Berlusconi a "Porta a porta" torna all'attacco della stampa
Tre ore di spot governativo senza alcun contraddittorio
Monologo con insulti e menzogne
nel salotto del servizio pubblico
di CURZIO MALTESE
C'è poco da commentare sulla puntata di "Porta a Porta" di ieri sera. Bisogna passare ai fatti. Registrare tutto e inviarlo al resto del mondo, via Internet, con una sola parola d'accompagnamento: "aiuto!". Tre ore di spot governativo, con il miglior presidente del Consiglio degli ultimi 150 anni, autoproclamatosi "superiore a De Gasperi", senza alcun contraddittorio, non soltanto in studio, ma nell'etere intero. Che ne penseranno nei paesi democratici?
Il Presidente Ingegnere, come scriveva Augusto Minzolini prima d'essere premiato con la direzione del Tg1, che consegna le prime case ai terremotati abruzzesi, è l'ultima versione dell'Uomo della Provvidenza. Bruno Vespa lo prende sottobraccio, da vecchio amico, fin dalla prima scena. A spasso fra le macerie dell'Aquila e della democrazia italiana. I commenti del conduttore spaziano fra "ma questo è un record!" a "un altro record!", fino a sfociare "è un miracolo!". Ma Onna, i terremotati e il loro dolore, la ricostruzione dell'Aquila, ancora di là da venire, sono soltanto pretesti.
Dopo mezzora si capisce qual è il vero scopo della trasmissione a reti unificate. Un attacco frontale alla stampa, anzi per dirla tutta a Repubblica. Noi giornalisti di Repubblica siamo "delinquenti", "farabutti" che ci ostiniamo a fargli domande alle quali il premier non risponde da mesi. Se non con questo impasto di minacce e menzogne, come la favola della "perdita di lettori e copie": un'affermazione smentita dalle vendite del giornale in edicola che sono in costante ascesa.
Ecco lo scopo di non avere un Ballarò e neppure un Matrix fra i piedi. Non tanto e non solo per disturbare il "vi piace il presepe?" allestito sulla tragedia del terremoto. Quanto per non rischiare un contraddittorio durante la fase di pestaggio.
Vespa non ci ha neppure provato, a parte il minimo sindacale ("Nessuno di Repubblica è presente"). Lasciamo perdere gli altri figuranti. Nessuno, nell'affrontare il problema dei rapporti con Fini, ha chiesto al Cavaliere un giudizio sui dossier a luci rosse contro il presidente della Camera sventolati come arma di ricatto da Vittorio Feltri, direttore del giornale di famiglia.
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