alt di Veronica, l'anziano leader ormai annoiato dai cortigiani avrebbe già nominato al posto loro un battaglione di veline e letteronze, studiosissime di Heidegger s'intende, più un paio di Oba Oba a Rai International.

Di fronte a un simile disprezzo per la tv di Stato, sarebbe lecito e normale in altri paesi l'incatenamento di massa ai cancelli di viale Mazzini da parte di dirigenti, leader politici, sindacalisti, maestranze in genere. E' invece difficile anche soltanto ascoltare una voce critica. L'unica a bucare l'assordante silenzio è stata quella di Sergio Zavoli, presidente della commissione di vigilanza parlamentare, uno che vuole davvero bene alla Rai. Una bella voce, con il tono giusto, fra l'indignato e l'avvilito. La Rai che sta uscendo da queste bulimiche riunioni di potere a casa Berlusconi, sostiene Zavoli, è una Rai dove sono negati il pluralismo, il merito, la decenza. "Le nomine non tengono conto della ricchezza culturale dell'azienda e del Paese". Si può aggiungere che negano l'identità stessa della Rai.

Nel bene o nel male, la tv di Stato ha sempre rispecchiato il Paese, con le sue piaggerie e servilismi, ma anche con le oasi di intelligenza, coraggio, talento. Nella Rai fatta a casa Berlusconi non vi saranno neppure le oasi e i nuovi direttori dovranno accollarsi un compito di pulizia e polizia, la chiusura delle poche finestre informative superstiti, i programmi di Gabanelli, Iacona, Fazio e Santoro. Per approdare a Tele Pyongyang, all'elogio permanente del capo e del suo governo.

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