venerdì 26 novembre 2010

Un grazie a Paolo Flores D'Arcais

Un governo anti-dittatura Ero perfettamente consapevole che un editoriale favorevole a uno schieramento anti-Berlusconi
che coinvolga tutti, ma proprio tutti, da Fini a Vendola (e anzi
Grillo), in presenza dell’attuale sistema elettorale (se cambia, cambia
anche il discorso, ovviamente), avrebbe scatenato un mare di polemiche.
Le più affettuose, sul Web, sono lapidarie: “Vergogna!” e “Chiamate
l’ambulanza”. Provo a rispondere razionalmente.

La mia conclusione si basava su due premesse fondamentali:
1) se Berlusconi vince di nuovo non fa prigionieri e instaura una vera dittatura.
2) Questa dittatura è qualitativamente diversa (in peggio) dal peggior malgoverno tradizionale e anche dall’attuale regime berlusconiano.

Per evitare la mia conclusione bisogna quindi argomentare che almeno
una delle premesse sia falsa. Se non lo si fa è inutile sbudellarsi
negli insulti.

Sulla prima: abbiamo una serie impressionante di evidenze empiriche
che la corroborano. Se vince Berlusconi diventa nel 2013 presidente
della Repubblica, sceglie i due giudici che gli mancano per controllare
la Corte costituzionale (a meno che non gli riesca già prima), elimina
l’autonomia dei magistrati (quel che ne resta), fa chiudere i giornali
che pubblicano notizie scomode, cambia perfino l’articolo 1 (che non è
mai stato realizzato!), la polizia giudiziaria non sarà più sottoposta
ai pm e indagherà secondo i desiderata dell’esecutivo, sindacati come la Fiom saranno distrutti, la tv sarà tutta e solo Minzolini e Corona… Questo per cominciare.

Ecco perché ho definito “letale” questo incombente berlusconismo di domani.
Che mi sembra (e siamo al punto 2) prospettiva agghiacciante anche
rispetto al maleodorante e disgustoso regime di oggi. Un governo di
liberazione da tale incubo potrebbe perpetuare il berlusconismo senza
Berlusconi, ovviamente, ma la differenza continua a sembrarmi abissale:
oggi un regime in cui è ancora possibile combattere legalmente, domani
un criccofascismo, cioè un fascismo vero e proprio
anche se di stile inedito. Naturalmente la differenza viene meno se
qualcuno è convinto che (non pochi) magistrati autonomi, (alcuni)
sindacati ancora liberi, (taluni) giornalisti ancora dediti alle verità
di fatto, siano irrilevanti di fronte al fatto che sempre di
sfruttamento capitalistico si tratta, se non è zuppa è pan bagnato.
Queste equazioni io le lascio volentieri ai Toni Negri e al loro
“pensiero innocuo”.

Ora, se la quarta vittoria di Berlusconi
significa la prospettiva di una dittatura per via legale – e non ho
letto argomenti credibili in contrario – è evidente che sarebbe una
“vergogna”, o un comportamento da “chiamate l’ambulanza”, qualsiasi
scelta che non la impedisca. Ma l’attuale legge elettorale stabilisce
che la lista che arriva prima prende tutto. Ne consegue che per battere
Berlusconi ci vuole una coalizione che ci assicuri di ottenere un voto
più della sua. Può darla una coalizione del solo centrosinistra? Se il
rischio fosse di cinque anni come quelli già passati, sarebbe
prospettiva nauseante ma si potrebbe correrlo. Se il rischio è la
dittatura, invece, non si può correrlo senza essere degli
irresponsabili. La certezza ce la darebbe un’alleanza Pd con Casini (e magari Montezemolo)
come auspicano Chiamparino e Cacciari? Peggio che andar di notte, le
defezioni di elettori che resterebbero a casa si moltiplicherebbero.

Ma la stessa cosa accadrebbe per un’alleanza da Fini a Vendola, obietterà qualcuno. Prendiamo il pallottoliere. Hic stantibus rebus
il fronte B. e B. arriva al 40%, quello contrario al 60%. Per perdere
dovrebbe pagare lo scotto di un voto su tre. Questo sì che è
improbabile. Tanto più che io ho sottolineato come assolutamente
necessaria una lista (o più) di cittadini senza partito, che
incrementerebbero il totale.
Un governo di liberazione potrebbe durare a lungo?
No. Ma l’argomento non può essere questo perché non è questo il
problema. Se con la quarta vittoria di Berlusconi si instaura una
dittatura legale, è necessario un governo che distrugga l’insieme di
poteri anomali che ha consentito la nascita del regime, oltre alla
revoca delle leggi ad personam. Senza di esse, senza la proprietà
bulgara sulle tv, con i vincoli di una legge rigorosa sul conflitto di
interessi, Berlusconi è politicamente finito per sempre, perché
strutturalmente.

Finito con lui l’incubo della dittatura
legalizzata, ci troveremmo ancora di fronte – è evidente – tutti i
problemi di una democrazia malata di ingiustizie gigantesche e delle
macerie, anche antropologiche, che il berlusconismo con Berlusconi
lascia in eredità. E inizierebbe assai presto lo scontro tra berlusconismo senza Berlusconi e democrazia coerente
(passando per tutte le gamme intermedie). Ma la dittatura è un’altra
cosa, il criccofascismo è un’altra cosa. Solo sventando questa
incombente probabilità, si può pensare di ridar vita a una politica di
sinistra, ispirata all’azionismo di “giustizia e libertà”. Se Berlusconi
vince per la quarta volta, invece, nessuno potrà più scrivere programmi a cinque stelle o battersi per gli operai di Pomigliano.
Possibile che sia tanto difficile capirlo? I nostri nonni (per la mia
generazione. Trisnonni per quella dei lettori più giovani) si sono
cullati nelle stesse illusioni con Mussolini. Possibile che il desiderio
di ripetere errori già fatti sia così irresistibile?

Il Fatto Quotidiano, 26 novembre 2010

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